Capitolo 37

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"E quindi? Non ho capito! Cosa vince all'alba?" Sussurro a Nils che sbuffa e alza gli occhi al cielo.

"Ma non hai capito niente?" Nego con la testa.

"Non si capisce quello che cantano!"

"Ti capisco, è la tua prima opera, perché non hai letto dal libretto?"

"Quale libretto?" Chiedo e mio marito trattiene a stento le risate.

"Il libretto che ti ho dato e che tu hai usato per sventolarti contiene il testo dell'operetta, avresti dovuto seguire di lì." Mi spiega.

"Dirmelo prima, no?"

"Dai lo leggi quando andiamo a casa."

"Ma così non me lo sono goduto!"

"Guarda, ho l'impressione che l'opera lirica non sia proprio l'hobby adatto a te." Il mio viso si contorce in una smorfia e Nils sorride a trentadue denti.

"Vostre Altezza, scusatemi l'inadeguatezza ma potreste parlare più a bassa voce?" Chiede una signora dall'altro balconcino.

"Sì, ci scusi." Risponde Nils e la signora sorride.

"A te piace?" Gli chiedo poi.

"Shhh!" Mi rimprovera lui.

E fu così che capii che non sarei mai più tornata a teatro per vedere l'opera, anche se devo dire che lo farei solo per Nils, per il suo sguardo commosso e che mi ha fatto scoprire che per fortuna c'è qualcosa, oltre la guerra e me, che rapisce in modo tanto elegante tutte le sue attenzioni. Di certo non ci si aspetta da Nils-Erik Engstrӧm di vederlo assopito in un'opera lirica ma lui invece si sente totalmente a proprio agio conoscendo ogni atto dello spettacolo che stiamo vedendo. Su per giù ho capito la trama e devo dire che, se solo studiassi la materia un po' di più, sarei rimasta affascinata come Nils dalle figure raffinate e dal canto ammaliante. Gli applausi esplodono in tutta la sala e le luci si riaccendono dandomi modo di vedere l'energico battito di mani di mio marito a cui cerco di stare al passo, il suo sorriso gioioso e gli occhi spensierati.

"Erano anni che non vedevo la Turandot." Mi dice emozionato e io gli sorrido felice di averlo reso così allegro.

"Vostre Altezze, sono onorata di esservi stata accanto, portate i miei saluti al piccolo Vittorio." La signora accanto a noi che ha dovuto sorbire la mia voce per tutta la durata dell'opera, ci si rivolge quindi la ringraziamo e le auguriamo una buona serata.

"Oggi qui con noi siamo fieri di avere la Duchessa Anna Debora Costa e il Duca Nils-Erik Engstrӧm e noi speriamo che la rappresentazione sia stata di vostro gradimento. Che Dio vi benedica e che benedica vostro figlio, che Dio benedica l'Italia!" L'attrice protagonista sposta l'attenzione su di noi che veniamo investiti da applausi e parole di ringraziamento. Dopo pochi minuti siamo di nuovo all'uscita, nella nostra macchina che facciamo ritorno.

"Nils, ho saputo che hai licenziato l'autista." Rido ripensando a quando mio fratello me l'aveva detto temendo che il Duca fosse impazzito.

"Sono in Italia, mi voglio godere le Ferrari e le Lamborghini, mi sembra ovvio." Risponde lui alla guida della sua Aventador.

"Non sapevo tu fossi un appassionato di macchine."

"Non lo sono in realtà, volevo semplicemente portarti a casa io, magari spostare le mani dal cambio alle tue gambe, sai quelle cose da coppiette." E io ridacchio sotto i baffi del suo ben occultato imbarazzo che però non riesce più a nascondere con me.

"Che fa ride di me Duchessa? E come si permette?" Chiede buffo facendo aumentare il mio buon umore.

"Tra due giorni parto per il fronte." Sgancia la bomba e la serata mi è stata completamente rovinata.

"È l'ultimo scontro e quando sarò a casa tutta questa storia finalmente sarà finit-" Viene interrotto dai suoi bruschi colpi di tosse che si espandono per tutta la macchina facendomi preoccupare.

"Nils?"

"Sisi tutto apposto, mi è andata la saliva di traverso." Freneticamente pulisce la sua mano che ha posto davanti al viso sul pantalone.

"Stavi dicendo..."

"Sì stavo dicendo che parto solo per questa battaglia, la questione sarà risolta ed entro un mese ce ne saremo addirittura dimenticati." Annuisco con le lacrime che spingono fuori dai miei occhi ma alle quali non do il permesso in quanto non mi sembra giusto mostrarmi così debole anzi, vorrei sostenerlo e cercare di fargli forza come lui fa con me nei miei momenti no.

"Non dici nulla?"

"No Nils, la mia opinione la conosci e non cambierà di molto le cose. Ma sono pronta a sostenerti; sei mio marito, il Duca di Svezia e d'Italia, il Generale Engstrӧm, non hanno scampo contro di te quei quattro soldatini." Gli sorrido e lui ricambia spostando effettivamente la mano dal cambio per metterla sulla mia gamba sinistra ma non è una stretta carnale, le sue carezze sono dolci e rassicuranti e io me ne beo chiedendomi come farò a stare senza di lui.

"Vuoi una foto da portare con te? Nella seconda guerra mondiale le mogli facevano così."

"Deb, piccola, ho un telefono." Ride lui.

"Sì ma la fototessera è più romantica, ne ho una con me, aspetta." Esco il mio portafoglio dalla pochette e in una delle tasche interne prendo una delle fototessere che di solito si usano per la carta d'identità poiché ho il vizio di tenere una mia foto e quella dei miei cari nel portafoglio, lo faccio da sempre e non ho neanche un buon motivo per farlo in realtà.

"Tieni, non è la migliore che ho ma si sa che è impossibile uscire bene in fototessera."

"Sei bella come sempre Deb." Dice lui osservando la mia foto.

"Sì ma adesso guarda la strada Nils. Ho ancora solo diciannove anni, vorrei arrivare sana e salva a palazzo."

"Non mi chiamo mica Debora io, so come si porta una macchina."

"Diavolo dovrei davvero convincermi a prendere una patente."

"Sì dovresti."

"Lo so ma quando ho finito il liceo è stato tempo di mesi che mi sono trasferita a palazzo e non ho più avuto tempo libero."

"Ma se non fai mai niente."

"Essere sempre eleganti, belle ed impeccabili non hai idea di quanto tempo ti rubi." Lui lascia perdere le mie parole e per un po' c'è silenzio in macchina.

"Sei diplomata?" Mi chiede poi.

"Sì, ad un liceo scientifico, tu?"

"No io no, ho lasciato le scuole superiori quando mi sono arruolato."

"Io avrei voluto addirittura fare l'Università, sarei voluta diventare una farmacista." Ridacchio.

"Fallo." Alza le spalle.

"Nils è difficilissimo, sono madre, moglie, una figura politica, come potrei anche laurearmi?" Chiedo sarcastica.

"Sì può fare dai, o almeno provaci."

"Se mi iscrivo all'Università allora tu prendi il diploma con le scuole serali."

"Cosa?"

"Sì dai, non puoi non avere nemmeno il diploma."

"Non mi è mai piaciuto studiare."

"Oh dai potrei darti una mano Nils, sarebbe davvero carino come passatempo. Io ero una secchiona ai tempi, una vera topina da biblioteca!" Ma lui sbuffa.

"Quando torni dal fronte ci iscriviamo!" Esclamo io emozionata all'idea.

"D'accordo." Si lascia trascinare lui sorridendo ma tenendo lo sguardo fisso sulla strada.

"Davvero? Lo faremo?"

"Sì, lo faremo davvero." Mi conferma annuendo.

"Quando torno..." Sussurra poi.

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