Capitolo 30 - UNA GIORNATA COMPLICATA

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Bella

Mi ero appena svegliata, ma ero già agitata. Sapevo che mi aspettava una giornata complicata. Per pranzo dovevo uscire con John e poi in serata avrei dovuto vedere Noa.

Due uomini così diversi. Chissà come sarebbe andata la giornata.
Chissà se sarei riuscita a fare entrambe le cose, rimanendo calma e serena come di solito solevo essere.

I nonni stavano per arrivare a Cefalù. Sarebbero rimasti con Asia per consentirci di uscire a pranzo e si sarebbero trattenuti per qualche giorno.

Avevo indossato un abito lungo, rosso, con un ampio décolleté. Erano poche le circostanze in cui uscivo e avevo deciso di tirare fuori dalla valigia uno degli abiti che avevo portato per le grandi occasioni.

Eravamo entrambi eleganti. John indossava un abito scuro con una camicia bianca con fini righe blu. Era alto e magro, ma ancora muscoloso. In America aveva sempre giocato a football americano e il suo fisico sportivo si notava ancora, nonostante il passare degli anni.

Il ristorante si trovava nel centro di Cefalù, in una piccola viuzza laterale. I posti costosi dove mangiare in paese erano tanti e capire dove c'era la tipica buona cucina locale non era facile. Era stata la vicina a consigliarcelo. "Andate lì che si mangia proprio bene, la cucina è paesana, non è posto per forestieri" aveva detto. Ci considerava già compaesani e la cosa mi faceva particolarmente piacere.

Il cameriere ci aveva fatto accomodare in un piccolo tavolino tondo appartato. Un centrotavola romantico fatto di roselline bianche emanava profumo e ci allietava la vista, facendo contrasto con il tovagliato blu damascato.

Potevamo dirci mille cose, ma improvvisamente non avevo voglia di condividere nessuno dei miei pensieri con lui.

Ripensavo al nostro rapporto e al fatto che non c'era niente di intimo, di romantico o di affettuoso nel nostro parlarci, ma sembravamo più degli amici che degli innamorati. Solo ora mi accorgevo che questo era quello che era rimasto tra noi da anni.

Mi sarebbe bastato semplicemente che mi stringesse la mano, poggiata sul tavolo, mi guardasse negli occhi e mi dicesse "Ti amo" e invece nulla di tutto questo. Al contrario la conversazione prese una piega che non mi sarei mai aspettata.

"Bella, mi stavo dimenticando di dirti che ho trovato una buona agenzia immobiliare a Cefalù a cui affidare la vendita della casa."

"John perché non me ne hai parlato prima? Non ho intenzione di venderla. La casa è nostra, ma è soprattutto mia, l'ho ereditata da mia zia e non intendo venderla. Ha un contenuto affettivo oltre che essere in una posizione bellissima. E poi con questa nuova casa potremmo pensare di ritornare in Italia."

"Bella, non essere sciocca. Abbiamo entrambi un buon posto di lavoro nel Maine. Asia frequenta una delle migliori scuole private, che prospettive avrebbe qui in Sicilia? In America abbiamo tanti amici sia noi che la bambina, sarebbe assurdo trasferirsi in Italia. L'agenzia si occuperà della casa. Se vorremo venire in Sicilia di tanto in tanto potremo sempre andare dai miei. Sono figlio unico e quella casa un domani sarà mia e non la venderò perché sarà un ricordo dei miei genitori e della mia infanzia."

Ero su tutte le furie e non mi sarei tenuta tutto dentro. Non ora. Non stavolta. Presi coraggio e cercai nel tono di buttare fuori tutta la rabbia che avevo dentro: "Perché la casa di Ribera non si dovrà vendere e quella di Cefalù sì?"

"Ma cara perché è la casa di mia madre, dove ho vissuto gli ultimi anni prima del trasferimento, anche tu mi hai conosciuto in quella casa."

La rabbia mi stava montando, ma facevo di tutto per placarla e restare calma. Lui voleva tenere la casa di Ribera, ma si sarebbe velocemente sbarazzato di quella che io avevo appena ereditato.

Sembrava cambiato ma non lo era. Le priorità le definiva lui come più gli aggradava e le sue erano sempre priorità, mentre delle mie esigenze, dei miei bisogni, se ne poteva tranquillamente fare a meno, così come della mia casa.

Eravamo fuori lui ed io, da soli, poteva essere un'occasione per riunirci, per trovare delle affinità, per coccolarci, ma no. Avevo solo immaginato che le cose potessero andare diversamente e invece era stata solo un'altra occasione per ritrovarsi distanti, opposti. Lui che voleva vendere la mia casa e io che la volevo tenere. Una delle ennesime occasioni per litigare.

Un cameriere versava il vino bianco, mentre l'altro ci serviva.
Ero addolorata, ma iniziai comunque a mangiare. Avevamo preso degli antipasti di pesce. Si presentavano ben impiattati: cozze e vongole impepate avevano un bell'aspetto, ma non avevo più fame.

Non ci parlammo più fino alla fine del pasto. Ogni tanto John abbordava qualche argomento per cercare di intraprendere una conversazione. Il mare che era bellissimo, il caldo che era sempre ventilato della Sicilia,  avevano provato ad essere due temi di discussione, ma io semplicemente lo guardavo e annuivo con un finto sorriso.

Non vedevo l'ora di terminare quel pasto, avevo perfino perso l'entusiasmo per vedere Noa.

Ero talmente amareggiata dopo la discussione con John che non avevo nemmeno voglia di uscire, di vestirmi, di chiacchierare con qualcuno. Mi chiedevo se sarei riuscita a sorridere alla vista di Noa.

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