Capitolo Undici: Storie

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Alla fine non era niente di che, sembrava che sapesse qualcosa su di lui ma invece non aveva alcun informazione rilevante. Voleva che lo tenessi d'occhio perché era a conoscenza del suo atto piromane di qualche anno fa; chissà come mai nessuno della polizia o del mio corso si fosse chiesto la stessa cosa. Ad ogni modo, ci salutammo con un sorriso amaro e intriso di dubbi. Non salutai nemmeno July una volta uscita dal suo ufficio, avevo già una metà precisa dove andare e non potevo perdermi questo evento in nessun modo.
Per fortuna, mi ritrovai subito a casa dei Del Cardo.

Trovandomi di fronte alla porta, esitai prima di suonare il campanello. Una volta che avrei varcato quella soglia, tutta la mia vita sarebbe cambiata, sarebbe stata una continua a vorticosa discesa. Nulla sarebbe più stato come negli ultimi mesi, sarebbe diventato tutto più veloce...tutto più rapido e pieno di risposte che avrebbero potuto davvero sconvolgere la mia esistenza.

Armata di coraggio, suonai.
Il motivo delicato del campanello risuonò come terrificante alle mie orecchie.

La porta si aprì di scatto, il silenzio che avvolgeva tutto era più incisivo di quanto potessi pensare, il
cielo si stava oscurando su LandLake, un altro tramonto che decretava la fine di un'altra giornata.
<<Aria>>, esclamò Alaska una volta aperto l'ingresso.

Subito il suo corpo si strinse al mio in un tenero e dolce abbraccio, era davvero tanto che non la
sentivo. Mi mancava da morire.

<<Ali, oddio, come stai?>> cercai di dire, ma la sua stretta possente mi bloccava il respiro.

Si staccò da me e si asciugò quelle che dovevano essere delle lacrime. <<Bene, aspettavamo solo te, Rey e Kim sono arrivati da parecchio>>, mi fece notare.
Guardai dietro di lei. <<Sì, scusami per il ritardo ma ero da tuo padre>>, mi giustificai.

Mi sistemò il vestito rapidamente per poi passare ai capelli. <<Ah, quel simpaticone chiedeva di me?>> un tono di disprezzo risuonò in queste parole amare. Non era un ottimo padre.

Mi inumidii le labbra prima di parlare. <<Lui ci tiene a te, Ali, dovresti apprezzarlo>>.
<<Sì, come un elefante tiene alla sua nocciolina>>, ribatté. <<Comunque, aspettavamo solamente te, sbrigati ad entrare, forse avremo le risposte che abbiamo sempre cercato>>, il tono era tranquillo. Non me lo feci ripetere due volte e scivolai dentro quella dimora tenendo la mano ad Ali.

Era come l'avevo lasciata: una dimora occulta e piena di enigmi.

Nel grande salotto, assistetti alla scena più rara e unica di questo mondo: davanti al camino c'era
una lunga divano scuro su cui erano seduti Rey e Kim, mentre in piedi c'era Dante.

Ebbi un sussulto quando lo vidi, mi sorrise leggermente una volta aver notato la mia figura.

<<Prego accomodati>>, fu ciò che mi disse, dopo tutto quello che avevamo passato prima di quel giorno. Trovai facilmente posto su una poltrona singola.
Kim mi sorrise e Rey mi salutò con un gesto della mano, non sapevo se avesse detto alla sorella quello che era successo quella mattina, ma cercai di non pensarci. Era una situazione molto strana.

<<Che mi sono persa?>> chiesi al gruppo.

Ci fu un secondo di silenzio e poi sentii un rumore di tacchi provenire alle mie spalle, non ci misi
molto a capire che quell'improbabile rendez-vous fosse stato organizzato esclusivamente da una persona: Lucrezia.

<<Assolutamente nulla, Aria, sto per cominciare adesso>>, il suo tono era orgoglioso e fiero.

Mi morsi un labbro soffocando l'istinto di prenderla a calci sulle gengive. <<Lo sapevo>>.

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