Stay

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Capitolo 17

Stay.

Quando mi sveglio, la prima cosa di cui mi rendo conto, è che non sono in camera mia. Ovviamente non sono in camera mia, le pareti della camera che Carol mi ha gentilmente concesso, non hanno nulla a che vedere con lo squallore di quelle che mi circondano in questo momento.

“Fammi entrare!”

Il vociare indistinto di qualcuno continua a disturbare il mio risveglio, nonostante cerchi in tutti i modi di schermarmi le orecchie con il vecchio cuscino di Nick. Ha un tanfo saturo di sudore e sperma. Lo lancio contro la parete, lasciando che la forza di gravità faccia il resto.

“Nick non puoi impedirmi di vederlo! È mio figlio!”

La testa mi fa male e sento le tempie pulsare esattamente come dopo una sbronza di quelle da dimenticare.

Non ho idea di come si sia conclusa la serata ieri, ricordo solo le lacrime e la disperazione che mi hanno fatto crollare esausto tra le braccia del mio migliore amico. Lo stesso che adesso è occupato a discutere con qualcuno al di fuori della sua roulotte.

Senza davvero la voglia, o la forza per alzarmi, mi costringo in piedi, arrancando fino a raggiungere la piccola e sporca finestra che affaccia sulla strada sterrata dove immagino si trovino Nick e la persona con cui sta sbraitando da almeno venti minuti. Infondo è un bene che i vetri scheggiati siano intrisi da strati e strati di polvere, almeno chi è fuori non si accorgerà della mia presenza dalla parte opposta del vetro e..oh. sono nudo.

Volto velocemente lo sguardo intorno alla piccola stanza, quella che dovrebbe essere la camera da letto, ma in realtà è il guardaroba a cielo aperto di Nick, ergo: vestiti gettati alla rinfusa su ogni superficie libera e non. Riesco a riconoscere i miei jeans e le mie scarpe in mezzo a un suo paio di boxer bucati. Non ho la minima idea di che fine abbiano fatto il resto dei miei indumenti, e forse in questo momento non lo voglio nemmeno sapere. Sbuffo rassegnato portando un paio di dita a massaggiarmi il ponte del naso tentando di ricordare perché mi sono alzato dal letto nonostante il dolore alla testa.

“Nick non costringermi a chiamare la polizia!”

Ah , giusto.

Quando sono abbastanza vicino alla finestra per poter osservare fuori, riesco immediatamente a distinguere la figura alta e snella del mio migliore amico con in dosso un paio di pantaloncini e la mia maglietta, i piedi scalzi e i capelli scompigliati, mentre agita le mani in direzione del suo interlocutore. Carol.

Non posso fare a meno di stringere i pugni a lato della vita e serrare gli occhi.

Ovviamente si sarebbe presentata da Nick dopo le innumerevoli chiamate a cui non ho mai risposto.

Conosce tutto di me, del mio passato, e ovviamente sapeva che è da lui che sarei venuto a rifugiarmi. Sospiro sconfitto davanti alla realtà, questa donna mi conosce davvero, eppure non riesce a vedere quanto io sia dannoso.

“Carol”

Il sole mi costringe a schermare gli occhi con una mano, mentre lentamente avanzo in direzione delle due figure immerse nella luce, fa un caldo pazzesco oggi, e se non fosse che sto andando a parlare con la mia madre adottiva, probabilmente mi sarei risparmiato lo sforzo di indossare maglia e jeans, i boxer non li ho trovati.

“Harry, grazie al cielo! Non immagini quanto sia stata in pensiero! Nick è uscito fuori di testa non mi permetteva di entrare a chiamarti..e tu non hai risposto alle mie chiamate..perchè non hai risposto? Ora sei qui, andiamo, dobbiamo ancora prendere Louis dall’ospedale e..”

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