Capitolo tre: Atlanta

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Blair
Alla fine la macchina è durata solo per pochi chilometri quindi io e lo sceriffo ci siamo ritrovati a gironzolare per la strada deserta fino a quando non abbiamo trovato una casetta.

All'interno si trovava una coppia senza vita mentre all'esterno si trovava un cavallo e così da ore mi ritrovo sopra di esso insieme allo sceriffo che conduce il gioco.

"Hai intenzione di parlare?". Esordisco stringendo di più la presa intorno alla vita di Rick che non proferisce parola da quando ha sparato a quella ragazzina.

"Scusa, troppe cose in poco tempo". Mormora voltandosi a malapena verso di me.

"Sai... Tu mi ha salvato la vita". Dichiaro senza alcun pentimento, non volevo rivelargli nulla ma visto che è sul punto di cedere suppongo che le mie parole possano fargli del bene.

"Dopo che la mia amica è stata uccisa, mi sono gettata a terra e strisciavo evitando ogni cosa fino a quando sono arrivata ad una porta... La tua. Le macchine erano spente ma il tuo cuore continuava a battere, mi hai dato speranza e senza saperlo hai ascoltato ogni mio segreto". Ferma il cavallo così da donarmi più attenzione mentre io allungo la mia mano verso le sue che stringono le redini.

Continua a non parlare fino a quando le labbra si sollevano in un sorriso di gratitudine per poi cambiare la mia stretta.

"Adesso dimentica quello che ho detto e vai". Per fortuna esegue il mio ordine e così ricominciamo il nostro cammino.

Spero che lo sceriffo riesca a trovare la sua famiglia perché in un mondo dove le regole non esistono più conviene vivere ancora di più con chi si ama, Atlanta dovrebbe essere un posto sicuro per le persone che cercano riparo e degli aiuti medici ma per me è una città con troppi ricordo negativi.

"Sono di Atlanta". Mormoro osservando distrattamente le auto accatastate nella corsia accanto da dove non proviene neanche il più piccolo dei suoni.

"Come sei finita a King?". Scuoto le spalle ritornando con la mente verso quel fatidico giorno in tribunale, dove avevo appena accusato le persone che per me erano dei fratelli.

"Nella prigione vicino ad Atlanta correvo troppi rischi quindi mi hanno portato in una più lontana e deserta". Sono consapevole che ritornare nella mia città è pericoloso, se i miei vecchi amici sono ancora vivi potrebbero cogliere l'opportunità per farmi fuori ma nonostante tutto mi rendo conto che una piccola parte di me spera di rivederli.

Idea stupida la mia, ne sono consapevole, tuttavia loro hanno rappresentato per molto tempo la mia famiglia... Casinista e forse poco amorevole ma comunque un punto di riferimento importante e in questo mondo potremmo ritrovare un senso di speranza tutti insieme.

"Non mi dirai perché sei finita dentro, giusto?".

"Ti importa davvero saperlo? In fondo in questo nuovo mondo tu sei un uomo che si è risvegliato dal coma e cerca sua moglie e suo figlio ed io una donna che sta cercando un posto sicuro dove ricominciare". Dichiaro con la speranza che lui accetti la situazione così com'è.

"Ci sai fare con le parole". Provo a sorridere ma le mie labbra si tirano in una linea dura non appena entriamo in città.

Dai palazzi non proviene neanche un suono, non si intravedono persone in vita o cartelli che segnalino la presenza di qualche campo rifugiati... Tutto appare così tetro ai miei occhi.

Passiamo accanto ad un autobus risvegliando l'attenzione di due morti che, attirati dalla nostra presenza, si sollevano e iniziano a seguirci.

"Tranquilla, sono solo due". Sussurra Rick ma io ho già messo la mano sulla mia pistola, ci troviamo in un posto che dovrebbe soccorrere persone bisognose d'aiuto quindi non dovrebbero esserci zombie liberi di pascolare come se nulla fosse.

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