capitolo 1: Lee Minho

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Era passato qualche giorno da quando Minjee aveva scoperto la verità. Era chiusa in camera. Non voleva vedere nessuno, ma era fatta così. Il suo carattere era quello, e anche se sapeva che a palazzo vi erano persone in grado di comprendere quello che provava, o persone che l'avrebbero ascoltata, era troppo testarda per aprirsi e chiedere aiuto. E Yugyeom era uguale. Nessuno capiva il motivo della loro testardaggine, il perché entrambi non riuscivano mai a chiedere aiuto e affrontavano le cose da soli, per quanto grandi potessero essere. Ma proprio perché li conoscevano, sapevano che nel profondo dovevano solo essere spronati.

   «Minjee...sono io, puoi farmi entrare? So che ancora non te la senti di uscire, per cui posso entrare per favore? Fatti aiutare...» parlò un ragazzo biondo, dopo aver bussato un paio di volte alla porta. Aveva i capelli leggermente lunghi che gli ricadevano sulla fronte solleticandogli le palpebre. Aveva delle lentiggini ad adornargli il viso, un adorabile nasino e gli occhi scuri ora ridotti a due fessure, mentre scrutavano la porta in attesa di un qualsiasi movimento. «Siamo migliori amici, no? Permettimi di aiutarti. Sai bene che non me ne andrò fino a quando questa maledetta porta non si aprirà, dovessi sfondarla.»
Subito dopo un lieve tonfo si udì proprio oltre la porta. Doveva sicuramente essersi seduto contro di essa. Non voleva lasciare il suo migliore amico lì, quando sapeva che si stava solo preoccupando per lei, ma nemmeno voleva farsi vedere in quelle condizioni. Detestava che qualcuno la vedesse in un momento vulnerabile, ma sapeva che forse fare da sola questa volta non sarebbe stato abbastanza.
La verità era che nemmeno Minjee sapeva come si sentiva. Certo, ovviamente si trattava della perdita di un genitore: sua madre. Tuttavia, la triste verità era che temeva che a bruciare fosse il fatto che Baekhyun glielo avesse tenuto nascosto. Era grata a sua madre, perché senza di lei non sarebbe mai stata lì, ma la realtà dei fatti era che non aveva nessun rapporto né con lei, né con suo padre. Erano solo persone che vivevano nella stessa casa, e l'unico legame famigliare di sangue solido era con suo fratello Yugyeom. Forse quello che la faceva stare così erano i rimpianti. Quelli di non essere mai riuscita ad avere una connessione vera con sua madre per colpa di suo padre.
   «Ricordi quando avevo cinque anni e arrivai qui? Era il giorno in cui io e mia mamma eravamo stati venduti a due famiglie diverse. Avevo paura, ricordi? Non avevo visto molto del mondo attorno a me e avevo paura di tutte quelle cose a me sconosciute. Continuavo a piangere, e tuo papà credeva che con minacce e punizioni mi sarebbe passata la voglia di continuare a fare quelli che lui chiamava capricci. Ancora non avevo manifestato la magia, motivo per cui mi considerava inutile a palazzo, ma lui non capiva che per una persona del popolo era più che normale...poi sei arrivata tu.» disse l'ultima frase con una risata quasi nostalgica. Le sue labbra rosee si incurvarono in un piccolo sorriso. «Ti sei fatta valere contro di lui, portandomi via. Mi hai portato in camera tua, dicendomi che sarebbe andato tutto bene. Che saresti stata mia amica, così non avrei più avuto paura e non sarei rimasto solo. Ancora non sapevo chi fossi, ma tu, Kim Minjee, appartenente alla famiglia reale, volevi essere amica del figlio di una schiava. Quando lo scoprii stentavo a crederti, ricordi pure questo, vero? Ma tu mi chiedesti di fidarmi e farti aiutare. Lo feci, e ora dopo dodici anni sei la mia migliore amica.»
Non passò molto prima che il rumore della serratura fece scattare immediatamente il ragazzo in piedi. Finalmente aveva aperto la porta.
Era lì, con i capelli lunghi spettinati, il pigiama a quadri con gli orsetti di almeno una taglia più grande e gli occhi arrossati. Probabilmente aveva già anche iniziato a perdere un po' di peso dedusse lui. Solitamente la sua amica mangiava per tre persone, ma in quei giorni aveva toccato a malapena cibo.
    «Felix...» mormorò, nascondendo gli occhi lucidi con i capelli.
Lui non perse tempo ad abbracciarla. «Ci sarò sempre e lo sai. Non provare più a chiuderti in questo modo.» sussurrò mentre lei annuiva, stringendo le braccia attorno all'amico.

Dall'altra parte invece, qualcuno aveva deciso di adottare un approccio differente con Yugyeom. Quel qualcuno non era esattamente come Felix, anzi aveva un modo completamente diverso di fare le cose.
    «Bambam, vai via. Non voglio vedere nessuno ho detto.» rispose Yugyeom con la voce ovattata per via dei muri e della porta che li divideva. Tra lui e Minjee, sicuramente quello più legato alla madre era proprio lui. Ultimamente stava creando un legame con lei, e vedere tutte le speranze di avvicinarsi a lei ora erano svanite così. Stava recuperando il tempo che a causa del padre aveva perduto, ma ora lei non c'era più.
   «Non mi interessa cosa vuoi o non vuoi.» ribatté Bambam. «So solo che hai bisogno di qualcuno con cui condividere la cosa e di mangiare. Guarda che lo so bene che non hai più toccato cibo! Se non vuoi affrontare con me la cosa bene, ma tu e tua sorella almeno dovete sostenervi a vicenda! In ogni caso, tu hai sempre aiutato me. Ora sei tu ad avere bisogno, per cui lasciati aiutare!» continuò a bussare insistentemente. «Giuro chela sfondo.»
    «Lasciami in pace!» urlò questa volta l'altro, sbattendo la mano sulla porta scura in legno. A quel punto, Bambam strinse i pugni lungo i fianchi, ci stava provando davvero a trattenersi, ma non riusciva a farlo oltre. Concentrò la magia davanti a sé, sfondando così la porta con un potente getto d'acqua e sbattendola in faccia all'amico. «Avanti Yugyeom, alzati e reagisci. Questo non sei tu.» disse lui, tirando fuori il vicecomandante che era in lui.
    «Che cazzo-»
    «Non accetto lamentele. La porta la riparo io, ma ora alza quel flaccido culo e riprenditi, Kim Yugyeom.» disse schizzandogli dell'acqua in faccia per ottenere una reazione.

𝙈𝙄𝙉𝙏: 𝐑𝐞𝐰𝐫𝐢𝐭𝐞 𝐭𝐡𝐞 𝐒𝐭𝐚𝐫𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora