Capitolo 10 - Attacco -

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Corse velocemente cercando di raggiungere l'uomo incappucciato ma non riuscì a stare al suo passo. Con un piede pestò una pozzanghera e in quel momento si rese conto di essere scalzo. Continuò a correre ma i piedi nudi cominciavano a dolergli tremendamente così rallentò e controllò la loro condizione. Erano sporchi e sanguinanti, pieni di tagli.
Sentì qualcuno dietro le sue spalle. Si voltò di scatto. L'uomo era proprio lì, a pochi passi da lui. L'unica cosa che intravide fu il suo maledetto ghigno. Avanzò rabbioso verso di lui stringendo i pugni e finalmente riuscì a scoprirgli il volto, togliendogli il cappuccio così che potesse dare una faccia a quel bastardo.
Indietreggiò sconcertato.
Non era un uomo ma una donna.
Sotto quel cappuccio si nascondeva Madonna Elena.

Arezio si svegliò sudato quella mattina. Ebbe un incubo. Fece uno strano sogno al quale non riuscì ad attribuire alcun significato e restò particolarmente perplesso nel sognare proprio Madonna Elena. Gli venne in mente la figura nuda della donna ed ebbe un brivido di piacere nel basso ventre.
Si alzò dal letto ed andò a sciacquarsi la faccia, poi si vestì e scese per andare a mangiare qualcosa. Quell'incubo gli fece venire parecchia fame. Scese le scale ancora stordito, si strofinò gli occhi e quando li riaprì trovò Caterina ad imbastire la tavola.
- "Cosa ci fai già in piedi a quest'ora?" chiese Arezio strofinandosi la testa.
- "Buongiorno anche a te, Arezio. Volevo iniziare a sdebitarmi con la vostra gentilezza preparandovi qualcosa da mangiare." disse sorridendo.
Arezio tacque. Si avvicinò a lei mentre la osservò disporre alcune mele dentro una ciotola.
Lui ne prese una e la morse continuando a guardarla apparecchiare il banchetto, poi andò verso la finestra ad ammirare l'alba. Caterina alzò lo sguardo verso lui e restò a contemplare il suo corpo. Indossava un farsetto bianco ricamato, con maniche larga, in cui si intravedevano i suoi pettorali e calzebrache marrone scuro. I capelli quella mattina li lasciò sciolti.
Completamente distratta e assuefatta dalle forme provocanti di Arezio, urtò distrattamente una brocca d'acqua alla sua destra, rovesciando tutto il liquido a terra.
- "Mio Dio! Che sbadata che sono!" disse divorata dall'imbarazzo.
Prese uno straccio e asciugò la pozza d'acqua.
- "Calmati, non è accaduto nulla."
- "Ho combinato un disastro ma rimedierò a breve, non preoccuparti."
Arezio scosse la testa sorridendo. Quella ragazza era davvero bizzarra.
- "Cos'è tutto questo baccano?" chiese ancora insonnolito zio Giovanni.
- "Ho urtato involontariamente la brocca d'acqua rovesciando tutto a terra. Chiedo venia." disse rammaricata.
- "Mi hai svegliato per un po' di acqua a terra?" rise Giovanni.
Arezio tornò a sgranocchiare la sua mela, rivolse di nuovo lo sguardo fuori la finestra e vide Leonardo seduto su una panchina a leggere un libro.
Incuriosito andò dal suo amico.
- "Invidio il tuo essere così mattiniero, Leonardo."
- "Arezio! Dormito bene?" chiese chiudendo il libro.
- "Ho passato notti migliori." rispose ammirando il cielo di quella mattinata.
- "Se la tua mente potesse parlare, amico mio."
- "Meglio di no!" rise Arezio. - "Cosa stai leggendo?"
- "Mi sto appassionando alla lingua latina e per caso, tra una pila di tomi all'interno del Castello, ho trovato questo libro "Storia Naturale" di Plinio il Vecchio volgarizzato in fiorentino da Cristoforo Landino. Ci sono molti elementi interessanti riguardo la scienza, la cosmologia, la botanica e.."
- "Leonardo, non so di cosa tu stia parlando ma sono contento ti stia rilassando in questi giorni." disse sedendosi accanto a lui. - "Ho temuto il peggio per te quando ho trovato la porta di casa tua aperta.."
- "Si, anch'io ho temuto per la mia incolumità. Quei Templari sono veramente spietati."
- "Cosa è accaduto?"
- "Ricordo un uomo che si mise davanti a me mentre vi osservavo andare via. Mi diede un colpo in testa e svenni. Mi sono risvegliato in una stanza e c'era lo stesso uomo. Indossava una veste e un cappuccio nero, aveva in mano i miei progetti e mi ordinò di riprodurre tutte le armi da guerra che ho studiato e progettato per te." sbarrò gli occhi e si portò le mani al volto. - "Ho prodotto armi da guerra per i Borgia.. Arezio, mi dispiace.. io.. non avrei dovuto.. ma ho avuto paura per la mia vita."
- "Non dirlo nemmeno per scherzo. Hai fatto la cosa migliore e ringrazio il cielo che tu sia ancora in vita, questo è quello che conta. Potranno anche avere tutte le armi che vorranno ma li sconfiggeremo lo stesso."
I due amici si abbracciarono, il loro legame, anno dopo anno diventò sempre più indissolubile.

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