La prima volta che lo incontrai mi fece davvero tanto male.
Per strada, con le cuffiette nelle orecchie, stavo tornando a casa dall'università. Ero sempre stato un tipo sbadato, troppo distratto, soprattutto quando ascoltavo la musica - con il volume forse troppo alto - e questo ogni volta andava a mio sfavore.
La gente che mi passava accanto non la vedevo, mi accorgevo di loro solo quando prendevo delle spallate, magari da qualcuno che stava andando molto più di fretta rispetto a me.
E quella mattina ero stato troppo impegnato nei miei pensieri e in una delle tante canzoni della mia playlist che non avevo fatto caso a dove stessi mettendo i piedi, così in un attimo mi ero ritrovato a terra.-Ma che cazzo- avevo borbottato buttando subito le mani a terra. Me le ero sbucciate sui palmi, le avevo sentite bruciare a causa dello sfregamento contro il cemento ruvido e i piccoli sassolini presenti. Non lo avevo guardato subito in faccia e non mi ero neanche reso conto cosa mi avesse fatto cadere a terra, troppo concentrato sulle mie mani. Ma quando avevo sentito la sua voce la mia attenzione era stata catturata dalla sua paura e dall'agitazione che avevo percepito al suo interno.
-Cavolo, mi dispiace! Spero di non averti fatto male!-
Mi ero accorto che non mi stava guardando. Ciò che stava fissando era il marciapiede davanti a sé e dunque ero rimasto un po' confuso ma i miei dubbi si erano attenuati quando avevo abbassato lo sguardo ed avevo notato un bastone, non uno qualunque.
Un ragazzo più o meno della mia età, i capelli biondi, degli occhiali da vista in volto ed un bastone nella mano destra. Lo avevo visto tremare.
Avevo capito che gli mancava uno dei cinque sensi, la vista, e che a farmi cadere era stato proprio il suo bastone.
Io non avevo avuto il coraggio di parlare ancora e lui aveva continuato a rimanere immobile. Si era stretto nelle spalle e ancora non era riuscito a muoversi.-Sei ancora qui?- mi aveva chiesto con voce tremante. Allora io mi ero tolto entrambe le cuffiette dalle orecchie, le avevo arrotolate disordinatamente e le avevo infilate in tasca.
-Sì sono ancora qui e no, non mi hai fatto male, tranquillo- mi ero affrettato a rispondere. Avevo chiuso le mani arrossate e sbucciate in due pugni, come se non volessi fargliele vedere ma solo in quel momento mi ero ricordato che non poteva vedermi.
-Sei sicuro? Non lo dici solo perché sono un disabile e non vuoi farmi preoccupare, vero?-
Le sue parole mi avevano lasciato stupito. Sembrava che mi avesse posto quella domanda perché già gli era successo qualche altra volta. Ed in un primo momento avevo pensato che fosse così, gli avevo detto in quel modo per non farlo sentire in colpa - anche perché era stata solo colpa mia, dal momento che non avevo prestato attenzione.
Ma poi mi era venuta in mente subito una scusa da dirgli, per farlo tranquillizzare.-Credimi, non mi fa alcuna differenza.-
Dopo quelle parole lui mi aveva sorriso come a farmi capire la sua gratitudine per non averlo farlo fatto sentire diverso, così mi aveva pregato per far sì che lui mi potesse offrire un caffè, e allora dopo tanto avevo accettato.
E dopo quel giorno eravamo diventati amici. Avevo scoperto molte cose di lui, mi aveva detto che viveva da solo, era autonomo e che la sua cecità - avuta fin dalla nascita - non gli aveva mai impedito di realizzare ciò che desiderava, le sue aspirazioni.
Avevo scoperto Wooyoung non aveva mai potuto avere una ragazza perché non si era mai sentito all'altezza ma non per un problema della sua disabilità.
Wooyoung in poco tempo era diventato il mio migliore amico.E quella sera avevo deciso di andare da lui. Era la notte del suo compleanno, volevo fargli una sorpresa dal momento che ci tenevo alla nostra amicizia.
Non avevo amici e lui neanche, per questo motivo ci eravamo subito trovati bene insieme.
A Wooyoung piaceva leggere. Ci avevo messo un po' per trovare un libro in breil che potesse piacergli ma alla fine ci ero riuscito e lo avevo ordinato su Amazon.
Ora lui era lì accanto a me, sdraiato sul prato del suo piccolo giardinetto. Io guardavo le stelle e lui teneva fra le braccia il libro che gli avevo regalato. Aveva detto che gli era piaciuto e che avrebbe iniziato a leggerlo quella sera stessa. Aveva letto la trama, lo ispirava.
Ora tra di noi c'era il silenzio, dopo una serata passata a ridere e scherzare insieme, a mangiare una pizza ordinata al ristorante più vicino, a spegnere le candeline su un muffin che avevo preparato quella stessa mattina, prima di andare in università.

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os || ateez
Fanfictionone shots su qualche ship a caso degli ateez, anche di quelle più improponibili. ©️ 2019 | Caterina ©️ copertina xunpodipayne