Capitolo 34 - UNA LUNGA ATTESA

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Bella

Indossai una semplice canotta bianca e un paio di jeans. Spazzolai con cura i capelli, che cadevano folti sulla schiena.
Indossai un paio di orecchini con dei piccoli brillanti, passai un velo di lucida labbra e truccai il contorno degli occhi per far risaltare l'azzurro del mio iride.

Ero pronta più velocemente di quel che avevo previsto. Dovevo andare a fare una passeggiata e di certo non avrei potuto mettere una scomoda scarpa con il tacco, mi allacciai le Vans preparandomi ad uscire.

Arrivai di fronte al locale , mi chiedevo se l'avrei riconosciuto.

Guardavo con attenzione le persone in fila, ma nessuna me lo ricordava.
I suoi occhi li avrei riconosciuti ovunque. Avrei voluto perdermi in quegli occhi e non mi sarebbero certo passati inosservati.

Passavano i minuti e proseguiva il continuo viavai di turisti. La fila di fronte alla gelateria si smaltiva e si riformava. Intanto io trascorrevo il tempo guardando il mare di fronte a me e pensando al momento in cui ci saremmo trovati uno di fronte all'altro.

Ma il tempo passava e Noa non arrivava.

Erano le h. 18.30. Iniziavo a pensare che avesse trovato traffico, ma mi illudevo ancora che sarebbe arrivato.

Erano le h.19 e l'emozione aveva lasciato il passo alla delusione, che si era trasformata in rabbia. Ci avevo creduto. Avevo immaginato che tra noi sarebbe potuto nascere qualcosa, ma mi ero solo illusa. Probabilmente per lui non contavo nulla e altri impegni più importanti avevano preso il mio posto.

Avevo pensato che eravamo perfetti assieme, ma mi ero sbagliata. Forse per lui voleva essere solo un'avventura o semplicemente tramite me voleva raccogliere del materiale per le sue ricerche attraverso il mio medaglione.

Avevo aspettato un'ora e mi sentivo uno straccio, ero nello sconforto più totale con il cuore a pezzi. Avevo iniziato a camminare senza meta verso il mare. Mi facevo trasportare dall'istinto, mentre la mia mente vagava nei pensieri.

D'un tratto mi ritrovai di fronte al bagnasciuga a guardare le onde. Appoggiai le scarpe e i calzini in un punto poco più sopra. La sensazione dei miei piedi dentro la sabbia umida era una calda carezza, pucciai i piedi nel mare e avvertì una dolce freschezza.

Il mare mi metteva calma, curava le mie ferite.

Mi facevo cullare dal rumore delle onde chiudendo gli occhi e pensavo a quanto fosse bello quel momento, da sola con me stessa. Era proprio in quel momento che capivo di essere diventata così forte da non avere bisogno di nessun altro e che potevo iniziare a cercare la felicità dentro di me e non fuori di me.

Rientrai a casa e preparai da mangiare e dopo cena rimasi in cucina a sistemare e a leggere. Asia era a letto e John era rimasto in casa a guardare la televisione, per poi salutarmi prima di salire in camera. Tardavo a raggiungerlo nel letto perché non avevo voglia di parlargli. Volevo solo stare sola con me stessa.

Quando arrivai al letto John stava russando, dormiva profondamente avvolto nelle coperte. Feci piano e mi misi sul mio lato senza fare troppo rumore e continuando ad avvertire il rumoroso russare capì che John non aveva sentito nulla e continuava a dormire ininterrottamente.

Ripensavo alla me piccola a casa dei nonni. Osservavo mia nonna, cucinare, rassettare e prendersi cura di mio nonno e mi chiedevo cosa potesse tenerli ancora assieme dopo tanti anni. Credevo fosse l'amore, ma ora mi accorgevo che era la volontà di rimanere assieme.

Cercando di prendere sonno ripensavo a quella giornata. Le lacrime mi rigavano il viso, ma avevo anche una nuova consapevolezza. La giornata di oggi mi aveva insegnato che mi piaceva stare da sola con me stessa.

Il Segreto del MedaglioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora