Capitolo 11- LA CASA DI RIBERA

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A Ribera la vita scorreva con un ritmo lento, ma i paesaggi, di boschi, di vitigni e di aranceti dagli inebrianti profumi riempivano il cuore.

Bella si era appena svegliata. Dalle scale saliva l'odore del caffè. La sera prima Rosa l'aveva aspettata in piedi. Era uscita sul pianerottolo appena aveva sentito il rumore del taxi e l'aveva accolta in casa come una figlia.

Rosa e Bella avevano avuto frizioni nel passato, perlopiù per la gelosia che Rosa provava per il figlio. Ancora lo chiamava:" il mio bambino" e quando John era uscito di casa per lei era stato un trauma rimanere da sola con Ted.

Rosa usciva presto la mattina e tornava solo verso l'ora di cena. Non era più la manager di un'azienda di grido come in America, ma manteneva gli stessi orari.

Come per una consuetudine, a cui si era abituata, rientrava tardi, benché il lavoro non lo richiedesse più, come se si sentisse in difetto a rincasare prima.

In America anche Rosa si era dedicata totalmente al lavoro ed il suo merito era stato premiato salendo nella gerarchia aziendale.

Una bella posizione, un buono stipendio come riconoscimento di anni di aziendalismo. Il merito in America era sempre premiato.

Da quando era rientrata in Sicilia la sua ambizione aveva dovuto restringersi fino a rientrare nei limitanti confini del posto comunale.

Quello che al sud era il tanto ambito posto fisso per lei non era altro che un ripiego. Lo viveva come un tran tran ripetitivo, per niente innovativo e mal pagato. Purtroppo alla sua età in Sicilia era già il massimo a cui poteva aspirare.

Da quando erano diventati nonni lei e Ted avevano iniziato ad apprezzare la convivialità delle reunioni familiari.

Rosa non vedeva l'ora dell'arrivo di John. Normalmente erano Rosa e Ted ad andare in America. Questa volta la visita del figlio e della sua famiglia rompeva gli schemi e la quotidianità.

I nonni assieme ad Asia provavano una felicità spensierata che solo i nipoti sanno dare. Una felicità gratificante, che sa anche di permissività e di vizio e che solo ai nonni è concessa.

Bella scendeva le scale.
"Buongiorno Bella. Potevi riposare di più, sei in vacanza.Ti va un caffè?" Le chiedeva Rosa.
"Direi che è l'ideale per riprendermi" sorrise. "Preferisco continuare le mie ricerche" continuò "sento di essere a un punto di svolta con la mappa."

Al suo arrivo la sera prima Bella aveva raccontato a Rosa i suoi progressi nel risolvere il mistero del medaglione.

Rosa l'aveva ascoltata con attenzione, un'attenzione dettata più che altro dalla cortesia e dall'entusiasmo di Bella. Il suo pensiero era tutto per il figlio e la nipote che stavano per arrivare.

Rosa salutò Bella augurandole una buona giornata e uscì dalla porta per andare al lavoro.

Bella ora era sola in casa. Ted era sempre il primo a uscire. Faceva più lavori, nonostante l'età, alcuni pagati e altri no, per associazioni locali, che lo facevano sentire ancora importante.

Bella si alzò, salì le scale e nello zaino prese il biglietto di Noa, si era un po' stropicciato. Bella lo distese con cura con il pollice, guardando la calligrafia di Noa e cercando di capirne il carattere.

Noa non aveva scritto solo il numero di telefono sul foglietto, ma aveva aggiunto anche una frase che suonava come un invito: "chiamami quando vuoi."

Lo leggeva e lo rileggeva e la sua mente vagava. Pensava alla sera prima, a quanto fossero stati vicini e si fossero desiderati.

Pensava che non sapeva nulla di Noa, al di là del suo aspetto e del suo ruolo di guida, che, con tutta probabilità, era un lavoro estivo temporaneo, essendo il suo accento molto nordico.

Allo stesso modo Noa non sapeva nulla di lei e sicuramente lei nascondeva ben di più: era moglie e madre.

Proprio quel giorno non aveva indossato la fede perché aveva programmato di fare un salto al mare nel pomeriggio e una nuotata prima di rientrare a casa. Invece non era andata così, ai templi si era trattenuta più del previsto e la gita al mare era saltata.

Rifletteva tra sé e sé sulle strane coincidenze che le erano capitate quel giorno. Aveva avuto Noa come guida e non Fabio e non aveva indossato la fede perché sarebbe andata al mare.

Bella amava capire la psiche umana e in un libro aveva letto che si parla spesso di coincidenze, ma che nulla accade per caso.

Le casualità sono segnali che ci riserva la vita. In Oriente lo chiamano Tao. Jung le definiva sincronicità. Possiamo accorgerci delle coincidenze o rimanerne indifferenti, lasciarle scivolare o dargli importanza e cercare di capirne gli effetti.

Spesso questi strani eventi capitano nei momenti cruciali della vita quando, a livello emotivo si è pronti per cambiare una particolare situazione. E Bella sapeva che questo era uno di quei momenti della sua vita.

Chiuse il biglietto piegandolo a metà e lo pose sulla scrivania. Aveva deciso che non voleva essere soggiogata dalle coincidenze. Avrebbe aspettato a chiamarlo.

Uscì dalla stanza e andò a cercare una torcia per illuminare la mappa.

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