P. O. V. Jonathan
~ Untitled ~
La stanza era avvolta in un silenzio assordante, dove l'unico suono percepibile era causato dal mio respiro.
Una bruttissima sensazione attanagliava il mio cuore, mentre con respiri calmi e regolari, passavo le mie mani sul volto e sui capelli, come segno di frustrazione.
Le lancette dell'orologio continuavano a ticchettare a ogni secondo che passava.
Ogni secondo era un passo lontano da lei.
A ogni minuto perdevo qualcosa di lei.
Che cosa stavo facendo?
Il mio cuore gridava di correrle dietro, ma la mia mente continuava a dire di restare dov'ero.
Dovevo scegliere, ma io ero pessimo a prendere decisioni.
Ho fatto tante scelte nella mia vita e ho sbagliato molte volte, ma un dolore così, l'ho provato solo alla morte di mia madre.
Sentire quella porta sbattere, i suoi passi allontanarsi e non poter fare nulla per fermarla, mi ha distrutto. Sono stato duro, crudele, è vero, ma l'ho fatto solo per il suo bene.
Non è vero che non la potrei mai amare, sono stato io a mentire questa volta e mi sento uno stronzo ad averlo fatto; ma ci sono volte in cui un amore come il nostro, un amore nato dall'odio e dal bisogno di capirci, di prenderci cura di noi stessi, che siamo reduci di un passato difficile; non sempre ha un lieto fine.
Adesso fa male, ma dirle addio più in avanti sarebbe stato più difficile.
Sarebbe stato troppo tardi per entrambi.
Ma è possibile sentirsi così vuoti? È possibile volere così tanto qualcosa di proibito?
Quando ha ammesso di provare qualcosa per me, non mi sembrava vero, pensavo fosse la mia immaginazione, non sapevo cosa dire e così ho fatto ciò che avrei dovuto continuare per tutta la notte. L'ho baciata, uno di quei baci che si vedono alla fine dei film, uno di quelli indimenticabili. Volevo che il suo sapore rimanesse per sempre sulle mie labbra, non volevo allontanarla, ma poi sono arrivati i sensi di colpa e io l'ho abbandonata.
Provo a fare del bene, ma finisco sempre per offendere le persone che più amo.
Era venuta qui perché aveva bisogno di una mano, qualcuno di cui fidarsi e io non ho fatto niente per aiutarla. Le ho solamente confuso le idee, più di quanto non lo fossero già.
La stanza profuma ancora di lei, i suoi vestiti sono sparsi sul mio letto e la mia mente ricorre ancora a lei; ma la realtà è che non ho mai smesso di pensarla. Non da quando l'ho lasciata andare via da sola, ridotta in quello stato e con questo tempo. La stanza comincia a restringersi e i miei stessi pensieri cominciano a soffocarmi. Le mani mi prudono per colpire qualcosa, ma devo stare calmo, ho promesso che non avrei fatto cazzate, ma niente in questo momento sembra aiutarmi. Sono arrabbiato con me stesso, sono arrabbiato con lei, sono arrabbiato per i miei sentimenti, per la confusione nella mia testa, per tutto. Devo assicurarmi che sta bene, ho fatto uno sbaglio e adesso devo sentirmi dire che lei sta bene.
Prendo il cellulare e compongo il numero di Arya, ma ogni volta è la stessa identica voce metallica che mi dice di riprovare più darti. Forse sta ancora guidando, o forse mi sta semplicemente ignorando. Non resisto a questo silenzio, eppure sono stato io ad imporlo. Lancio il cellulare contro il muro e mi sdraio sul letto, dove c'era lei prima di andare via. L'ho vista tante volte stare male, l'ho vista tante volte soffrire, ma mai come oggi. I suoi occhi racchiudevano un dolore infinito. Racchiudevano una malinconia, una tristezza indescrivibile. Non era Arya, non provava nemmeno a nascondere ciò che stava provando e poi si è rotta, si è spenta di fronte ai miei occhi. Si è spezzata e ha versato lacrime che racchiudeva dentro di sé da troppo tempo. Scendevano lentamente, solcando i suoi zigomi e posandosi sul collo della maglietta. Il suo corpo tremava dagli spasmi, ma lei resisteva. Ancora una volta lei provava a resistere il dolore. I suoi occhi mi pregavano di fare qualcosa, mi pregavano di salvarla, di riportarla alla luce, ma io non l'ho fatto.
Mi copro gli occhi con il braccio e mi prendo a schiaffi mentalmente per esser stato così stupido. Per aver pensato a me stesso, per esser scappato e da cosa? Dalla paura di poter soffrire.
Chiudo gli occhi immaginando dove lei sia in questo momento, finché non sento il mio telefono squillare.
Avrei giurato che si fosse rotto a causa del mio lancio, ma rimango sorpreso a vedere il nome di Ethan lampeggiare. Rispondo senza esitare ma le sue parole mi tolgono il respiro. Le sue parole mi privano dell'equilibrio. Cado in ginocchio, mentre il telefono scivola dalle mie mani e il mondo crolla.
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you are my always (Would It Be Forever?)
RomanceSECONDO VOLUME DELLA SERIE "ALWAYS" SEQUEL DI "YOU ARE MY ALWAYS" È NECESSARIA LA LETTURA DEL PRIMO LIBRO. La vita è stata molto dura con Arya, l'ha buttata a terra molte volte, ma lei si è sempre rialzata. È stata forte per sé stessa e lo è stata...