CAPITOLO 1

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"-Mamma rischio di fare tardi, proprio non ce la faccio a passare dal forno a prendere il pane stamattina, scusami." Mi avvicino a mia madre che sta facendo colazione in vestaglia e le do un rapido bacio sulla testa.
"-Non preoccupaterti Aaron, cerco di passare a prenderlo più tardi. Buon lavoro." Esco di casa diretto alla fermata. Ho da poco iniziato un tirocinio presso la Journal's news di Los Angeles, una delle più importanti aziende giornalistiche della città, sono le mie prime settimane e proprio non voglio rischiare di perdere il treno.
Mia madre è una grande donna, mi ha cresciuto da sola perché mio padre c'ha lasciati quando ero solo un bambino per via di un maledetto cancro alle ossa. Appena scoperto i medici ci comunicarono che non sarebbero servite a nulla le cure, lo stadio della malattia era troppo avanzato e perciò niente chemio. Ma fu terribile ugualmente, avevo solo dieci anni e non scorderò mai i pianti di mia madre, le occhiaie di mio padre e le sue grida di dolore, non riusciva nemmeno a spostarsi dal letto perché sentiva male ovunque. La sera prima di morire, mi fece andare nella sua stanza e non scorderò mai le sue parole.
"-Tesoro, io tra non molto non ci sarò più e tu dovrai diventare l'ometto di casa. Devi badare a tua madre intesi?" Aveva la voce flebile e a stento riusciva a tenere gli occhi aperti per via della morfina. Ricordo ancora i suoi capelli castani diventati un po' bianchi sulle basette e le fossette sulle guance che si mettevano in evidenza persino quando parlava, quelle che avevano fatto innamorare la mamma di lui, così mi raccontava sempre.
"Certo che baderò alla mamma, ma tu non te ne andare ti prego. Ho bisogno di te papà."
"-Sei forte cucciolo, sarò sempre con te anche se tu non potrai più vedermi." Quelle sono state le sue ultime parole ed io in fondo un po' ce lo rivedo in me, mio padre. Nei miei capelli castani, nei miei occhi nocciola, della stessa tonalità dei suoi e nelle fossette ai lati delle guance. Gli somiglio tantissimo e mia madre alcuni giorni mi guarda e so che pensa la stessa cosa, perché le vengono gli occhi lucidi ma poi mette su un sorriso e torna a fare quello che stava facendo.
Da quando papà non c'è più, la mamma non è più la stessa e lo so, non sono più lo stesso anche io. Qualcosa dentro di me è cambiato, conduco al mia vita normalmente ma non sono pienamente felice. La morte è sempre esistita, ogni giorno muore qualcuno ma io non c'avevo mai pensato. Ero un bambino di dieci anni che credeva i genitori immortali. Da quel momento, da quando mio padre è venuto a mancare però, ho iniziato a vederla la morte e non sono stato più in grado di distogliere lo sguardo.
Le cose belle: gli abbracci, i baci, le camminate sotto il sole, le belle giornate di primavera, non hanno avuto più importanza per me da quel giorno. Fino a quando una mattina di primavera qualcosa non é cambiato. Ho incontrato lei.

Quando arrivo nella mia solita postazione, nella carrozza numero tre, questa volta c'è seduta una ragazza. Non l'avevo mai vista prima. Mi colpisce subito il modo in cui è assorta nella lettura, ha tra le mani uno dei miei classici preferiti "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen. Le lunghe ciglia bionde lasciano intravedere i suoi occhi azzurri saettare da una pagina all'altra. Porta un vestito celeste con dei fiori gialli, i lunghi capelli mossi le ricadono morbidi dietro la schiena. È così concertata nella lettura che non si accorge del ragazzo che ha di fronte che non riesce a fare a meno di guardarla. Per tutto il viaggio spero alzi gli occhi dalle pagine del libro e si accorga di me, ma non lo fa. Solo quando arriva la sua fermata, alza lo sguardo, solo allora i nostri occhi si incontrano per un attimo impercettibile e sento lo stomaco fare una giravolta. Non mi era mai capitato prima.
Passo tutta la giornata a lavoro pensando a quella misteriosa ragazza bionda incontrata sul treno e mi chiedo se mai la rivedrò. Fantastico sul chi sia, come si chiami, quali siano i tuoi interessi e sul perché fosse su quel treno. Ho questo strana abitudine io, di inventare delle storie sulle persone che incontro. Lo faccio da quando ero bambino, vedo un tizio a caso ed immagino una vita per lui, immagino tutto. Chi sia, dove abiti, quale hobby abbia. Non so perché faccio questa cosa ma mi rilassa. Così mi ritrovo ad immaginare la bella ragazza bionda fare ritorno a casa, da un'amorevole famiglia e la vedo intenta a leggere nella sua cameretta piena zeppa di libri che magari non ha nemmeno finito di leggere e li tiene tutti lì sul comodino perché le piace iniziarne più di uno e non finirli mai tutti. Immagino tutto questo perché non so nulla di lei ma mi riprometto che semmai la rincontrerò di nuovo le parlerò.

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