Da qualche settimana ormai la mia voglia di vivere sembrava completamente svanita.
Non riuscivo più a rendermi attivo e tutto ciò che mi piaceva fare non mi dava più soddisfazione.
Non era la prima volta che mi ritrovavo in una situazione del genere, gli abbassamenti d'umore ed il sentirsi triste per periodi interi erano frequenti ma bene o male, in qualche modo ero riuscito a sconfiggerli usando la mia passione più grande: la scrittura e la musica.
Mi rifugiavo dentro ad esse, scrivevo testi di canzoni, lasciavo uscire tutto me stesso, ciò che provavo, componevo le basi musicali ed iniziavo a sentirmi molto meglio.
Ultimamente invece era svanito anche l'unico modo che avevo per tirarmi su.
Non trovavo ispirazione e quando arrivava c'era comunque qualcosa che mi bloccava dallo scrivere e dal rendere tutti i pensieri una massa di inchiostro nero su un foglio bianco.
Mi mancava la concentrazione e proprio non riuscivo a capire da cosa fosse dato quel grave problema.
E poi ogni volta che provavo a scrivere e mi distraevo, mi innervosivo e mi arrabbiavo con me stesso perché non riuscivo a portare a termine quel lavoro iniziato, così passavo giornate e notti intere a scervellarmi nello studio, cercando di essere produttivo, cercando qualche frase e parola sensata da poter usare come parte di un testo.
Ma la verità era che non ce la facevo più, via via che andavo avanti in quel modo peggio era, mi impegnavo troppo nel pensare per riuscire a rendermi conto che in periodi simili avrei dovuto solo lasciar perdere e fare un bel respiro profondo.
Perché i miei genitori mi avevano fatto nascere con così tanta testardaggine?
Invidiavo le persone che arrivavano ad un punto del lavoro, poi si fermavano e dicevano "per oggi basta, continuerò domani", come diamine facevano? Io quando iniziavo qualcosa dovevo finirla entro quella giornata e a chi sarebbe importato se avessi terminato alle tre o alle quattro del mattino?
E se non fossi riuscito a raggiungere l'obiettivo che mi ero prefissato, non riuscivo a stare in pace con me stesso finché poi non tornavo a quel lavoro.
Seonghwa ogni tanto mi diceva che ero troppo pignolo e testone, troppo impostato sul lavoro e che avrei dovuto per un momento mettere da parte tutto per concentrarmi su altre cose, forse meno importanti ma sicuramente mi avrebbero fatto stare meglio, mi avrebbero aiutato a svagare la mente e probabilmente poi sarei riuscito a trovare la giusta concentrazione per i testi che aspettavano di essere composti.
E una delle tante distrazioni a cui aveva fatto riferimento Seonghwa era stata proprio se stesso.
Il nostro rapporto era strano, eravamo amici ma forse ci definivamo così perché non potevamo ammettere di essere altro. Ogni tanto, le rare volte in cui tornavo a casa e dormivo in camera con Seonghwa, mi piaceva sgattaiolare nel suo letto per appoggiarmi al suo petto e a lui piaceva riempirmi di coccole con varie carezze sui capelli ed altrettanti baci.
Mi piaceva quando mi baciava il viso o quando faceva toccare insieme le nostre labbra, mi faceva sentire una persona del tutto diversa, spensierata, infatti quando mi fermavo a pensare a lui, per un attimo distoglievo la mente da ciò che dovevo fare, anche se per poco.
Seonghwa era davvero la mia debolezza più grande, mi bastava solo rammentare il suo nome all'interno della mente per catapultarmi in un mondo completamente parallelo e nonostante sapessi quanto mi facesse perdere tempo, non potevo negare che pensare a lui mi facesse bene.
Dicevo fosse il mio migliore amico perché non potevo chiamarlo il mio ragazzo, per prima cosa perché non ne avevamo mai parlato e per seconda non potevamo lasciarci andare alle emozioni.
La vita da idol era molto più dura di quanto sembrasse vista da fuori e forse era anche per questo che stavo iniziando a sentirmi così demotivato nell'andare avanti.
Quasi non mi accorsi di essermi fatto sommergere dai pensieri, me ne resi conto solo quando sentii un bussare alla porta del mio studio e allora tornai magicamente alla realtà, accorgendomi che anche quella volta avevo fatto le tre del mattino e sul foglio sotto al mio naso c'erano segnate solo tre frasi di un intero testo.
Sbuffai e sbattei una mano contro la mia scrivania in modo del tutto infastidito. Sapevo che la ragione del mio blocco fosse dettata anche dal fatto che non riposassi abbastanza ed il mio cervello era semplicemente arrivato al limite, ma nonostante questo non riuscivo a staccarmi dal lavoro.
Camminai con la sedia a rotelle da ufficio verso la porta e, senza chiedere neanche chi fosse, abbassai la maniglia facendo scattare la serratura. In un attimo mi ritrovai con gli occhi incastrati in quelli di Seonghwa e i miei si riempirono improvvisamente di lacrime ma cercai comunque di non farglieli notare.
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os || ateez
Fanficone shots su qualche ship a caso degli ateez, anche di quelle più improponibili. ©️ 2019 | Caterina ©️ copertina xunpodipayne
