18. ALLENAMENTO

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MATT

Avevo un unico pensiero nella mente: cosa diavolo ci faceva Giuliana insieme al suo superiore? Per di più, perché era venuta con lui a scegliere una nuova automobile? Non che lei fosse la sua consigliera. Lavorava semplicemente nella sua clinica e non vedevo alcuna ragione per cui dovesse accompagnarlo a fare una commissione privata. E se si stessero frequentando? Matt, a te non dovrebbe interessare. Dopotutto è una donna libera. Maledizione! Sembrava quasi che quel Dottore stesse facendo a gara reclamando un suo territorio. Dovevo chiederle più informazioni...

'Dottor Valente?' La voce di Vittoria mi risvegliò dal coma dei pensieri.

'Uh?' Mi voltai a guardarla distratto.

'Se è tutto io andrei. Le avevo chiesto il permesso di andare via un po' prima...'

'Oh... certo. Certo, può andare, signorina Albanese. A domani e grazie per oggi...' Lei sembrò guardarmi in maniera strana. 'Deve dirmi altro?' Le chiesi quando vidi che non rispose.

'Ehm... no. Sicuro di star bene, Dottore? Sembra... pensieroso...' Disse.

'Sto bene, grazie per essersi preoccupata...' Le diedi un sorriso.

'Va bene. E sappia che quel sorriso sincero la veste meglio del solito sorriso malizioso. La fa sembrare più sé stesso. Ora, con permesso...' Fece un leggero inchino e andò via lasciandomi perplesso. Era questo che vedevano di me? Un uomo... finto? Un uomo che sorrideva loro solo in maniera beffarda?

Rimasi pensieroso per tutto il resto del turno di lavoro, fin quando non mi arrivò un messaggio dalla banca per informarmi di un pagamento che non avevo fatto personalmente. E se non ero stato io, era stata lei, Ana Watson. E quello era l'ennesimo pagamento della settimana. Ben €10.500 erano stati spesi in una ditta di arredi per bagno, con precisione una vasca idromassaggio, diceva il messaggio. Ma che diamine...? Voleva prosciugarmi tutto il conto in banca? Era vero che era un conto con infiniti zeri, ma se per una vasca aveva speso tutti quei soldi, non osavo immaginare una camera intera! Qualcosa mi diceva che sei mesi erano troppi per mettere in atto il piano. In sei mesi sarei andato a finire sotto ad un ponte a chiedere l'elemosina.

Mancavano pochi minuti prima di andare quando mio padre mi fece visita in ufficio.

'Ehi, figliolo...'

'Papà...'

'Come va? Ti vedo leggermente stressato...' Chiese.

'Oh, non è niente. La stanchezza della settimana si fa sentire...' Cercai di deviare l'argomento.

'Qualsiasi aiuto di cui hai bisogno, sappi che puoi contare su di me. Puoi prenderti un giorno libero se vuoi.'

'Non mi va di lasciare l'azienda per una giornata come un vigliacco...' Gli dissi strofinandomi il viso.

'Non sei un vigliacco se lo fai. Sei semplicemente modesto: riconosci i tuoi limiti. Fa così, domani prenditi la giornata libera e ci penserò io, ok? Riposati, allenati, fa una passeggiata.' Mi consigliò.

'Forse hai ragione... Grazie, papà. Credo proprio che riposerò fino a tardi.' Mi alzai e gli andai incontro. Lui mi diede una pacca sulla spalla.

'Qualsiasi cosa per te, figliolo.'

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Tornai a casa e parcheggiai la mia automobile in garage, nello stesso momento in cui sentii una moto arrivare. Ero appena sceso dall'auto, ma preferii nascondermi quando vidi che era Junior con un'altra persona a bordo della sua moto. Ero troppo curioso di sapere cosa succedeva.

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