Capitolo Diciassette: Festa

8 1 0
                                    

Fu un risveglio normale, in una classica Domenica normale.
Avevo ancora l'orecchio dolorante per la discussione al telefono con Dante. Naturalmente, vedeva la mia partecipazione alla Cruise Bell come un fatto personale, senza prendere in nessuna considerazione il ricatto del sindaco Coldorf che mi aveva imposto di venire, dato che senza la mia presenza non li avrebbe mai e poi mai fatti entrare.
Solo dopo qualche ora passata a urlare e a dichiararci pace eterna, giungemmo alla conclusione che avrei dovuto esserci anch'io su quel dannato traghetto.
Mentre parlavo con July, ripensavo alle parole di Mike riguardo Zachary, la nostra unica pista per poter capire chi fosse questo anonimo Mutaforma. Un alone di mistero circondava un singolo punto; ovvero la poesia del carillon, dalla quale c'erano ancora molte cose che dovevano essere svelate, come il ruolo di Savannah Prism in questa storia, il dettaglio della non consanguineità tra Rey e Kim, e il fratello scomparso di Rey ma qualcosa mi diceva che le avremmo scoperte presto.
<<Direi di abbinare delle scarpe nere, magari un paio di tacchi eleganti>>, mi consigliò July mentre preparava la colazione dandomi le spalle.
Fissavo i miei pancake con aria afflitta. Sicuramente Dante si stava impegnando ad elaborare una tattica per poter difendermi, mentre Alaska faceva l'amore con Kim immerse nei loro sentimenti più profondi. L'epilogo di questa storia sarebbe stato cruciale. Ci saremmo trovati a combattere contro un Mutaforma, che sicuramente non si sarebbe fatto uccidere tanto facilmente.
Sbuffai. <<Credo che mi vestirò in maniera elegante ma sobria>>, conclusi.
July si voltò fissandomi interrogativa. <<Qualcosa appesantisce le tue ore Aria?>> mi chiese.
Tagliai un pezzo di pancake. <<Non sono molto convinta di voler venire>>, risposi.
Appoggiò la schiena contro il bancone. <<Come mai?>>
<<Non lo so. Credo di non sentirmi a mio agio in quel tipo di ambiente>>.
Sgranò velocemente gli occhi. <<Beh, è vero, ma quel che mi hai detto ci saranno anche i tuoi amici ed il sindaco Coldorf ha insistito parecchio per la tua presenza. Non dovresti deluderlo>>.
Sia dannato Mike e i suoi inviti per queste cerimonie. <<Sarò sulla Cruise Bell, promesso>>, tagliai corto a quel discorso che mi stava dando sui nervi.

La giornata passò velocemente. Decisi con July di andare in un piccolo negozio a Sud di LandLake, dove vendevano vestiti sartoriali.
Un'anziana signora gobba e con i capelli ben raccolti continuava a portarci abiti creati dalle sue dita vecchie e fragili. Non ero mai stata in quella parte della città.
<<Come stai?>> mi chiese July dall'altra parte della cabina per la prova vestito, mentre cercavo di far entrare le mie gambe in quell'assurdo vestito a chiazze color oro. <<Non mi piace>>.
Dall'altra parte sentii mia zia sbuffare. <<Provo a portarti l'ultimo vestito>>.
Provai quest'ultimo abito e decisi che andava bene, era il vestito giusto per la mia morte imminente.
<<Pronta?>> domandò Rey venendomi a prendere.
Il cielo si era incupito su LandLake, avevo passato il pomeriggio a prepararmi con trucco e capelli. Alaska e Kim ci aspettavano vicino al municipio insieme a Dante e Lucrezia. Indossavo il vestito nero corvino che avevo comprato, era corto ma elegante allo stesso tempo. Rey portava uno smoking un po' sporco sulle spalle.
<<Pronta>>, ammisi con voce bassa. Spinse il piede sull'acceleratore e la macchina sfrecciò sulla strada fredda. Guardai per l'ultima volta la mia casa, come se fosse scontato che non l'avrei mai più rivista. Le casette piccole e appuntite di LandLake mi fecero ridere, avevo la fronte appoggiata sul finestrino gelido, cercando di non rovinarmi i capelli mentre Rey cantava una canzone alla radio urlando a squarciagola. Sbuffai, mettendomi in posizione eretta.
<<Avanti Aria!>>, mi incoraggio Rey abbassando la musica. <<Dopo questa sera sarà tutto finito>>, mi toccò una gamba con fare amichevole.
Mi morsi un labbro. <<Non lo so Rey, ho una strana sensazione>>.
Scosse la testa incuriosito, mentre fissava attento la strada. <<Cioè? Se ti riferisci a una brutta sensazione, stai tranquilla, si chiama istinto di sopravvivenza>>.
Mi grattai la punta del naso. <<No, non dico quella>>, chiarii. <<E se il Mutaforma fosse qualcuno che conosciamo? Anzi, che crediamo di conoscere? Dev'essere per forza qualcuno che è stato tra noi, anche se in secondo piano. Ok, ci può anche stare che qualcuno sia tanto furbo e astuto, ma a me sembra che ci abbia osservato in continuazione prima di attaccarci>>, spiegai, cercando di non far tremare la voce.
Fece una smorfia interrogativa. <<Beh, che il Mutaforma fosse di LandLake era chiaro fin dall'inizio credo>>, disse a voce bassa.
<<Sì, ma non è semplicemente un cittadino di LandLake, è qualcuno che ci è stato vicino ma che allo stesso tempo è stato così bravo a nascondersi dietro quella nube di mistero che solamente lui era capace di creare>>.
Avevo così tante emozioni addosso, così tante paure. Non sapevo quello che sarebbe successo da lì a poco, non sapevo cosa aspettarmi.
<<Non so che dirti Aria>>, cercò di tranquillizzarmi Rey. <<Ma credo che stasera avremo le risposte a tutto>>.
Parcheggiò vicino ad un negozio di antiquariato, quando scese si sistemò la giacca e tirò fuori il cellulare digitando un numero.
<<Chi chiami?> chiesi ad alta voce. C'erano molto persone che camminavano, tutte dirette verso la baia da dove spuntava una luce bianca pallida che illuminava il cielo.
<<Kim, dove siete?>>, rispose ignorando la mia domanda. <<Ok, arriviamo. Rimanete li>>.
Rey spense il telefono e mi fece segno di seguirlo. Ci facemmo largo tra la folla dei più ricchi di LandLake, una signora anziana portava una collana di perle e si riparava dal freddo con una lunga pelliccia bianca ed immacolata. Mi fissavano come se fossi un'intrusa, non avevo nessun abito firmato o cappotto costoso, ero semplicemente io.
<<Rey puoi dirmi dove stiamo andando?>>
Si fermò di colpo prendendomi per il braccio. <<Al municipio, ci stanno aspettando>>, mi spiegò fissandomi con i suoi occhi intensi. Riprendemmo il passo fino ad arrivare nei pressi del municipio.
Tra le mille figure spiccavano quelle di Alaska e Kim che si tenevano mano nella mano avvolte dai loro vestiti sofisticati. Alaska portava un abito lungo color azzurro Tiffany che le aderiva perfettamente sulle curve, mentre Kim aveva dei pantaloni grigi ed una camicetta nera.
Le abbracciai entrambe quando arrivai verso di loro. <<Ali, Kim>>, chiamai a voce bassa.
<<Alla fine Dante si è convinto a lasciarti andare lo stesso?>> mi chiese Kim.
Scossi la testa. <<No, tuo suocero mi ha obbligato a venire, altrimenti vi avrebbe impedito di salire con ogni mezzo>>, spiegai, quasi arrabbiata.
Aggrottò la fronte interrogativa. <<Quindi Dante ti ha lasciata andare anche senza che lui volesse, scusa?>>
<<Era del tutto normale, senza la mia presenza non ci sarebbero stati gli inviti per lui e per voi, quindi sono stata costretta a venire per il vostro bene>>, alzai il tono di voce.
Alaska fece qualche passo verso di me. <<Dov'è Lucrezia?>>
Feci spallucce. <<Non lo so>>, dissi. <<Rey, dov'è Lucrezia?>> mi rivolsi a lui.
Ci pensò un secondo su e poi mi fece una smorfia in segno di negazione. Il brusio continuo degli abitati mi fece irritare, il silenzio non una cosa contemplabile in quella notte.
Tra la folla emerse una figura vestita di rosso, un rosso fuoco.
Camminava sui tacchi a passi felini, girandosi ogni tanto per fissare male qualcuno.
<<Lucrezia>>, sussurrai tra me e me.
Arrivò verso di noi fermandosi e sorridendoci, Rey continuava fissarle la gigantesca scollatura che aveva sul petto. <<Oh mio Dio! Del Cardo, quando facciamo sesso?>> esclamò.
<<Quando il tuo pisello non assomiglierà più a un fagiolino, Prism>>, lo attaccò violentemente.
Feci qualche passo verso di lei. <<Lucrezia, è una festa elegante, non la premier di un film porno! Il vestito è molto bello, ma non credi sia troppo eccessivo?>> mormorai.
I suoi occhi mi squadrarono con cattiveria. <<Cuore, non credo che il mio outfit sia paragonabile al tuo. Gesù santissimo, sembra che tu debba andarti a sposare dentro un granaio mentre un prete messicano cerca di pronunciare la parola "amen" senza che sembri il nome di un profilattico>>, poi alzò lo sguardo. <<Comunque, dobbiamo aspettare mio fratello prima di avviarci, mi ha detto di avere un piano fantastico per stasera>.
Era vero, Dante non si era ancora fatto per niente vedere.
<<Aspettavate me?>> disse una voce alle mie spalle.
Girandomi vidi Dante vestito nella maniera più elegante di sempre. Portava una giacca nera che copriva una camicia bianca esaltata da una cravatta di seta. I pantaloni neri erano quasi attillati alle sue enormi cosce ed a completare il tutto c'erano un paio di scarpe nere lucide molto ricercate.
Corsi verso di lui e lo strinsi forte baciandolo. <<Ti aspettavo da sempre>>, gli sussurrai nell'orecchio. Mi sorrise trasmettendomi un po' di amore per la mia presenza lì.
<<Allora, quale sarebbe questo piano fantastico, fratellino?> urlò Lucrezia facendoci girare.
Alaska, Kim e Rey ci fissavano con un sorriso, arrivammo verso di loro facendo qualche passo.
<<Il Mutaforma ci aspetta subito dopo il ringraziamento finale, giusto?>> ci chiese.
Annuimmo tutti quanti tranne Lucrezia. <<Dobbiamo tardare il nostro arrivo e colpire con l'effetto sorpresa, ma soprattutto dobbiamo fargli credere di aver paura di lui, così potrà allontanarsi e sarà li che lo colpiremo>>, spiegò.
<<Una domanda>>, disse Kim sporgendosi più avanti. <<Come facciamo a sapere che il Mutaforma non si presenti in una forma falsa invece che in quella reale? L'unica cosa che sappiamo è che ha la nostra età, ma non abbiamo dettagli a sufficienza per identificarlo con certezza. Inoltre, cosa succederebbe se lo uccidessimo nella sua forma falsa? Se dobbiamo fare questa cosa, almeno facciamola per bene!>> dichiarò con una certa incertezza nella voce.
<<Adesso risponderò io lesbica numero due>>, si aggiunse Lucrezia. <<Se si uccide il Mutaforma nella sua forma falsa muore la persona di cui ha preso la forma>>.
Kim annuì. <<Ok, ma come facciamo a capire se quella è la sua vera forma o no?>>
Lucrezia fece spallucce. <<Non lo so...ma ho letto una teoria su un libro che ho a casa. Il piano di Dante va bene, naturalmente il Mutaforma si fida di Aria e quindi dovremmo stare tranquilli sul fatto che si presenti nella sua forma reale, ma, per esserne più sicuri, bisogna fare una cosa. Una di voi sgualdrinelle ha per caso uno specchietto in borsa?>> domandò nel suo classico tono acido.
Cercai nella mia borsa e lo stesso fecero Alaska e Kim, ma niente.
<<Ce l'ho io!>> esclamò Rey dalla parte opposta alla mia, subito dal taschino interno tirò fuori un piccolo specchio a forma di cerchio.
Lucrezia lo fissò perplessa. <<Ok, ne parleremo un altra volta del perché tu abbia uno specchietto dentro la giacca, Prism>>, fece un ampio respiro. <<Un Mutaforma odia cambiare forma, gli piace rimanere nella sua forma reale, anche se ciò può portarlo alla morte. Se con questo specchio gli facessimo vedere il suo riflesso, non avremo nemmeno il tempo di dire "Alaska puzza" che lui già si ritroverebbe nella sua vera ed originaria forma. A quel punto, potremo ucciderlo>>, disse a voce alta. Rey socchiuse gli occhi con fare interrogativo. <<Scusa, allora perché non abbiamo provato ad utilizzare prima questo metodo?>>
Lucrezia sbuffò. <<Perché non abbiamo mai avuto un contatto diretto e organizzato con il Mutaforma, cretino>>, sentenziò.
<<Comunque>>, si intromise Alaska bloccando un'ennesima lite, <<credo che dobbiamo andare e seguire le indicazioni di Dante. Dopo che mio padre ringrazierà tutti, aspetteremo due minuti prima di andare sul ponte, chiaro?>>
Detto ciò seguimmo Alaska e passammo per una scorciatoia dietro al municipio. Strinsi la mano di Dante fissando avanti, cercai di rimanere calma e tranquilla. Ogni tanto Rey si girava per vedere come stessi e Kim ed Ali facevano lo stesso.
Arrivati alla baia, lo spettacolo che ci trovammo di fronte fu unico. L'enorme traghetto che permetteva il passaggio da LandLake alla terra ferma era decorato con luci bianche poste lungo tutto il suo perimetro. All'interno si riusciva a vedere un bagliore candido e si sentiva una musica classica risuonare nell'aria soave. Tutto l'ammasso di persone convogliava vicino all'ingresso, sulla passerella di legno. Un cartellone bianco con le scritte in oro diceva: "Benvenuti sulla Cruise Bell".
Mi alzai il vestito attenta a non sporcarlo. <<Mi aspettavo di più>>, constatai a bassa voce.
Il sindaco Coldorf aveva fatto tanto per invitarmi che credevo avesse placcato l'intera imbarcazione d'oro solo per me. Ovviamente non gli era ben chiaro il concetto di eleganza.
Dante si schiarì la voce. <<Anche io, sai? Lascia stare che è la prima volta che vengo qui, ma mi aspettavo davvero molto di più. Tipo ometti bassi che suonano trombe con grazia e regalità>>, scherzò. Risi. <<Non ci posso credere che oggi finirà tutto>>, sospirai speranzosa.
Chinò la testa verso di me. <<Potrebbe finire tutto, così come iniziare tutto>>, dichiarò un po' severo. <<Perché dici questo?>> domandai rallentando il passo.
In quel momento mi ricordai del discorso sull'immortalità di Dante e dei Dragonter, loro potevano scegliere se essere eterni oppure no, non capii perché mi venne in mente quella cosa.
<<Teorie su teorie>>, commentò. <<Soprattutto odio il fatto che tu sia qui>>, ammise.
Mi morsi un labbro. <<Lo so, ma, come ti ho già detto, il sindaco Coldorf mi ha impedito di fare il contrario. Dante, se fosse stato per me a quest'ora starei a casa mangiando un gelato in scatola>>.
Fece un profondo respiro. <<Questo non ti obbliga certo a partecipare al finale>>.
Scossi la testa fermandomi di scatto. <<Questo cosa dovrebbe significare?>> chiesi fissandolo.
Rivolse lo sguardo alla barca e poi a me. <<Che puoi anche rimanere in disparte quando noi andremo sul ponte a combattere contro il Mutaforma>>.
Avevo ricominciato a difendermi, a togliermi dalla mente il coinvolgimento continuo con lui. Continuava a bloccarmi, a non rendermi partecipe delle sue decisioni.
<<Se è questo che tu vuoi, va bene>>, tagliai corto ricominciando a camminare con lo sguardo rabbuiato. Con la coda dell'occhio vidi che stava ridendo. <<Perché ridi?>> continuai.
<<Mi fa ridere il fatto che tu lo veda come un obbligo e non come una mia necessità>>, spiegò. <<Non voglio tagliarti fuori perché voglio essere superiore a te, voglio tagliarti fuori perché devo difenderti, è un mio compito difenderti, Aria. Se non fosse stato per la nostra relazione, a quest'ora non avresti avuto tutti questi problemi>>.
Accelerai il passo, mancava poco all'arrivo. <<Lo so>>, mi calmai. <<Però, promettimi che lo ucciderete una volta per tutte, promettimelo. Io vi aspetterò all'uscita, non fatemi morire dall'ansia, vi prego>>, chiesi supplichevole.
<<Tranquilla, ti fidi di me?>> si fermò nuovamente accarezzandomi il volto.
Annuii silenziosamente. <<Non lasciarmi>>.
Mi diede un bacio e corremmo verso l'ingresso addobbato nella maniera più trionfale del mondo.
<<Ho bisogno di alcool>>, si lamentò Lucrezia in fila. Le persone cominciavano ad entrare poco alla volta dentro il traghetto lasciando i loro nomi ad un buttafuori all'ingresso. C'erano molti intrusi che vidi ritornare indietro per il fallimento del loro piano.
<<Momento, momento>>, mi girai verso Alaska, Kim e Rey. <<C'è anche gente che si imbuca a questa festa?>> chiesi stizzita.
Alaska annuì amareggiata. <<Mio padre mi ha raccontato che spesso entrano nuotando>>.
Pian piano arrivammo vicino al bodyguard alto e grosso.
<<Nomi?>> ci domandò con voce severa. Portava un auricolare nell'orecchio.
Tutti gli occhi furono puntati su di me. <<Aria Rimmer, Alaska Coldorf, Kim Prism, Rey Prism, Dante Del Cardo e Lucrezia Del Cardo>>.
<<La più figa di tutte>>, aggiunse Lucrezia dietro di me.
Parlò ad un piccolo microfono vicino al collo e ci fece segno di entrare con un sorriso.
Una volta entrati, la cosa che ci sconvolse di più fu quanto il solito traghetto puzzolente fosse stato rivoluzionato per quella festa. I camerieri portavo tutti il cravattino color oro, passavo in continuazione a chiedere se dovessimo posare il cappotto. La puzza di pesce che di solito si sentiva era stata sostituita da un pregiata fragranza al gelsomino. Una musica classica si udiva al piano di sopra, le persone mormoravano appena e ridevano soddisfatte per il loro potere. Il pavimento era coperto da un tappeto rosso elegante con alcune sfumature in oro. Seguimmo le indicazioni e poggiammo i nostri indumenti al guarda roba, dove stava lavorando un ragazzo della nostra scuola. Si camminava facilmente nei vari ambienti, l'intero mezzo poteva contenere molte persone, perciò non c'era il problema dello stare stretti. Salimmo al primo piano e ad ogni angolo c'era un tavolo con sopra i nomi dei commensali. Un servizio di porcellana finissima spiccava illuminato da un lampadario di cristallo, per un secondo mi ricordò l'hotel di Boston. Dopo la sala con i tavoli, c'era un'altra sala con un palco dove suonavano dei signor anziani con strumenti a corda e un pianoforte nero. <<Praticamente è diviso in due ambienti>>, disse Rey. <<Da quella parte la sala per cenare e da questa la sala per ballare, qui avverrà il ringraziamento del sindaco Coldorf>>.
<<Però Rey!>>, commentò Lucrezia. <<Per essere uno che scopa molto hai il cervello che ti funziona ancora>>.
<<Io mi chiedo una cosa: dove sono finite tutte le cose che stavano sul traghetto?>> si domandò Kim.
Feci un lungo respiro. <<Andiamo a mettere qualcosa nello stomaco>>, tagliai corto.
Le pietanze erano ottime: caviale con insalata italiana fresca e, per secondo, una spigola dorata proveniente dal medio oriente ed adagiata su un letto di patate gratinate francesi.
Il sindaco Coldorf non aveva badato a spese per questo evento; avevo lo stomaco chiuso, ero troppo agitata, il mio sguardo era sempre fisso verso gli ospiti che parlavano e parlavano senza mai fermarsi. Le risate dovute a qualche battuta stupida risuonavano violentemente nella mia testa.
Dante, Alaska e Kim si guardavano intorno per capire se ci fosse qualcosa fuori dal normale, fuori dal contesto in cui stavamo. Lucrezia aveva preso una bottiglia di Champagne dal tavolo vicino come se nulla fosse e se la stava scolando in un piccolo bicchiere lucido.
Mandò giù un altro goccio. <<Che mortorio, se sento ancora musica in stile "Fine del Titanic" giuro che mi sparo su una tetta a freddo>>, esclamò annoiata.
<<LUCREZIA!>> dissi con volte alta.
<<Sì, mi chiamo così>>, commentò.
<<Ragazze calmatevi e ricordate l'obbiettivo della serata>>, si intromise Kim facendo un gesto pacifico per allentare la tensione.
Stringevo la mano di Dante tanto forte che ad un certo punto allentai la presa pensando di fargli troppo male. Anche se avevo giurato che quella sera sarei rimasta in disparte, ero tesa come una corda di violino. Avevo paura per l'incolumità dei miei amici, avrei voluto guardare la scena anche da lontano, ma almeno esserci. Alaska, prima dell'arrivo del dolce, si arrabbiò per la richiesta di Dante e così anche Rey. Ma nessuno di loro capiva che il vero problema era la mia vita e non la sua.
<<Perché è tutto così...eccessivo?>> chiesi fissando la scena.
I tavoli bianchi erano sparsi qua e là senza un ordine logico, vi erano uomini illustri e donne vestite per bene, oppure amanti vestite per bene con i soldi degli uomini illustri.
Lucrezia fece spallucce mandando giù altro champagne nella gola. <<É normale, siamo alla Cruise Bell, l'evento più elegante e raffinato di MerdaLake>>, constatò con fastidio.
Dante si portò la mano al mento. <<Se non fosse stato per il Mutaforma, non sarei mai salito qui>>.
Alaska sbuffò sarcastica. <<Pensa che io ci vengo ogni anno qui, a sentirmi dire da anziani probabilmente pedofili che sono molto carina e che assomiglio tutta a mia madre>>, dichiarò.
La cena finì e un ragazzo ci chiese di salire al piano superiore perché stavano per iniziare le danze cerimoniali. Il motivo calmo che si udiva prima nell'aria era stato sostituito da una canzone imperiale in stile francese.
Dante mi prese le anche, Rey fece lo stesso con Lucrezia e Alaska con Kim. In pochi secondi ci ritrovammo a ballare una sorta di valzer ondeggiando nella pista.
Una signora sulla sessantina castana era al centro del palco con una voce potente e forte. Facevo delle mosse buffe, continuavo a guardarmi intorno con la speranza di vedere July o il sindaco Coldorf.
<<Perché ti guardi intorno Aria?>> mi chiese Dante notando i miei occhi.
Presi un ampio respiro concentrandomi sui passi da fare. <<Nulla, sono agitata>>.
Mi fece fare una giravolta su me stessa. <<Non temere, tranquilla>>, mi rassicurò.
<<Non riesco a stare tranquilla, tra queste persone c'è il Mutaforma e noi non sappiamo chi egli sia>>, moderai il tono di voce.
Si avvicinò con la testa al mio orecchio. <<Manca poco al ringraziamento del sindaco. Credo che ci sarà ancora un altro paio di balli, qualche pomposo convenevole e poi arriverà l'ora x. Da quanto tempo siamo qui sopra?>>
Scossi la testa lentamente. <<Un'ora o forse di più. Il fatto che l'intera nave si muova non è molto piacevole se hai mangiato del caviale o bevuto un sorso di qualche alcolico>>, constatai.
La musica finì, ci lasciammo di colpo per applaudire a tutti i presenti.
<<Lucrezia dov'è?>> chiesi, dopo essermi accorta che mancava all'appello.
Vidi Rey seduto su una panchina nel lato occidentale delle sala e corsi verso di lui trascinandomi dietro Dante frettolosamente. <<Rey?>> dissi a voce alta una volta arrivata. <<Dov'è Lucrezia?>>.
Fece una strana smorfia con la bocca. <<Sta vomitando>>, indicò il punto fuori con la testa.
Buttai fuori l'aria dalla bocca con la speranza di calmarmi. <<Dante stai con Rey, io vado a parlare con Lucrezia>>.
Gli diedi un bacio veloce e mi feci largo tra la folla stando attenta a non rovinare il vestito. Sul ponte di comando, vicino ad una balconata, vidi un figura rossa piegata sul corrimano fare dei versi alquanto grotteschi. Alcuni passeggeri si allontanarono indispettiti da quel comportamento.
<<Lucrezia>>, sussurrai avvicinandomi verso di lei. <<Dovevi bere di meno>>.
Era piegata, i lunghi capelli neri le coprivano il volto. Alzandosi, si pulì con il dorso della mano cercando di non rovinare il trucco. <<É l'alcool che beve me, si beve per dimenticare>>.
Feci qualche passo in più. <<Sì ma tu usi troppe cose per dimenticare, hai troppi vizi>>.
Si mise con le braccia poggiate sulla balaustra di legno, lo sguardo fiero era rivolto alla foresta.
Le acque del lago che si muovevano sotto di noi facevano un rumore infernale.
<<É scientificamente provato che l'essere umano non vive senza avere almeno un vizio, anche se fosse il più stupido o il più cretino. Tutti abbiamo qualcosa a cui aggrapparci, come l'amore>>.
Non avevo mai sentito questo tono di voce così calmo da parte sua.
<<Beh, siamo forti solamente insieme>>.
Rise freddamente. <<Sei una ragazza fortunata Aria, sei una ragazza davvero fortunata>>.
Alzai un sopracciglio mettendomi comoda come lei. <<Allora non mi conosci bene. Non tutti possono vantare dei poteri come i tuoi e una bellezza come la tua, quindi credo che quella fortunata qui in mezzo sia tu>>, le feci notare alzando il tono di voce.
<<Non posso usare i miei poteri per ciò che voglio, sai come funziona: posso usarli solo per aiutare qualcuno o per regolare la natura, dato che noi streghe serviamo per far rispettare le leggi mistiche. E la mia bellezza, come la bellezza in sé per sé, è un fattore vanesio e secondario nella mia vita. Ormai la gente si ferma solo alle apparenze. Guarda queste persone, ecco, loro sono fortunati>>, disse indicando gli invitati della Cruise Belle. <<Possono decidere da un secondo all'altro se andare alle Maldive o comprarsi un'isola alle Maldive, possono regalare al figlio una nuova macchina, trovargli un lavoro. Io qui mi trovo in difficoltà, queste persone non mi appartengono>>.
<<Sono vuote dentro Lucrezia, dentro magari hanno sofferto quasi quanto noi>>, risposi rapidamente.
<<Io più di tutti>>, disse sistemandosi i capelli. Ci fu un secondo di silenzio riempito dalla musica che si udiva lì vicino. <<Ti ricordi quando ti chiesi come si diventa una strega e tu mi rispondesti con un bacio?>>, domandai sperando che fosse abbastanza lucida da ricollegare il ricordo.
<<Sì, con un bacio>>, rispose come se volesse continuare la frase.
<<Beh>>, esclamai. <<Credo che adesso sia il momento giusto per parlarmene, sia di questo che della tua storia. Puoi anche tenertela per te, sia chiaro, è solo che sono curiosa>>, confessai.
Si girò verso di me fissandomi negli occhi. <<Come mai?>>
Ricambiai lo sguardo. <<Boh, non ho mai saputo tanto di te e sembra che l'unico momento in cui qualcuno possa parlarti sia dopo che hai vomitato l'intera cena>>, scherzai.
Lei rise felice, ritornando a fissare il lago. <<La mia storia non è come quella di Dante, non è come quella di Alaska o di Rey o di Kim. La mia storia è più personale, solamente mio fratello la conosce>>.
<<Non abbiamo mai parlato così>>, mormorai cambiando discorso.
<<Ho sempre attaccato le persone, mi credevo superiore al mondo e credevo che tutto mi fosse dovuto. Ma alla fine mi sono ritrovata a New York, senza un soldo, racimolando spiccioli per un hamburger. Per questo non sono venuta sotto il periodo delle feste, perché avevo ancora dei sentimenti marci legati a quella città e volevo tenerli per me>>, chiarì.
Mi bagnai le labbra velocemente. <<Non ti giudicherò>>.
<<Tutti lo fanno>>, riprese alla svelta.
<<No, io no>>, mi girai verso di lei. <<Io non giudico le persone, tutti possono soffrire e avere momenti bui. Io ne ho avuti fin troppi nella mia vita, credevo che avrei vissuto sempre all'ombra del mio dolore, dimenticandomi di cosa fosse giusto e di cosa non lo fosse, ma guardami ora. Sono ad un evento elegante in una città sperduta nel mondo aspettando la morte di un Mutaforma. Il mio ragazzo è un Dragonter e la mia migliore amica è una sirena>>.
<<Con questo cosa vorresti dire?>> chiese.
Aspettai un secondo prima di rispondere. <<Che tutti possiamo cambiare, anzi, che tutto può cambiare>>, confessai.
Lei rimase zitta fino a quando non si schiarì la gola e iniziò a parlare. <<Si diventa una strega quando baci qualcuno che abbia il Simbolo. Il Simbolo non è altro che l'emblema, il punto da cui trai la forza, senza di quello sei una nullità. Ma la mia storia inizia da un altro punto.
Mio padre aveva mille progetti per me, voleva portarmi in alto nella sua azienda, diceva in continuazione che Dante non sarebbe stato in grado di portarla avanti, che c'era bisogno di qualcuno con un gran carattere, qualcuno come me. Mi metteva sotto pressione, non sopportavo i suoi progetti su di me e perciò decisi di mollare tutto. Tirai fuori le valigie, puzzavano ancora di panni puliti e buste per la spesa, dentro c'era anche un po' di sabbia. Con i nostri genitori andavamo sempre in Italia, lì le spiagge sono molto belle e luminose, spesso ci passavamo intere estati.
Ci misi dentro l'essenziale, ci misi dentro quello che mi sarebbe servito per tutta la vita. Ero convinta di potercela fare, avevo letto sulle riviste che molte persone avevano cominciato con poco e niente, avendo solamente il coraggio.
<<Presi il treno per New York, i miei genitori continuavano a chiamarmi, continuavano a farmi squillare il telefono. La loro piccola bambina era scappata di casa, il loro investimento perfetto non c'era più, sparito. Loro non sapevano nulla di me, non conoscevano le mie problematiche, non ascoltavano mai quello che avevo da dirgli.
Una volta arrivata a New York rimasi senza fiato vedendo i palazzi che toccavano il cielo e le macchine impazzite correre qua e là. Mi pagavo la camera di uno sporco Motel con qualche dollaro a settimana, il proprietario era gentile con me. Trovai lavoro in una tavola calda vicino alla fermata della metro, fu l'unico sbocco economico che riuscii ad ottenere. Però, devo dire, mi piaceva molto. Più passava il tempo e più facevo amicizia con i clienti, ogni mattina chiedevo sempre " per te il solito?", mi ero fatta una vita tra hamburger ben cotti e primi del giorno.
Una sera di maggio arrivò lui. Era un uomo alto, con i capelli raccolti e il viso pulito. Era vestito in maniera semplice, ma con un leggero tocco di eleganza ed originalità. Non mi disse il suo nome, nemmeno dopo avermi chiesto di uscire una volta che fosse finito il mio turno.
Accettai di buon grado. Mi portò in un parco vicino Lenox Hill, era perfino piacevole stare con lui, continuavo a sfogarmi dei miei problemi; lui mi disse che mi aveva notato molto spesso alla tavola calda, solo che non riusciva a farsi avanti e questo mi rallegrò moltissimo. Passeggiando ci ritrovammo davanti una buca enorme scavata nel terreno, la fissai per po', nel voltarmi per chiedere a lui cosa fosse sentii un colpo fortissimo alla tempia e caddi a terra. Non mi ricordo esattamente cosa successe dopo, mi ricordo solo pezzi, momenti. So solo che quando mi risvegliai ero dentro quella buca, in quella bara di terra, e lo vidi con una pala in mano>>.
Avevo lo sguardo fisso verso il vuoto, con la bocca leggermente spalancata per lo stupore.
<<Lucrezia>>, furono le uniche parole che mi uscirono dalla bocca.
<<No, non voglio sentire pietà nella tua voce Aria>>, riprese leggermente stizzita.<<Voglio che continui ad ascoltare>>, mi consigliò.
Annuii, silenziosamente e con il cuore in gola. Ormai la musica di sottofondo era sparita, l'unico rumore percepibile era la sua voce.
<<Cominciai a riprendere conoscenza velocemente, urlai fortissimo ma sembrava che non uscisse fiato dalla mia bocca. Ero lì che pregavo qualcuno di aiutarmi e lui di non farmi del male. Pensai a mio fratello Dante, ai miei genitori e intanto chiedevo di vivere, chiedevo pietà. Ho cominciato a pensare che tutto questo non sarebbe successo se fossi rimasta a LandLake, che per colpa della mia scelta stavo quasi per essere sepolta viva da uno squilibrato>>.
<<Perché quasi?>> chiesi bloccandola.
Fece un lungo respiro. <<Perché poi arrivò lui. Secondo le streghe esiste un principio chiamato "giro", secondo il quale due persone che si amano sono destinate ad incontrarsi sempre e per sempre. Si chiamano magie involontarie, ovvero magie che non operano le streghe ma che succedono per motivi sconosciuti, operati da un'intelligenza superiore il cui volere è imperscrutabile; puoi chiamarla destino o provvidenza se ti rende il concetto più facile>>, spiegò suscitando la mia curiosità.<<Fu lì che lo incontrai, il maniaco lo vide e corse lontano lasciando la pala a terra. Mi ritrovai di colpo in un lettino all'interno di un ospedale, i medici mi dissero che avevo perso i sensi e che la polizia era alla ricerca di chi mi aveva fatto del male. Per un momento ringraziai qualcuno lì su per avermi salvata, ma poi mi ricordai dello sconosciuto che mi aveva tirata fuori da quell'orrore. Chiesi di lui all'infermiera e mi disse che aveva aspettato il mio risveglio per tutta la notte. Quando entrò nella stanza rimasi meravigliata dalla sua bellezza. Era un uomo sulla trentina, aveva un trench lungo blu quel giorno, non riesco a dimenticarmelo. Nemmeno lui mi disse subito il suo nome, mi chiese se stessi bene e perché mi fossi ritrovata in quella situazione. Gli raccontai di dove lavorassi e di dove vivessi, gli parlai di me senza nessun timore, sentendomi libera di potergli dire tutto. Mi innamorai di lui lentamente, ogni giorno mi regalava continue certezze. Dopo un mese andai a vivere da lui, non era importante la differenza di età, aveva un piccolo appartamento a Lower West Side e un cane di nome Pongo che lasciava un'infinità di peli sul pavimento. Il suo nome era Bastien, era di origine francese e viveva a New York da molti anni come traduttore. Era tutto perfetto, noi eravamo perfetti e l'amore che provavamo a vicenda lo era. Solo una cosa mi bloccava: lui non voleva essere baciato. Mi diceva solamente che non voleva, senza altre spiegazioni; avevamo fatto l'amore senza baci, senza toccarci le labbra. Un po' mi mancava quella cosa e quando gli facevo notare questo fatto mi rispondeva sorridendomi. Non riuscivo a capire il perché di quella strana fobia, ma la accettai lo stesso per l'amore che provavo nei suoi confronti. Una sera andammo a cena da Rodolfo, un ristorante italiano vicino a Madison Square. Non ricordo il perché, ma quando ci alzammo dal tavolo lo baciai, di colpo. Lui intimorito cominciò a dimenarsi e ad urlare dentro il ristorante fino a quando mi spinse contro il muro e scappò.
<<Non lo vidi mai più, scappò via da New York, a casa non rimase niente di lui, solo i vestiti che ogni tanto annusavo. La mattina dopo mi svegliai con un dolore sul bacino inteso, andando in bagno vidi un simbolo strano sulla pelle, come se vi fosse stato inciso. Cominciai ad urlare fino a quando in una visione mi apparve la Suprema che mi disse che ero diventata una strega e mi spiegò tutto riguardo al Simbolo e al "lavoro" delle streghe. Mi invitò a tornare a casa, a LandLake, così sarebbe potuta venire per insegnarmi le basi della stregoneria e i vari incantesimi. Così tornai tra le braccia di mio fratello e quelle dei miei genitori. Il pomeriggio andavo nella foresta per imparare dalla Suprema a padroneggiare la magia, chiedevo sempre di Bastien e mi domandavo tra me e me perché non fosse rimasto con me, perché fosse scappato via. Si limitò a raccomandarmi di non baciare nessuno e di stare attenta. Ecco, è così che si diventa una strega, Aria>>.
Collegai tutto nella mia mente. <<Quindi, il Simbolo è trasmissibile solo con un bacio?>>
Rise, facendo una smorfia strana. <<No, Aria, non c'è solo il bacio. Il bacio è il mezzo, ma deve prima esserci l'amore. Quante volte ho baciato qualcuno qui a LandLake perché ero estranea sentimentalmente? Non ho mai voluto provare amore per non incorrere in nessun pericolo>>.
La abbracciai di colpo, ero felice che mia avesse raccontato una cosa simile, dalla fatica con cui ne stava parlando si vedeva che non l'aveva mai detto a nessuno.
<<Grazie>>.
<<Di cosa?>> chiese allontanandosi lentamente da me.
<<Di avermi raccontato questa cosa, questa storia>>.
Chinò la testa leggermente. <<Vorrei spiegarti di più ma adesso c'è poco tempo, dobbiamo rientrare, abbiamo altre faccende da sbrigare>>, disse facendomi segno di entrare.
Prima di varcare la porta che si affacciava sulla sala principale, la fermai. <<Come hai fatto ad andare avanti tutto quel tempo senza andartene?>>
Fece spallucce mentre mi spingeva dentro. <<Forza di volontà?>>
<<No, no>>, scossi le mani. <<Come hai fatto a stare con questa persona senza poterla mai baciare?>>
<<SIGNORI E SIGNORE GRAZIE DI ESSERE QUI!>>, urlò il sindaco Mike dal palco. Mi alzaii sulle punte così da vedere meglio: era iniziato il ringraziamento.
Lucrezia fissò la fonte di quel rumore. <<É iniziata, Aria rimani qui e non uscire per nessun motivo al mondo, non voglio discutere con mio fratello! Ci vediamo dopo>>, fece per andarsene quando di colpo tornò indietro avvicinandosi a me. <<Noi amiamo con il cuore Aria, non con il corpo>>, rispose alla domanda che le avevo posto prima.
Quando mi voltai, già non c'era più.
Improvvisamente provai tutta l'ansia del mondo, feci dei respiri lenti per tranquillizzarmi, tentando di rimanere calma e lucida. Sentivo il sindaco Mike parlare ed esprimere quanto si sentisse onorato per questa serata. Prima di addentrarmi nella folla, rivolsi un ultimo sguardo a dov'era scomparsa prima Lucrezia e feci un lungo respiro. La sala era tutta piena, le persone fissavano la figura in giacca e cravatta del sindaco di LandLake sul palco. Passai tra la folla fino a ritrovarmi al centro.
Un'ovazione generale mi fece sussultare. <<Grazie, grazie a tutti>>, disse il sindaco sorridendo.
Non consapevole di dove fossero, mi guardai intorno nella speranza di ritrovare il volto di Rey, di Dante o Alaska. Si saranno riuniti da qualche parte per parlare, per organizzarsi al meglio. Io ero qui, al sicuro, come avevo promesso a Dante e a me stessa. Sarebbe finito tutto stasera, ogni cosa avrebbe avuto il suo epilogo e questo non faceva altro che rilassarmi. Potevamo avere una vita normale e finalmente essere liberi.
<<...e vorrei ringraziare il signor Callawher per il servizio posate>>.
Se non fosse stato per Zachary e per la mia debolezza, a quell'ora non saremmo mai stati pronti, saremmo stati ancora a casa Del Cardo a scrivere su una lavagna i mille pezzi della filastrocca di Savannah. C'erano ancora tante cose da risolvere, ma, tempo al tempo, si sarebbe sistemato tutto. Ripensai alle ultime parole di Lucrezia, al fatto che le persone si innamorano del cuore, chissà se fosse vero.
<<...e anche il contributo della ditta Loker è stato fondamentale>>.
Sentii un calcio immaginario colpirmi in pieno petto, facendomi sussultare. Il mio cervello collegò tutto in un microsecondo facendomi mancare il fiato.
Il Mutaforma ci aveva ingannato, i Mutaforma non possono amare.
Aveva pensato che sconvolgere i miei sentimenti l'avrebbe aiutato ad arrivare fino a noi; si era servito di me, di una bambina senza speranza.
Non era mai esistito un accordo, non c'era stato mai nulla.
A stento riuscivo a respirare, mi sforzai di non svenire o vomitare.
<<Ma il ringraziamento fondamentale, va a voi amici, amici miei, solo a voi. Grazie e godetevi la serata>>, il signor Coldorf terminò il suo discorso con una forte ovazione generale.
Quando il sindaco sparì dietro una porta strinsi i pugni e corsi fuori facendomi largo tra la folla. Li avevo condannati a morte, il Mutaforma era ancora una volta avanti a noi. Il motivo per cui voleva avvicinarsi a me era perché ero l'anello debole, Dante aveva ragione.
Correvo asciugandomi le lacrime mentre cercavo le scale con gli occhi e il rumore dei miei tacchi risuonava sul legno. Vedevo i boschi che circondavano i lago sempre più scuri, respiravo affannosamente mentre correvo verso il balcone principale sperando di non trovare per primi Dante e gli altri. Li avevo condannati a morte e l'unico modo per salvarli era solamente uno: affrontare il Mutaforma da sola. Io li ho trascinati in questa trappola pensando che la mia furbizia potesse darci un vantaggio, si era servito del mio stesso piano. Sapeva perfettamente che lo stavo ingannando, sapeva tutto, il suo unico obbiettivo era quello di prendere i poteri dei miei amici e così volendo ha architettato tutto quanto. Era sempre un passo davanti a noi.
Una volta arrivata sul balcone principale mi accorsi che era vuoto, era un'aerea a forma di enorme semicerchio che si affacciava sulla poppa della nave, contornata da una balaustra di legno. Feci qualche passo in avanti verso il corrimano e mi affacciai, vedevo le onde del lago muoversi grazie alle pale della Cruise Belle che lasciavano una scia bianca su questo fondale nero.
Un rumore di passi dietro di me mi fece girare di colpo.
<<Alaska non è qui signor Coldorf>>, dissi calmandomi e cercando di sorridere.
Lui ricambiò il sorriso ma in maniera più fredda, fece qualche passo verso di me con le mani in tasca. Il vento mi scompigliò i capelli e il silenzio tra di noi venne riempito dal rumore delle onde.
<<In verità non cercavo mia figlia>>, disse con voce bassa a pochi centimetri da me. <<In verità cercavo te>>.
Scossi rapidamente la testa stupita. <<Perché voleva me, signor Mike Coldorf?>> Avevo le spalle contro la balaustra, una lieve spinta e sarei scesa giù, nell'acqua gelida. Ogni tanto fissavo l'entrata del balcone nella speranza di vedere qualcuno.
<<Quante volte devo ripetertelo Aria>>, sussurrò.
E fu lì che ebbi la consapevolezza dei nostri sbagli, capii il percorso sbagliato che avevamo intrapreso. Eravamo totalmente fuori pista, tutto quello che conoscevamo si stava rivelando falso.
<<I Mutaforma non hanno un nome>>.


DragonterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora