Capitolo quattordici: imbarazzo

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Blair
Dopo la pennichella sono stata svegliata da Rick che mi ha comunicato di dover partecipare ad un funerale.

A quanto pare Shane è andato a recuperare i materiali medici con Otis, ovvero colui che volendo sparare ad un cervo ha colpito Carl, pieno di sensi di colpa ha aiutato l'amico dello sceriffo ma purtroppo è morto per colpa degli zombie.

Adesso mi ritrovo vicino ad un albero, tenendo le mani delle sorelle Ball, al mio fianco si trova una ragazza bionda e dalla pelle diafana che si chiama Beth e non smette neanche un secondo di piangere.

"Shane, vuoi dire qualcosa?". Hershel chiude il libro il pelle dove si trovano scritte delle preghiere in quanto fattore è molto religioso.

Chiede all'amico di Rick se è disposto a ricordare Otis ma Shane non sembra molto propenso a farlo, nonostante il suo amore profondo per sparare a raffica tante stronzate.

"Ti prego, tu sei stato l'ultimo a vedere Otis". Mormora la moglie dell'uomo che ha perso la vita, una donna sulla quarantina dai lunghi capelli biondi, gli occhi azzurri e il viso contratto dal dolore.

Alla fine Shane si avvicina, zoppicando, alla struttura in pietra che hanno costruito in memoria di Otis.

"Eravamo quasi spacciati, circondati da zombie, con le munizioni quasi finite e io avevo la caviglia gonfia. Sapevamo bene che dalla nostra missione dipendeva la vita di Carl quindi lui ha detto che dovevamo salvare il bambino. Mi ha spinto ed è rimasto indietro per distrarre i vaganti". Appoggia la mano su una pietra per poi voltarsi verso Patricia, la moglie di Otis.

"Se mai una morte ha avuto senso è stata la sua". Dichiara con convinzione ma c'è qualcosa nel suo sguardo che non mi convince, quell'uomo si è sacrificato per il bene di un bambino e uno come Shane non si farebbe trascinare dai sensi di colpa per il gesto eroico di Otis tuttavia il suo sguardo è spento.

Guardo attentamente le sue spalle abbassate, la cicatrice vicino l'attaccatura dei capelli ormai rasati e poi i suoi occhi, per un bravissimo istante, si incontrano con i miei ed ecco che noto il luccichio di chi ha dovuto commettere un'azione poco onesta, per raggiungere il proprio obiettivo.

Alla fine il nostro gruppo si allontana dalla famiglia Greene per dare il tempo a tutti loro di dire addio al proprio amico, raggiungo lo sceriffo che si trova a parlare con Daryl.

"Vado da solo, non mi allontanerò troppo". Mormora l'arciere lanciandomi un'occhiata non appena li affianco, a quanto pare si ostina ancora a cercare la bambina nonostante la speranza di trovarla diminuisce ora dopo ora e già sono passati tre giorni.

Siamo circondati da boschi e praterie, non ci sono molte case dove cercare riparo e la bambina è troppo indifesa per essere riuscita a sopravvivere per tutti questi giorni da sola in messo ad alberi e cespugli.

Daryl crede di trovarla perché ricorda quei nove giorni trascorsi da bambino nel bosco ma lui ha una storia totalmente diversa da Sophia però evito di dirglielo e lascio che Rick acconsenta al piano di Dixon.

"Come va?". Domando allo sceriffo non appena l'arciere ci lascia da soli, non parlo con Rick da quando abbiamo fatto colazione al CCM.

"Tutto bene, adesso che Carl ha superato l'operazione". Risponde però ho la sensazione che non mi stia dicendo tutto quindi afferro il suo braccio e lo trascino lontano dal gruppo per poi sedermi a terra.

"Avanti, parla sceriffo!". Le sue labbra si piegano in un piccolo sorriso e si lascia cadere al mio fianco.

Ci perdiamo ad osservare l'immenso spazio verde che ci circonda, qua potremmo creare la nostra casa sicura passando il tempo ad insegnare ai bambini a difendersi e nel frattempo portare a pascolare qualche animale.

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