Capitolo Sei: Giù

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La settimana passò in maniera amara e complicata. Scappammo subito dopo aver verificato la morte di Alett per soffocamento indotto dalla magia di Alaska. Durante la fuga fui costretta a fermarmi in una stazione di servizio perché non riuscivo più a guidare per l'agitazione. L'immagine del corpo senza ossigeno del ragazzo più atletico di LandLake mi tornava sempre in mente. L'idea che l'avessi ucciso in parte anche io mi bruciava l'anima. Non avevo fatto nulla per fermare la forza omicida e vendicativa alla Coldorf, ero rimasta ferma confidando nel buon senso di Alaska. Il giorno dopo tutti piangevano la morte di Alett. I medici identificarono la causa del decesso in un semplice arresto cardiaco, qualcosa di plausibile. Non vidi Alaska per due giorni interi, lei era felice di quello che era successo, non provava alcun rimorso per aver ucciso un ragazzo adolescente. Lei lo considerava come una semplice pedina che stava per fare scacco matto alla propria regina, un insetto da eliminare al più presto. La notte dopo l'omicidio di Alett fu una delle peggiori nella mia vita. Non riuscivo a dormire, mi ritornava continuamente in mente l'immagine del suo corpo, del suo incarnato bianco pallido, ripensavo continuamente ai secondi trascorsi prima della sua morte. Durante quell'inferno di sentimenti, la mia coscienza dava ragione ad Alaska. Alett avrebbe sbandierato l'omosessualità latente che affliggeva Ali. Il giorno del funerale fu terribile, la famiglia era enormemente scossa dall'accaduto, tutti i suoi compagni di squadra e gli amici erano addolorati per la sua scomparsa. Il pastore gli dedicò un'intera messa: dopo alcune letture della Bibbia fecero suonare qualche canzone melensa all'intero della chiesa. Tutti salirono sul piccolo altare per spendere due frasi di commiato in onore dell'amico morto. Le parole "tenero", "dolce" e "sincero" si ripetevano in continuazione, così spesso da farmi dubitare che lo conoscessero davvero. In fondo si era firmato da solo la sua condanna, aveva stuprato e minacciato una ragazza. Sì, forse il gesto di ucciderlo era stato troppo estremo, ma comunque era stato giusto nei suoi confronti.

Alaska non si fece vedere per niente, tutti si stavano chiedendo dove fosse finita, persino Kim Prism. La celebrazione funebre finì dopo l'intervento di Rey, il suo migliore amico. Il suono delle campane scandì l'uscita verso il cimitero. Non ero mai andata al cimitero di LandLake, era quasi vicino alla nostra scuola ed era molto più curato dei normali cimiteri che si potevano osservare nel resto del mondo. Come se quest'atmosfera lugubre non fosse abbastanza, arrivò l'inverno in città. Il freddo circondò l'intera isola cospargendola di neve ed acqua. Ai lati delle strade si era depositata della melma scura. L'armadietto di Alett venne riempito di fiori per giorni interi, tutti passavano lì lasciando qualche ricordo o semplicemente accedendo una candela. Io non lasciai nulla perché per me non ne valeva la pena. Non ero triste per l'avvenuta scomparsa, ero...scossa.

Io sapevo chi era veramente Alett, sapevo che cosa aveva fatto e perché era morto: l'avevo ucciso io. Il comitato scolastico e quello sportivo decisero di posticipare le olimpiadi invernali di una settimana, in modo da dedicarle alla loro ultima perdita nel mondo sportivo. Nella scuola iniziò a circolare la voce che Rey volesse vincere a tutti i costi, aveva persino saltato giorni interi di lezioni per andarsi ad allenare. Alcune ragazze del gruppo A si legarono molto a me. Mi seguivano in ogni occasione e mi portavano i libri alle lezioni. Odiavo il fatto di avere delle serve, una di loro però mi spiegò in cosa consistessero le olimpiadi invernali. Aveva lo stesso modo di vestire di Alaska ma si chiamava Jenny. Dopo una lenta osservazione sulla differenza sostanziale degli addominali di Rey e quelli di Chuck, mi illustrò in cosa consistevano le olimpiadi di LandLake. Bisognava tuffarsi nel gelido e nero lago ed arrivare dall'altra parte della costa. Solamente pochi riuscivano a passare i primi turni per classificarsi in finale. Era un evento amato e acclamato da tutti i ragazzi della scuola, era una distrazione all'apatia continua che si respirava in questa città isolata dal mondo. Tutti, o meglio tutte, sapevano che il vincitore sarebbe stato sicuramente Rey, ma io non ero pronta a scommetterci. Tuttavia pensai che il dolore inflitto dalla morte del suo caro amico avrebbe potuto dargli una scarica adrenalinica e sentimentale. Ad ogni modo, a causa del funerale rinviai la mia cena privata con Dante Del Cardo al giorno prima delle olimpiadi inverali. Il ritorno di Alaska decretò la fine della settimana. Non era per niente scossa, era semplicemente... lei. Mi rivolse la parola solamente per chiedermi se stessi bene o se avessi detto qualcosa a qualcuno. Doveva prendersi le sue responsabilità, doveva capire il danno che aveva provocato. Il nostro legame guarì con un breve scambio di occhiate, dopo tutto mi mancava averla con me. I giorni passarono velocemente fino alla tanto attesa cena. Mi preparai due ore prima, scelsi qualcosa di semplice ma allo stesso tempo alternativo. Volevo sembrare normale ma unica. Indossai uno dei capi color panna di Alaska con delle ballerine in tinta.

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