Capitolo 12

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Galoppando sul cavallo la mattinata è volata e dopo la conversazione su Cesare io e Nils non ci siamo rivolti la parola. Rientriamo per pranzo ma lui prende una strada diversa dalla mia e così in realtà non ci vediamo per il pasto dove invece incontro Riccardo.

"Debora."

"Riccardo." Ci salutiamo.

"Lo hai trovato?" Mi chiede subito.

"Sì, ma credo di aver trovato una testa più dura della mia." Lui ride sguaiatamente attirando l'attenzione di tutti.

"Impossibile, non esiste una testa più dura della tua, al massimo siete pari."

"Devo dire che sei proprio divertente questa mattina fratellone." Sorrido ironica.

"Sì sì, ho un ottimo senso dell'humor." Veniamo interrotti dall'entrata trionfale di mio marito.

"Sire, sono lieto di annunciarvi che è nato l'erede di Svezia, Michael IV di Svezia." Dice lui con un sorriso sornione che mi contagia alla vista di tanta sincera felicità.

"Sono molto contento per voi Duca e spero che il bimbo sia in ottima salute e cresca bene." Si congratula mio fratello.

Io invece sono incapace di parlare, fisso il mio grembo malinconica, con il pensiero che invece io sono ancora vuota e probabilmente lo resterò per molto, deludendo l'Italia e soprattutto mio fratello. Nils mi guarda cercando qualcosa dentro di me avendo forse inteso il mio malumore e prende posto accanto al mio. Io non gli rivolgo un'occhiata e chino la testa sul mio piatto continuando a mangiare.

"Debora, qualcosa non va?" Mi chiede mio fratello.

"No, perché?"

"Infilzi la forchetta dove il piatto è vuoto." Mi fa notare. Divento tutta rossa e mi alzo di scatto attirando su di me l'attenzione di Nils.

"Mi ritiro nei miei appartamenti." Annuncio e due delle mie dame, dietro di me, mi accompagnano anche se quando arrivo chiedo loro di lasciarmi sola. Mi butto sull'alto letto e le lacrime iniziano a scendere fino a quando sento dei passi intorno a me. Sollevo di poco il capo e vedo Nils che aggancia il suo orologio al polso e fa le sue cose indisturbato nonostante so lui senta i miei singhiozzi. Sbuffa probabilmente infastidito da questi e dopo essersi fermato, voltato verso di me e aver messo le mani sui suoi fianchi, finalmente si pronuncia.

"Mi spieghi cosa diavolo ti prende?"

"Sono felice per te Nils, davvero, non fraintendermi."

"Ma..."

"Ma anche io voglio una gioia simile, ti prego Nils. Non pretendo tu mi ami, voglio solo tu mi renda una donna degna di questo nome, ne ho bisogno." Lui sospira e sta zitto.

"Hai bisogno di avere un figlio?" Chiede dopo molto tempo. Io annuisco.

Noto il suo sguardo diventare fiamme, fiamme che bruciano e in pochi passi felpati mi raggiunge scaraventandomi violentemente sul letto. Inizia a strappare la mia camicetta con una ferocia inaudita.

"È questo che vuoi?"

"Vuoi che ti faccia mia, ora?"

"Vuoi solo che ti venga dentro?"

Continua a gridare verso di me, ma io non riesco a rispondergli, rimango catatonica con i miei occhi nei suoi che sono quelli di un animale. Tira con forza i miei pantaloni ma quando vede le mie gambe nude tremare si ferma di scatto.

"Rivestiti e prova ad essere meno patetica. Anche solo essere rispettata da tuo marito ti renderà una donna degna." Sputa velenoso e io raccolgo qualche abito per la camera cercando di coprirmi il più velocemente possibile. La sua mano forte circonda il mio braccio e mi volta verso di lui.

"Lo calcio fuori dal palazzo quel coglione del tuo ragazzo." Dice con i denti digrignati. Mi lascia ed io cado a terra dalla troppa pressione mentre lui si precipita fuori. Dopo poco tempo sento le grida di Luigia nel mio appartamento.

"Vostra Altezza! Vostra Altezza!" Le porte della mia camera da letto vengono spalancate e lei, con faccia terrorizzata si china verso di me che sono ancora seminuda.

"Duchessa! Vostro marito sta dando di matto! Grida per tutto il palazzo!" Io non le dico niente e sotto il suo sguardo stranito mi affaccio alla finestra in tempo per vedere la scena in cui mio marito e il mio amante prendendosi a pugni avanzano verso l'uscita. Data la prestanza fisica è ovvio che sia Nils che spinge Cesare verso un'auto e lui, malridotto, ormai si lascia trascinare via mentre uno sguardo è rivolto verso di me e mi fa ascoltare la sua preghiera. Io mi allontano dalla finestra e vestendomi in fretta corro fuori verso i due cercando di dividerli.

"LASCIALO STARE!" Grido verso Nils che sembra una bestia. Mi metto in mezzo a loro due e per fortuna i suoi pugni si bloccano.

"MA COSA DIAVOLO TI È PRESO? TI SEMBRA UN COMPORTAMENTO DA FAMIGLIA REALE QUESTO?" Lui non risponde nemmeno e io mi volto verso Cesare.

"Stai bene?"

"Non molto."

"Chiamerò un elicottero sanitario."

"Non mi serve, puoi chiamare un medico qui." Ribatte lui.

"Sì ma tu non rimarrai qui, Cesare. Tornerai a casa, con il titolo nobiliare se vuoi, ma devi tornare a casa. Non posso tenerti qui dove c'è lui." Gli spiego senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi ma so che lui è molto più maturo di me.

"Lo capisco Debora, avresti potuto dirmelo tu e mi sarei risparmiato qualche pugno." Mi sorride ed io ricambio.

"Vostra Altezza, credo che questo sia un addio per noi due, sappiate chi vi porterò per sempre nel mio cuore." Istintivamente lo abbraccio e lui mi stringe forte a sé.

"Oh Cesare, tu sei importantissimo per me, ricorda che per te basterà una chiamata al mio numero e ogni porta ti sarà aperta." Lui accarezza dolcemente i miei capelli e posa un bacio delicato su di essi. Mi stacco lentamente dal suo abbraccio e lo guardo intensamente negli occhi.

"Credo sia ora che io vada, salutami tuo fratello e non ho bisogno di nessun elicottero, arriverò in macchina al primo ospedale più vicino, ti darò mie notizie." Annuisco.

"Ti auguro il meglio Debora, sei la donna migliore io abbia mai incontrato." Si infila nella sua auto e parte via, lontano da me. Nils poggia una mano sulla mia spalla ma io la scosto bruscamente rientrando furiosa a palazzo.

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