Capitolo uno: Il risveglio

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Blair
Un mese fa ero ritornata a vivere ma non avevo tenuto in conto che il mondo aveva programmato qualcosa di davvero contorto per farmi comprendere che le persone come me sono nate solo per impugnare una pistola, la stessa che adesso stringo tra le mani mentre corro per le strade della contea di King.

Chi l'avrebbe mai detto che tutto sarebbe saltato in aria solo nel giro di un mese, proprio quando avevo riacquistato l'agognata libertà.

L'epidemia si è diffusa con così tanta rapidità che la popolazione neanche ha compreso cosa stava accadendo, l'attimo prima qualcuno stava facendo una grigliata con gli amici e quello successivo si sbranavano l'un l'altro.

Io, per esempio, ero in macchina con la donna che più di tutti mi ha aiutato e poi stavo correndo tra i corridoio di un ospedale alla ricerca di un aiuto... Peccato che i dottori scappavano o venivano uccisi, i suoni degli spari rimbombavano insieme ai ringhi dei non morti mentre trascinavo con fatica il corpo di Christine.

Sobbalzo ritornando alla realtà non appena il suono di uno sparo squarcia il silenzio della contea ormai disabitata, cambio la mia direzione e punto la strada da dove è provenuto il rumore.

"Blair vieni qui!". Urla l'uomo di quarantacinque anni, dalla pelle scura che adesso si trova a pochi passi da me con suo figlio e un uomo disteso ai loro piedi.

"Morgan, non devi sparare quando non c'è bisogno". Mormoro marciando verso la persona interessata mentre i miei occhi scrutano i loro corpi sperando di non notare nessun morso o graffio.

"Ho ucciso uno che si stava avvicinando troppo a mio figlio. Questo è stato solo colpito in faccia con la pala ma penso che sia vivo... In tutti i sensi". Subito abbasso lo sguardo trovando finalmente la ragione per cui mi ritrovo a correre alle undici di mattina in giro per King nonostante i trenta gradi.

"Pensavo che si fosse trasformato". Borbotto scostando i miei capelli castani dal viso per poi poggiare l'indice e il medio sul collo del mio sconosciuto avvertendo ancora i battiti cardiaci.

"Portiamolo dentro".

"Assolutamente no! Ha una fasciatura, potrebbe essere un morso". Dichiara con assoluta convinzione Morgan, peccato che io sto già  trascinando il corpo verso casa nostra mostrando il mio totale disinteresse verso le sue parole.

Avverto vari sbuffi e imprecazioni mentre l'uomo mi raggiunge per aiutarmi prima che gli zombie arrivino a fare merenda.

"Mettiamolo sul letto ma lo ammanetto e su questo non si discute".

"D'accordo, fai come vuoi ma tanto gli hanno sparato". Affermo con un sorrisetto sghembo che segna il mio viso mentre lui solleva gli occhi al cielo pronto per prendersi cura dell'uomo.

"Come fai a sapere queste cose su di lui?". Continuo a sorridere consapevole che pone tale domanda solo per mettermi in difficoltà ed io non ho nessuna intenzione di nascondere che ha colpito il bersaglio così, con espressione addolorata, appoggio la mano sul petto e batto in ritirata.

Mi reco in cucina mettendomi comoda sul divano mentre nella mia mente ritornano con ostinazione le immagini di quel giorno... Il momento in cui mi sono salvata  ho  capito che tutto ciò che avevo compiuto per cambiare dovevo metterlo da parte, pensavo che bisognava solo uccidere tutte le persone malate ma anche quelle che potevano ostacolare la mia sopravvivenza e mentre strisciavo a terra ho trovato la speranza.

"Secondo te è un criminale o un poliziotto?". Sollevo lo sguardo verso Duane, il figlio dodicenne di Morgan, che mi guarda con i suoi occhi marroni aspettando con ansia la mia risposta.

Il nuovo mondo / The walking deadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora