Capitolo 22

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Sophia

Il mattino seguente mi sveglio sudata. Fa caldissimo, apro gli occhi e vedo Aaron totalmente avvinghiato a me.
Decido di rimanere così qualche minuto, per gustarmi la nostra tranquillità, gustarmi il nostro momento, prima che venga rovinato da telefoni che suonano o da sveglie che si attivano.
L'orologio segna le 7:15 del mattino, ho bisogno di bere un caffè per svegliarmi del tutto. Mi sposto dalla presa di Aaron e scendo di sotto a preparare la colazione.
Poco dopo mi raggiunge anche lui.
<<Buongiorno>> mi saluta stiracchiandosi e sedendosi ad uno sgabello della penisola.
<<Buongiorno, vuoi un po' di caffè?>>
<<Si, grazie.>> gli verso del caffè nella tazza e gliela sporgo.

Dopo aver finito di fare colazione ci sediamo sul divano del suo salotto. Poco dopo suonano alla porta e Aaron si avvia per aprire.
<<Aaron White perché sei in questo appartamento?!>> urla una donna dall'altra stanza
<<Perché non volevo tornare a casa mamma, volevo un po' di pace>>
Okay, la madre di Aaron è qui, come dovrei comportarmi?
<<Figliolo la pace la puoi avere anche a casa, con noi>> dice un uomo che a questo punto immagino sia suo padre

Cerco di andare al piano di sopra senza fare troppo rumore ma nel tentativo urto una lampada, come avrei dovuto immaginare.
<<Aaron hai compagnia? C'è Mia con te?>> chiede la madre di Aaron

Senza avere il tempo di riflettere sulla mia prossima mossa i genitori di Aaron si precipitano nel salotto.
<<E tu..saresti?>> mi chiede suo padre
<<Sophia. Sophia Anderson>>
Non appena sentono il mio nome i genitori di Aaron si girano verso di lui
<<Quindi invece che essere a scuola a scrivere la tua tesi per la laurea stai in questo appartamento con una ragazza che non è Mia? Pensavo di averti cresciuto meglio Aaron.>>

Suo padre non ha davvero riguardi nelle parole che pronuncia.
Sua madre mi si avvicina
<<Cara scusa potresti lasciarci soli con nostro figlio?>>
<<Certo signora White. Vado a lezione.>>
Il padre di Aaron chiude la porta del salotto e le uniche parole che sento sono quelle che pronuncia il mio istinto: Via da qui. Subito!

Esco dall'appartamento di Aaron in fretta e mi reco all'Università.
In questi giorni avrei dovuto lavorare al caso che ci ha assegnato il professor Thompson, ma non ho avuto il tempo nemmeno di aprire il fascicolo.
Mi reco in biblioteca per iniziare ad occuparmene, lì incontro l'unica persona che non avrei mai immaginato di incontrare: Mia Wilson.
<<Bene, bene, bene. Vedo che sei da sola, già finita la serata romantica con Aaron?>> mi si avvicina
<<Come prego?>>
<<Chi pensi che abbia avvisato i genitori di Aaron? Se pensi di potermelo portare via, sei una sciocca. Io e lui dobbiamo stare insieme e le nostre famiglie non permetteranno ad una come te di intromettersi.>>
<<Una come me? Scusami Mia, devo ricordarti per caso chi è mio padre? O te lo puoi fare da sola? Se pensi di intimorirmi ti sbagli di grosso. >>
Lei scoppia in una risatina che mi sembra isterica <<Oh, piccola Sophia. Non sai cosa ti aspetta allora.>>
Mi guarda negli occhi per qualche secondo e poi esce dalla biblioteca.
Sto iniziando a rendermi conto che forse mi sono immischiata in una cosa più grande di me.
Forse Mia ha ragione.
Vorrei davvero stare con Aaron ma dovrei mettermi contro non una ma ben due famiglie, contro tradizioni e contro convinzioni che alla fine non mi riguardano.
Anche lui dice di voler lottare contro di loro, per noi, ma potrà davvero farlo? Glielo permetteranno?
Questa storia è un disastro, e non posso continuare a tormentarmi perché ho del lavoro da fare.
Apro il fascicolo del mio caso e inizio a fare ipotesi su ciò che potrebbe essere successo.

Passo talmente tanto tempo sui libri da non accorgermi della presenza del professor Thompson
<<Anderson. Vedo che ti stai occupando del tuo caso. Come sta andando?>>
<<Be professore, all'inizio credevo che fosse molto semplice come caso. Un uomo rapina case e banche e viene preso. Colpevole. Ma il fascicolo non mi convince. Qualcosa mi dice che in realtà quest'uomo nasconde qualcosa. Che magari non sia lui il vero ladro.>>
<<Molto bene Anderson. Proprio come tuo padre hai un ottimo istinto.>>
<<Conosce mio padre?>>
<<Se conosco tuo padre? È stato il mio compagno di università e per molti anni siamo stati colleghi.>>
<<Non lo sapevo. Ma mi fa piacere che conosca mio padre. Sa bene allora come mi ha cresciuta.>>
<<Oh, lo immagino, per questo dico che secondo me sarai molto brava nel mio corso. Be' ho del lavoro da fare, buona giornata signorina Anderson.>>
<<Arrivederci professore.>> mi hanno stupita le sue parole, ma d'altra parte chi non si aspetta grandi cose dalla figlia di Dylan Anderson?

Verso le 17:00 torno a casa e trovo mio padre a parlare con qualcuno.
Vedo due persone, due volti familiari: i genitori di Aaron.
Che ci fanno qui?
<<Bene Sophia. So che conosci i signori White. Mi hanno riferito che hai una relazione con loro figlio. È così?>> mi chiede serio mio padre. Credo di non averlo mai visto così arrabbiato.
<<Non proprio papà>> cerco di nasconderlo
<<In che senso Sophia? Mi risulta che hai passato la notte da lui>>
<<Si papà, a studiare. È dell'ultimo anno ed è l'assistente di un mio professore, mi sta aiutando con un caso che mi ha assegnato Thompson.>>
È la prima volta che mento a mio padre ma devo farlo per evitare di creare una guerra tra la mia famiglia e quella di Aaron. I suoi genitori mi guardando come se non ci credessero. Per fortuna mio padre mi ha insegnato molte cose e posso sfruttarle ora a mio favore.
<<Come puoi vedere papà, su questo fascicolo ci sono appunti scritti da Aaron, mi sta aiutando. Tutto qui.>>
<<Io non credo signorina Anderson. Credo che lei abbia una relazione con nostro figlio.>>
Mi accusa il padre di Aaron.
<<James, mia figlia non mente mai. Se dice di non avere una storia con tuo figlio, io le credo. Perciò questa cosa si chiude qui. Potete andare.>>
Senza dire nulla i genitori di Aaron si alzano e vanno via. Sono sollevata, mio padre mi ha creduto, come sempre. Tra noi c'è un rapporto basato sulla fiducia, sa che non mentirei mai, sopratutto non a lui.
Ma questa volta ho dovuto farlo, non so come farò a dirgli la verità e soprattutto a farmi aiutare.

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