capitolo 18: Yunho

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«Sto perdendo la pazienza.» disse Minjee. Le mani appoggiate sul tavolo della sala interrogatori, mentre stava picchiettando le punte delle dita sulla superficie. Fissò lo sguardo sulla figura di Jaemin, scrutandolo in cerca di una qualche espressione diversa dalla solita sfacciata che assumeva in loro presenza.
Durante il mese di convalescenza, Bambam e Chanyeol avevano cercato di estrarre qualche informazione da Jaemin e Yunho, ricavandone purtroppo poco niente.
Yugyeom non permise immediatamente alle due ragazze di riprendere la loro routine, anzi passarono due settimane, prima che potessero avere l'occasione di interrogare personalmente i due prigionieri.

In passato il padre dei due ragazzi tendeva anche ad usare la tortura per far cedere i prigionieri, quando necessitava di informazioni importanti, ma Yugyeom e Minjee avevano deciso di abolirla. Yugyeom non la sopportava, ma negli ultimi giorni Minjee stava perdendo talmente tanta pazienza che avrebbe ficcato volentieri la testa di Jaemin in un catino d'acqua finché non avesse implorato per l'aria.

«Non mi interessa. Non vi dirò niente.» disse il ragazzo, con sguardo di sfida e quell'odioso sorrisetto a dipingergli il volto che la corvina avrebbe preso volentieri a ceffoni.
«Se ci darai le informazioni necessarie, potremmo provvedere ad uno sconto di pena. Possiamo ridurla anche a un anno se ci dirai qualcosa di importante.» cercò di trattare Jieun, nel tentativo di convincerlo.
«Oh ora giocate al poliziotto buono-» guardò Jieun. «E a quello cattivo?» finì posando lo sguardo su Minjee con una risata.
«Se solo Hyunjin fosse qui, farei chiudere la tua brutta testa in una bolla d'acqua, finché non arrivi ad un passo dall'affogare brutto-»
«Calma, calma!» Jieun prese la cugina per la maglia tirandola indietro.
Minjee stava facendo il giro del tavolo, ed era arrivata ad un passo dall'afferrare Jaemin per il collo della maglia.
«Facciamo così: io finisco con questa testa di cazzo, tu prova a interrogare Yunho nell'altra sala, ok?»
Minjee fece un respiro profondo, prima di annuire e uscire. Aveva promesso a Chenle di riportargli Jisung il prima possibile, perciò non aveva tempo per la pazienza. Lei necessitava di informazioni immediate per trovare la banda di criminali e riprendersi Jisung e Yangyang.
Nella sala accanto, la ragazza aspettò qualche minuto seduta al tavolo, mentre le guardie andavano a prendere Yunho in cella. Sperava che l'azzurrino non le facesse perdere la pazienza come il suo compagno nella sala accanto. Ma d'altronde le poche informazioni ricavate, era stato proprio Yunho a rivelarle.
A causa di ciò, si ritrovò a porsi diversi interrogativi riguardanti il ragazzo dai capelli azzurri. Yunho aveva cambiato atteggiamento da quando l'avevano separato da Jaemin; che fosse quest'ultimo la causa del silenzio del ragazzo?
Forse Yunho non era entrato nella banda di sua volontà?
In ogni caso, con quelle poche informazioni, si era guadagnato l'opportunità di ricevere qualcosa per ammazzare il tempo in cella; la sua richiesta erano semplicemente dei libri.

Quando la porta della sala si aprì, la figura di Yunho apparve davanti a lei. La testa bassa e l'aria abbattuta, portò la ragazza a voler confermare le sue teorie.
«Buongiorno...» sussurrò educatamente il ragazzo, prima di sedersi.
Minjee inarcò un sopracciglio. "Buongiorno?"
Non capiva come fosse possibile che i due ragazzi fossero stati accoppiati per quello stupido furto; erano uno l'opposto dell'altro. Yunho sapeva essere educato, mentre riguardo Jaemin, la ragazza non era nemmeno sicura che sapesse quale fosse la definizione della parola "educazione".
«Ciao Yunho. Immagino tu sappia il motivo per cui ti ho fatto portare qui.»
Il ragazzo annuì solamente, restando in silenzio; la testa bassa, mentre la guardava attraverso i ciuffi della frangia.
«Bene. So che hai dato qualche piccola informazione a Bambam, come il numero dei membri della banda e la loro età. Mi dispiace dirti che non è abbastanza.»
«Immaginavo...» sussurrò il ragazzo, fissando il bracciale anti-magia che portava al polso. Sapeva perfettamente che non era molto quello che aveva rivelato, ma la realtà era che Yunho non era poi così sicuro di voler uscire dalle celle e tornare alla sua vecchia vita.
Minjee lo scrutò attentamente. Aveva uno sguardo spento, quasi rassegnato. Tutto il contrario rispetto a Jaemin.
«Yunho.» lo richiamò, facendogli alzare lo sguardo. «Perché ti sei unito alla banda?» domandò di punto in bianco.
L'azzurro restò spiazzato dalla domanda. Pensava l'avrebbe pressato psicologicamente per fargli vuotare il sacco come avevano cercato di fare le altre persone con cui aveva sostenuto un interrogatorio, non di certo che gli avrebbe rivolto domande che lo riguardassero. «I-io...»
Cosa doveva fare? Raccontarle la verità
Minjee continuò ad osservarlo. Yunho sembrava così indeciso; eppure pareva così diverso da Jaemin.
«Non sei con loro di tua spontanea volontà? Ci ho preso?» azzardò la ragazza, cercando di iniziare il discorso.
Yunho sgranò gli occhi, stupefatto dall'intuito della ragazza; eccome se ci aveva preso.
Certo, stare in cella non era il massimo, ma piuttosto che tornare indietro, preferiva restare lì. All'inizio aveva avuto paura, durante il momento della cattura. Era a conoscenza dei metodi barbari che alcune famiglie riservavano a certi prigionieri; tuttavia, quando intuì che non sarebbe stato toccato, si sentì decisamente meglio e disposto a collaborare ogni tanto, con informazioni anche se non di grande importanza.
«Se questa volta dirai qualcosa di importante, posso anche trattare con mio fratello. In base a ciò che mi dirai, potrò aiutarti ad uscire di qui. Non vuoi vivere una vita normale?»
Yunho restò colpito da quelle parole. Una vita normale? Era quello che avrebbe sempre voluto. Vivere come un normalissimo adolescente di diciannove anni. Eppure si ritrovava a fare il criminale contro la sua volontà, costretto a tenere una maschera e comportarsi come i suoi compagni avevano sempre voluto facesse. Quello non era lui.
Minjee continuò a tenere lo sguardo fisso sulla figura del ragazzo, aspettando una risposta che non arrivava. Yunho sembrava essersi perso nei suoi pensieri dopo le parole della ragazza, come se stesse cercando di trovare la fregatura; decidere se accettare e fidarsi, per poi ritrovarsi dietro le sbarre per il resto della vita, oppure capire se sarebbe stata sincera e lui sarebbe stato libero dopo poco.
«Yunho, che cosa ti lega così tanto a loro? Non è sicuramente lo stesso motivo di quella testa di cazzo nella stanza a fianco.» disse la ragazza, indicando il muro con il pollice.
Yunho spostò lo sguardo sulla parete che lo divideva da Jaemin. Era vero, lui non era lì per lo stesso motivo del suo compagno.
L'azzurro prese un respiro profondo. Voleva essere libero. «All'età di sette anni, attaccarono la mia famiglia. Conosci la casata Jeong?»
Minjee sussultò. Era una casata con cui il padre stava cercando di trattare in passato, per quanto la ragazza ricordasse. Non avevano mai stipulato un'alleanza, perché questa casata venne eliminata prima.
Si limitò ad annuire.
«Dopo aver sterminato i Jeong, decisero di risparmiare solo me. Ero un bambino, avevo estremamente paura. Poi con il passare degli anni iniziai a capire che mi avevano risparmiato solo per gettare il nome della mia famiglia nel fango. Volevano farmi diventare uno di loro: un criminale. E io sono stato così codardo che li ho assecondati fino ad ora, facendo ciò che mi chiedevano.» spiegò Yunho iniziando a singhiozzare. «Ho deluso così tanto i miei genitori...sono morti per proteggermi, e io li ho ripagati unendomi ai loro assassini! Io non ci voglio tornare da loro, ma se me ne vado, mi troveranno comunque e mi uccideranno! A quel punto, a cosa sarebbe servita la loro morte?!»
Minjee ricordava della casata, ma non credeva avessero un figlio. Mantenne il costante contatto visivo con Yunho, mentre cercò di studiare le sue espressioni per capire se mentiva. Sembrava sincero, ma non voleva rischiare di essere ingannata.
«Se quello che mi stai dicendo è la verità, allora ora che hai la possibilità di vendicare la tua famiglia dovresti coglierla al volo, no?» disse gentilmente, mentre prendeva un fazzoletto dalla tasca e glielo porgeva.
«Lo so che mi farai restare in cella per il resto dei miei giorni.» ribatté Yunho, prima di soffiarsi il naso gocciolante.
«Invece no, se quello che mi hai raccontato è vero. Dovrei parlarne con mio fratello, ma se collabori e mi aiuti a trovare due dei nostri, posso dirti che al massimo ti farai all'incirca due o tre mesi, poi sarai libero.» disse Minjee. «Sempre se sei disposto a collaborare.»
Yunho la guardò incredulo. Ancora non era sicuro della sincerità di quelle parole, ma l'idea di riavere la sua vita indietro nuovamente, lo stava allettando fin troppo.
«So cosa significa. Ho perso i genitori qualche mese fa, ma dimmi Yunho, sei disposto ad accettare che a rischiare la vita siano due ragazzini di cui uno poco più piccolo di noi? Non so quale sia la tua età, ma non penso tu sia molto più grande di me. Yangyang ha diciassette anni come me, mentre Jisung ne ha quindici.»
«Ne ho diciannove...» sussurrò il ragazzo. Aveva l'età di Mingi? O era Minho che sembrava più piccolo, o era il ragazzo davanti a lei che sembrava più grande, dato che Minho aveva vent'anni.
«Avanti, dimmi dove si nascondono. Dove hanno portato Jisung e Yangyang?»
«Hai una mappa?»

𝙈𝙄𝙉𝙏: 𝐑𝐞𝐰𝐫𝐢𝐭𝐞 𝐭𝐡𝐞 𝐒𝐭𝐚𝐫𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora