✨Capitolo 5✨

286 20 180
                                    

Mi svegliai dopo un tempo indefinito e mi ritrovai distesa sopra un lettino in una... cella. Fui assalita dal panico quando mi resi conto che ero dentro a una stanza chiusa a chiave. Mi alzai di scatto e sbattei forte le sbarre che, in quella gabbia, fungevano da porta, cercando disperatamente di fuggire.

«Buongiorno» disse un uomo, sbucando da dentro il muro.
Cacciai un urlo potentissimo che quando smisi mi facevano malissimo le corde vocali. Iniziai a tremare. L'uomo attraversò le sbarre senza problemi e mi si avvicinò: «Calmati, non ti farò niente.»

Era lo stesso uomo che mi aveva seguita al parco: lo riconobbi dalla mèche verde fra i capelli neri e lunghi fino alle spalle. Notai anche che la sua pelle era veramente verde e... trasparente: riuscivo a vedere ciò che si trovava dietro di lui. Era vestito con un mantello nero che gli nascondeva in parte una tunica (o questo mi sembrava) anch'essa nera, con l'aggiunta del verde in alcune parti. Il mantello aveva una spilla a forma di testa di drago, con lunghi baffi bianchi. Lo guardai negli occhi e notai che l'iride era identica alla mia: l'azzurro all'esterno faceva da cornice alla parte verde e man mano che si avvicinava alla pupilla diventava marrone. Mi mancò il fiato. Quindi...

«Sei veramente mio padre...» riuscii a balbettare, incredula.

Mi avvicinai piano per vederlo meglio, ma nulla cambiava. Non era la mia immaginazione, era reale.

«Sì Layn, sono tuo padre. Credo che tu ti stia chiedendo perché sono verde.»
Annuii, concordando anche con lui. Lo feci continuare senza staccargli gli occhi di dosso.

«Be'.. sono un fantasma. Sei crescita così tanto...» sorrise. «Ti ricordo in fasce, con quegli occhioni bellissimi e quel sorrisetto che mai ti abbandonava quel faccino paffutello...» sospirò, a quei ricordi.

«Come stai?» mi chiese, tranquillo. Così, come se fosse normale sparire per dieci anni (se non contiamo gli altri dieci dei quali non ricordo nulla) dalla mia vita e ricomparire da fantasma da un giorno all'altro.

Forse si accorse dei miei pensieri dalla mia espressione, e sorrise : «Scusa, forse è meglio se le fai tu le domande.»

Non me lo feci ripeter due volte.

«Perché sei scomparso per tutto questo tempo? Perché sei tornato ora e sbuchi così, fuori dal nulla? E Ash? Lo sa? Perché sei un fantasma e... dove diavolo sono?» chiesi tutto d'un fiato. Fui soddisfatta di me stessa perché non mi feci prendere dal panico alla vista di... be', di mio padre non-morto-ma-vivo-ma-fantasma.

«Quante domande..» borbottò.

Aveva l'aria di uno che doveva star qui con me per forza, e che voleva andarsene alla svelta. Questa cosa mi fece abbastanza agitare e arrabbiare.

«Parla!» gli ordinai, con un filo di rabbia nella voce. Cercai di riprendere il controllo delle mie emozioni e aggiunsi: «ti prego. Ah, una cosa: se mi fai uscire te ne sarei grata.»

«Okay, basta che non ricominci a correre.»

E dove pensava che andassi? Non avevo la più pallida idea del posto in cui ci trovavamo! Uscì dalla cella - passando attraverso le sbarre come se nulla fosse - e aprì la porta. Mi accompagnò in una stanza non molto lontana che doveva essere il salotto, peccato che non c'erano mobili.

«Bene,» disse guardandomi in viso, «iniziamo. Tua madre morì poco dopo averti concepita.  Il suo cuore fece l'ultimo batto appena ti ebbe fra le braccia. Io e Ash ci prendemmo cura di te, insieme alla sua di madre. Lei però non riusciva a reggere il peso di avere una figlia della mia seconda moglie, quindi voleva... ucciderti. Fece il lavaggio del cervello a Sammie e la convinse di odiarti e non accettarti come sorella perché sei una... minaccia per loro. Lo sapevi questo?»

Destino Incontrollabile - ᴏʀɪɢɪɴᴀʟDove le storie prendono vita. Scoprilo ora