Capacità

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Punto di vista di Sophie

Aprii controvoglia gli occhi quando la luce del sole fece capolino attraverso le imposte chiuse e sfregandomi gli occhi misi a fuoco il mondo intorno a me, cercando la sua figura in ogni angolo della stanza, e mi rilassai quando lo vidi seduto sulla sedia a dondolo che mi fissava.

"I tuoi capelli sembrano una balla di fieno ma mi piacciono parecchio" disse, ed io arrossii fino alle orecchie. "Avanti, muoviamoci se dobbiamo andare in montagna" bofonchia piano, facendo finta di essermela presa, lui rise ed improvvisamente la giornata mi sembrò essere iniziata nel migliore dei modi.

"Vestiti comoda e pesante, ti divertirai..spero" aggiunse quasi in un soffio e detto questo mi lasciò a vestirmi mentre lo sentivo di sotto che trafficava e si lamentava delle mie dispense vuote.

Quando scesi lo trovai ancora a trafficare con uno zaino e una volta che lo ebbe chiuso mi guardò analizzando il mio abbigliamento "Sono abbastanza pesante mamma?" chiesi guardandolo divertito e lui annuii alzando gli occhi al cielo. "Avanti lumaca, muoviamoci" mi incitò, ed io passando avanti a lui per raggiungere la porta gli dissi "Segui la mia bava per non perderti" sentendolo ridere subito dopo e sforzandomi per non girarmi e baciarlo lì su due piedi.

Salimmo sulla sua auto e percorremmo tutto il tragitto in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.

"Eccoci" annunciò infine fermandosi all'inizio di una strada sterrata.

La giornata era fredda e il cielo prometteva neve, ma noi ci incamminammo comunque su per un sentiero, dove io scivolai più volte, sempre presa al volo dalle sue mani prima di toccare terra.

Camminare nella neve era piuttosto faticoso, ma non volevo lamentarmi né rallentare il cammino. Inizialmente ero rimasta affascinata da quel paesaggio bianco intorno a me, ma ora pensavo solo a quanto poteva mancare, non riuscendo nemmeno a capire che ore fossero, dato che il sole risultava coperto dalle nubi.

I miei passi strascicati erano l'unico suono nel bosco, poiché Jace davanti a me non faceva un solo rumore, i suoi piedi toccavano terra, ma con una delicatezza tale da risultare più che silenziosi.

Si fermò di colpo davanti a me, ed io intenta ad osservare dove mettevo i piedi finì dritta contro la sua schiena con un un urlo di sorpresa, lui si girò e mi acciuffò prima che finissi a terra senza il sostegno del suo petto a tenermi su.

"Attenta Soph, ti prego" disse con voce quasi dura, sembrava agitato, nervoso, ma non ne capivo il perché.

"Non so quello che sai su i vampiri, ma credo sia bene mostrartelo" disse con gli occhi bassi ed improvvisamente non era più davanti a me. Mi guardai attorno confusa, cercandolo in ogni dove fino a quando non sentii la sua voce sussurrarmi all'orecchio "Siamo veloci, molto" e nel mentre che mi voltavo lui era già scomparso. Davanti a me, poi improvvisamente su un albero, di nuovo a terra, dietro di me, mi girava la testa, ma come diavolo faceva a muoversi così velocemente? Come riusciva a distinguere le cose? A far funzionare i suoi muscoli? A non risultarne affaticato?

All'improvviso un sasso enorme piombò a qualche metro da me, ed io lo vidi compiere un balzo di circa una ventina di metri per atterrarci sopra con eleganza.

"Siamo forti, troppo" pronunciò nuovamente, e tirando un pugno al sasso lo spezzò in due.

Io a bocca aperta osservavo la scena, mentre lo vedevo saltare da un albero all'altro con una grazia infinità e un'agilità insospettabile. Ogni minimo movimento, anche solo il portarsi le mani al viso nascondeva un'eleganza immensa. Sembrava che danzasse, che si muovesse trasportato dall'aria, che fosse leggero, che volasse.

"Siamo resistenti" disse la sua voce, prima di vederlo correre verso una parete rocciosa a velocità elevata, "No!" urlai prima di vederlo schiantare contro la roccia. Preoccupata corsi in quella direzione e rimasi scioccata nel vedere il buco che si era creato là dove lui era andato a sbattere. Lo vidi uscire ripulendosi i vestiti, senza nemmeno un'ammaccatura o un capello fuori posto.

"Qualunque sia la cosa che abbiamo davanti, si farà male lei" disse con voce chiara, dopodiché si tolse giacca e maglietta e rimase a torso nudo. "Resistiamo a qualsiasi temperatura, sia calda che fredda" disse, ma io ero troppo concentrata a osservare il suo torso perfetto per capire cosa avesse detto, la sua pelle così bianca si confondeva con la neve, ed ero certa che se si fosse spogliato definitivamente, non si sarebbe notata la differenza tra le due cose. Accorgendosi probabilmente del mio sguardo insistente si rimise la maglia ed io arrossii fin sopra le orecchie, e se avessi potuto mi sarei sotterrata.

Improvvisamente me lo trovai davanti, alzò una mano e la poggiò delicatamente al mio viso, facendomi rabbrividire a quel contatto, e non solo per il freddo. "Tu non hai idea di quanto mi devo controllare quando sto con te, devo sempre essere delicato, e trattarti come se fossi vetro, ho sempre paura di stringerti troppo i fianchi, di tirarti uno schiaffo anziché una carezza, di spaccarti qualche osso o che altro. Devo reprimere il mio essere vampiro e far emergere l'umano che c'è in me, umano che dorme da 315 anni. Io sono un mostro e se da una parte desidero che tu mi stia lontano perché per te sono un pericolo più che per gli altri, dall'altra parte non riesco a lasciarti, non voglio lasciarti. Il tuo profumo così buono è come droga per me, e non hai idea di quanto mi debba controllare per non morderti e ucciderti, io devo..resistere a questo, perché sebbene io sia un mostro, tu mi fai sembrare un qualsiasi essere umano. Io non ho un cuor e non ho un'anima, ma cedo che la tua sia così grande da bastare per entrambi"

Una lacrima lasciò i miei occhi e scivolò sulla mia guancia, lasciando dietro di sé una scia di calore, tentando di recuperare la voce persa dissi "Tu non sei un mostro Jace, io lo sono fidati. Riesco a fare cose, a..vedere cose che nessuno vede, a sentire pensieri che non dovrei sentire. Non farmi domande su ciò che sono ti prego, è troppo doloroso per me ricordare. Io so solo che vicino a te mi sento normale, mi sento finalmente una semplice ragazza di 18 anni e non quella diversa. Io so quanto male ti faccia starmi accanto, ma sono troppo egoista per farti allontanare. Non ho paura di te Jace Osborn, non l'avrò mai, perché sono sicura che tu non mi farai mai del male e.." improvvisamente le sue labbra si posero sulle mie e mi fecero tacere,  mentre mi baciava tra un bacio e l'altro mi sussurrò "Ti giuro che ti farò finire" sorrisi sulle sue labbra e mi persi in questo nuovo mondo di sensazioni e sentimenti.

Le sue braccia mi avvolsero e mi strinsero a sé, e le mie mani si appoggiarono al suo petto. Il suo profumo di vaniglia e cannella mi sopraffaceva, mi sentivo satura, come se fossi ubriaca ma lucida al tempo stesso. Il mio cuore correva come non mai e lui rise dolcemente, staccandosi delicatamente da me, ma non togliendo le sue mani dai miei fianchi. Lentamente poggiò il suo orecchio sulla mia giacca, là dove c'era il cuore ed io imbarazzata sentii il mio cuore correre ancora più veloce, come se fossi tachicardica "Maledetto cuore" bofonchia piano e lui rise leggero prima di mettersi di fronte a me e fissarmi.

La neve cominciò a scendere in fiocchi scomposti dal cielo, ed io rimasi ad ammirarla mentre si fermava sui suoi capelli.

"Ti piace la neve?" chiese entusiasta, ed al mio annuire compì un balzo verso l'alto e atterrò subito dopo, aprendo la sua mano e mostrandomi il più bel fiocco di neve che avessi mai visto. La sua pelle gelida impediva a quest'ultimo di sciogliersi e rimaneva lì in tutta la sua bellezza.

Come risvegliandomi da un sogno lo fissai e gli sorrisi timidamente, lui mi carezzò una guancia e disse "Ora torniamo a casa, ma a modo mio, sempre che tu non abbia paura" ghignò, io alzai gli occhi al cielo e sbuffai mormorando "Il solito spaccone eh?"

Lui senza nemmeno avvisarmi mi prese sulle spalle e cominciò a correre inoltrandosi nella foresta ridendo quando senti un urlo sfuggire dalle mie labbra. Ogni cosa intorno a me risultava indistinta, senza contorni, sfumata.

Prima ancora che mi rendessi conto di quello che succedeva lui si fermò e disse divertito: "Arrivati, ora puoi scendere Soph". Io immobile non riuscivo a staccare le mie mani e goffamente caddi al suolo quando le sue mani sciolsero la mia presa sulle sue spalle.

"Tutto bene Soph?" chiese ghignando sotto i baffi, io alzai gli occhi al cielo e dissi solo  "Portami a casa e ti faccio vedere io", lui divertito mi aiutò a salire sull'auto e messa in marcia la macchina partì, poggiando prima una sua mano sulla mia gamba, facendo scaturire da quel contatto migliaia di brividi che invasero il mio corpo.

Per la prima volta dopo l'incidente che era successo un anno prima ero felice, per la prima volta avevo smesso di sentire mio padre chi chiamava.

Per la prima volta avevo smesso di vedere i morti.

Come l'invernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora