1. TRASLOCHI E PANCAKES

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AMINA

'Derek! Lo so che ti piace il nuovo appartamento ma- No! Non con la nuova tenda! Giuliana ci ammazzerà! L'ha comprata lei e- Fermati! Eccola la tua casetta! La vedi?! DEREK!!!'

'Che succede?' La vocina dal profondo accento calabrese di Giuliana mi fece voltare piano, con Derek tra le braccia, giusto in tempo per posizionarmi davanti alla tenda che Giuliana aveva sistemato pochi minuti prima con tanta maestria. Le sorrisi nervosamente.

'Qui? Assolutamente niente! Io e Derek... ehm... giocavamo! Vero Derekkuccio della mamma?' Feci finta di abbracciarlo forte, ma lui aveva già sfoderato i suoi artigli da felino. Sta buono, Derek...

'Ti sentivo urlare e credevo fosse successo qualcosa... Ah, fammi affacciare un po' da questo balcone...' Fece per avvicinarsi alla tenda ormai danneggiata sull'orlo, quando mi ci piazzai giusto davanti, lasciando Derek libero.

'Ehm... balcone? E perché mai dovresti affacciarti? È una giornata così cupa e noiosa e... piovosa?' Tentai di salvare il mio gatto, che avevo requisito direttamente da casa dei miei in Valtellina, da morte certa. Forse non sarei riuscita a salvare me stessa però.

'Piovosa? Amina, ma se c'è un sole bellissimo fuori! Vabbè, continuo a sistemare le cose in cucina...' Fortunatamente si era arresa alla prospettiva di guardare il meraviglioso panorama milanese in un'atipica giornata soleggiata. Fiù...

Beh, finalmente ce l'avevamo fatta. Io e Giuliana ci eravamo laureate alla Columbia University di New York, lei a pieni voti, io con qualcuno in meno. Non che mi interessasse troppo. E anche tutte le ragazze della compagnia delle indie che era stata con noi, gemelle pazze comprese, si erano specializzate nei loro rispettivi studi. Non fu facile, anche perché i corsi erano davvero tosti, ma, armate di pazienza e buona volontà, eravamo venute fuori sane e salve dalla mandria scatenata di professori che non avevano fatto altro che assillarci con test e prove scritte.

La nostra idea iniziale era andare a vivere con le gemelle Valente e Clarissa in un unico appartamento, ma le tre sventurate avevano trovato quel disgustoso sentimento umano che inizia per A e termina per E, e quindi avevano preferito abbandonare quel piano fantastico che riguardava l'essere solo noi donne in uno splendido posto per la malvagia pianificazione dell'egemonia femminile. Bah, uomini! Si erano fatte vincere da loro! La mia adorata Mia Valente, che io apprezzavo in modo particolare, era ormai diventata una "fidanzato-Axel-dipendente", e quindi viveva con lui. Lo stesso valeva per le altre due, Melissa e Clarissa. Che poi, a pensarci bene, non potevano essere loro due gemelle? I loro nomi erano pure in rima...

Fortuna che Giuliana aveva capito che stare col suo moroso a distanza non stava beneficiando il loro rapporto di coppia e avevano deciso di lasciarsi molto tempo prima. Ecco perché eravamo rimaste noi due e avevamo fittato quel bellissimo appartamento al dodicesimo piano di quel nuovo edificio. Giuliana era riuscita ad essere assunta in una clinica privata e a lavorare come neuropsichiatra infantile - il suo sogno praticamente - ed io... beh, finalmente anche il mio sogno si era avverato! Una volta tanto nella vita... Eh sì, sapevo di essere meravigliosa e incredibile, ma ora ero anche una stupefacente fumettista, disegnatrice e mangaka professionista, gente! Già! E - non ci crederete - avrei lavorato pure da casa come disegnatrice per un fumetto!  Ah, la strabiliante vita di Amina Luigia Iflah! Beh, omettendo il piccolo, di poco conto ed insignificante particolare che Mia aveva fatto vedere le mie creazioni a suo padre, il magnate dispotico e puccioso della Valente Editori, nonché casa editrice dello stesso fumetto, e quest'ultimo aveva scelto "felicemente" di assumermi... a distanza. Perché, vi chiederete? Ecco, quando vide il mio curriculum e si accorse di chi in realtà io fossi, cercò mille scuse per tirare indietro i suoi complimenti per i miei disegni e non assumermi più. Un po' non potevo mica dargli torto. Nelle rare occasioni in cui ci eravamo incontrati negli anni precedenti, nonostante io volessi sempre abbracciarlo a tutti i costi perché, cavolo, era Marco Valente in persona, e nonostante io e lui avessimo più cose in comune di quanto si ostinasse a credere, lui mi aveva trovata stranamente fastidiosa e quindi mi aveva piazzata nella sua lista nera di persone da evitare a tutti i costi. Ma io lo avevo perdonato. Dopotutto, dopo un po' di insistenza da parte di Mia - alle mie spalle tra l'altro perché io non ne sapevo assolutamente niente! - lui aveva accettato, con l'unica condizione che avessi lavorato a distanza, il più lontano da lui. La cosa mi faceva sorridere. Vero, se non fosse stato chi era mi sarei arrabbiata e avrei perfino cercato dei modi per porre fine alla sua miserabile esistenza, ma non a lui. Non al Dottor Marco Valente. Un giorno lontano ero sicura che mi avrebbe accettato. Quindi, dopo aver tentato di strangolare Mia per avermi fatta assumere senza il mio permesso, ero finalmente una dipendente da remoto della Valente Editori e facevo il lavoro della vita, che comprendeva manga, fumetti e Aizawa! Il mio adorato Aizawa... Era pur vero che non avrei lavorato a quel particolare progetto, ma sarebbe stato altrettanto interessante. E secondo contratto Valente avrebbe sganciato anche dei bei soldoni! Almeno non aveva le manine tirate da avaro... Probabilmente era l'unico uomo, dopo il mio fratellino, ad essere accettato da me.

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