7//alone (s.mg + j.yh)

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Lavorava nel bar vicino casa, si guardava intorno e mostrava dei piccoli sorrisi ai clienti che entravano ad ogni minuto della giornata, nel locale.
Mingi era così.
Silenzioso e riservato, diffidente con gli altri.
L'avevo intuito quando avevo provato a rivolgergli la parola non solo per l'ordine che avevo fatto.
Erano mesi che entravo la mattina in quel bar prima di andare a lezione, ed il pomeriggio mi fermavo per studiare. Era un posto tranquillo, non uno di quei soliti locali pieni di ubriaconi, anzi, all'interno ci si trovavano molti ragazzi come me, talvolta anche molti gruppetti di studenti che cercavano di ripassare tutti insieme.
Però più che per studiare, io andavo lì per osservarlo.
Mi piaceva rimanere a guardare i suoi atteggiamenti. I sorrisi verso i suoi clienti erano falsi e si vedevano lontano un miglio. Non aveva voglia di lavorare ma non perché fosse uno scansafatiche.
Sembrava soffrire in silenzio.
Però mi faceva ridere quando qualche cliente più pignolo aveva delle esigenze particolari e lui si lasciava andare in delle smorfie quando era sicuro di non essere visto.
Io lo notavo perché notavo sempre tutto. Ero sempre stato molto curioso ed intuitivo, riuscivo fin da bambino a captare dei segnali di cui gli altri non si accorgevano neanche.
Eravamo diventati amici una sera quando nel bar eravamo rimasti soli e lui doveva pulire. Mi ero offerto di dargli una mano e Mingi aveva accettato solo dopo mille preghiere da parte mia, per far sì che mi lasciasse aiutarlo.
Non mi aveva detto molto di sé, avevo parlato io, gli avevo detto che studiavo giurisprudenza e lui aveva assunto un'espressione quasi sorpresa.
Da quella sera io avevo iniziato a parlargli di più, rimanevo vicino al bancone per poter scambiare qualche parola con lui e Mingi sì, mi rispondeva ma si vedeva che non aveva voglia.
Non volevo arrendermi, qualcosa dentro di me mi diceva di provarci. Non ero una persona che si faceva mille paranoie e pensava subito al peggio, perciò non credevo di stargli antipatico ed avrei continuato a pensarla così, finché non sarebbe stato lui a dirmelo chiaro e tondo.
Nella mia vita avevo sempre incontrato persone false e presuntuose. Lui invece era tutto il contrario e forse era questo che mi aveva fatto scattare qualcosa dentro, che mi aveva spinto a volerlo conoscere.
Mingi era la persona più buona di questo mondo e l'avevo capito via via col tempo, conoscendolo sempre un po' di più, nonostante non si fosse mai aperto completamente con me.
Più volte lo avevo riaccompagnato a casa dopo il lavoro ma non eravamo mai usciti insieme e lui non mi aveva mai fatto entrare all'interno delle sue quattro mura.
Voleva nascondermi qualcosa probabilmente, e io non volevo essere invadente perché non volevo farlo arrabbiare.
Ma alla fine era lui che aveva fatto arrabbiare me.

Quella mattina mi svegliai di colpo con la sveglia che ormai suonava da una decina di minuti.
Ero in ritardo per la lezione di diritto civile e probabilmente non sarei riuscito ad arrivare in tempo; avrei saltato, quel giorno.
Però decisi comunque di andare al bar, dato che era l'unico modo che avevo per stare con Mingi.
Non avevo neanche il suo numero di telefono, l'unica volta in cui avevo provato a chiederglielo lui aveva cambiato discorso facendo finta di niente e dunque non avevo insistito ancora.
"Buongiorno al mio unico amico!" dissi non appena varcai la porta del locale. Mingi era intento ad asciugare delle stoviglie con un panno; quando sentì la mia voce alzò la testa, tirò un sorriso e fece un cenno, prima di tornare a ciò che stava facendo.
Mi diressi verso di lui con sorriso e mi appoggiai con le braccia al bancone.
Non eravamo soli, c'erano i suoi colleghi ed altri tre o quattro clienti, tutti indaffarati nei loro pensieri:  qualcuno stava al telefono, qualcun altro invece leggeva il giornale trovato sul tavolo.
"Ho bisogno di un cappuccino, potresti farmelo con un grammo di zucchero? Anzi, un grammo virgola dieci" dissi prima di scoppiare a ridere, soprattutto perché mi rivolse uno sguardo da "fai sul serio?", ma sapeva anche lui che stavo prendendo in giro quei clienti particolari.
Mingi mi piaceva.
Mi piaceva come persona, mi piaceva stare con lui.
Era silenzioso, sentivo le voci che si dicevano all'interno del bar su di lui. Molti affermavano che fosse un musone, uno scorbutico, antipatico e snob.
Era solo molto riservato e non ci vedevo niente di male in questo. La gente non riusciva minimamente a vedere oltre il proprio naso... certo, perché era molto più facile giudicare, invece che perdersi a capire quale fosse il motivo di un certo comportamento, da parte di un'altra persona.
Mi ero innamorato di lui? Non lo sapevo, sinceramente.
Avrei voluto tanto potergli dire ciò che mi passava per la testa ma avevo paura di farlo agitare. Eravamo ormai amici da mesi, ma non potevo ancora affermare di conoscere Mingi come lui conosceva me.
"È tardi stamattina, non vai a lezione?" mi domandò, porgendomi la tazza piena di cappuccino, con una bustina di zucchero associata.
Scossi la testa, mentre aprivo la bustina. Lasciai scivolare lo zucchero dentro la tazza ed iniziai a girarlo col cucchiaino.
"Mi sono svegliato tardi."
"Dovresti tornare a casa prima la sera, non stare con me."
Lo guardai storcendo le labbra ed alzai gli occhi al cielo.
"Se non ti aiutassi io a rimettere apposto, tu la mattina a quest'ora saresti ancora a pulire e non dormiresti mai. Questo bar è più grande della mia casa, cavolo" risposi, portandomi la tazza alle labbra prima di prenderne un sorso.
Mingi scrollò le spalle e rimase in silenzio.
Quando finii il mio cappuccino mi leccai il labbro superiore, consapevole di essermi sporcato sul punto con la schiuma, poi feci per tirare fuori il portafoglio ma la sua voce mi fermò.
"Offre la casa."
Ridacchiai e lo guardai alzando le sopracciglia.
"Solita frasetta da film" commentai.
"Che vuoi dire?" domandò lui. Non aveva senso d'ironia, non rideva mai e raramente sorrideva.
Sembrava... apatico.
Ignorai la sua domanda e non negai di esserci rimasto male.
Forse avevo provato a flirtare senza rendermene conto.
Sì, mi ero sentito leggermente stupido, ma cercai di scacciare la sensazione, mentre mi facevo coraggio per parlare.
"D'accordo, visto che tu mi hai offerto il cappuccino, stasera per ricambiare il favore voglio portarti a cena fuori."
Mi tremarono le mani perché Mingi — ovviamente — non mi aveva mai chiesto di vederci fuori da quel bar, e io non avevo mai avuto il coraggio di farmi avanti.
Rimase a guardarmi per qualche istante, prima di scuotere la testa e tornare a mettere apposto le ultime posate che gli rimanevano.
"Non se ne parla, finisco tardi qui" rispose con nonchalance.
Chiusi gli occhi e mi portai le mani sui capelli per non innervosirmi.
Non negavo che molte volte mi aveva fatto perdere la pazienza, ma ero sempre riuscito trattenermi.
Quando vidi un suo collega avvicinarsi a lui colsi la palla al balzo, alzai un braccio e sventolai la mano per catturare la sua attenzione.
"Ciao scusa, dato che è sempre Mingi a chiudere il locale e non ha mai tempo per vivere la sua vita, potreste per una volta darvi il cambio?"
Sentii lo sguardo infastidito di Mingi addosso ma non ci feci troppo caso.
"Da quando Song ha una vita?" rise il ragazzo.
Guardai prima Mingi, che teneva lo sguardo basso e sembrava più che irritato, poi rivolsi gli occhi verso il suo collega ed alzai le sopracciglia, fingendo di non aver sentito quella battuta di pessimo gusto.
"Per favore, ha bisogno un attimo di staccare" continuai.
Il ragazzo mi guardò stranito, quasi a voler capire qualcosa. Forse stava per aggiungere alla sua simpatia un'altra battuta, ma poi si fece uscire semplicemente un: "okay, ma solo per questa sera."
Sorrisi ringraziandolo, poi battei le mani sul bancone davanti al mio amico.
"Ti aspetto alle otto davanti a casa tua!"

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