CAPITOLO 2

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Il giorno seguente mi pettino più accuratamente i capelli, indosso una t-shirt bianca e un jeans nero, sono nervoso. Spero che lei ci sia anche oggi. Quando arrivo alla mia postazione, il cuore prende a battermi più forte. Lei è lì, con il solito libro tra le mani e lo sguardo perso tra le pagine. È strano l'effetto che mi fa, non so perché ma in un certo senso, mi rallegra la giornata andare a lavoro e sapere di trovarla li, seduta ed intenta a leggere. Le altre persone di solito usano il tablet o parlano al telefono mentre lei no, lei legge.
Ha i capelli raccolti in una coda alta, boccoli morbidi ricadono sulla spalla sinistra. Oggi indossa un jeans e una maglietta a mezze maniche rosa. È molto bella. Raccolgo il coraggio e mi decido a rivolgerle la parola.
<<Adoro Jane Austen.>> Dico indicando il libro tra le sue mani.
<< Devi imparare un po' della mia filosofia: del passato bisogna ricordare solo quello che ci dà gioia...>> Proseguo citando la protagonista del romanzo Elizabeth.
<<Già è molto interessante, l'ho iniziato solo pochi giorni fa e l'ho quasi finito.>> Mi risponde facendo incontrare il suo sguardo con il mio.
<<Sono Aaron.>> Dico porgendole la mano, lei mi guarda un attimo e poi un sorriso timido fa capolino sul suo viso. Allunga la mano dalla pelle chiara, ed io prontamente glie la stringo. << Io sono Melanie.>>
Guardo Melanie sorridere e qualcosa dentro di me scatta, la consapevolezza che questa ragazza bionda che mi sta davanti possa cambiarmi la vita.

Oggi a lavoro non è una giornata come le altre, è il compleanno di John Dickens, il direttore della Journal News. Appena arrivo infatti, ci sono dei pasticcini sulle postazioni di ognuno dei dipendenti. Il signor Dickens è un uomo molto gentile e di buon animo. Quando pochi mesi fa gli chiesi se avesse un posto per un tirocinante, mi accolse a braccia aperte, e per di più il tirocinio che svolgo è retribuito e con possibilità di assunzione una volta terminato. Adoro lavorare per questa grande azienda, amo scrivere e non credo ci sia un modo più bello per passare le giornate se non scrivendo la mia rubrica, sento di avere uno scopo, qualcosa che mi consente di svegliarmi al mattino, sapere di poter aiutare qualcuno nel mio piccolo. La mia sezione si occupa di consigli. Dopo aver fatto gli auguri al mio capo e mangiato un pasticcino, accendo il pc e inizio a leggere i numerosi messaggi che i lettori mi hanno inviato. Mi chiedono consigli di ogni tipo ed io cerco di immedesimarmi nella loro situazione per aiutarli.
Inzio leggere i primi messaggi:

Dacy: Caro A, ho un problema bello grosso. Sono innamorata del mio migliore amico ma non ho il coraggio di dirglielo per paura di rovinare la nostra amicizia, cosa dovrei fare? Dichiarargli il mio amore e rischiare di perderlo o lasciarlo uscire con la ragazza con la quale ha un appuntamento questa sera?

A: Cara ed ingenua Dasy, lasciarlo uscire con quella ragazza non equivale anche un po' a perderlo? Soffriresti comunque sia che lui si findanzasse e sia che ti rispingesse. Tanto vale rischiare, potresti rimanere piacevolmente sorpresa. A volte basta essere chiari e parlare apertamente e il resto viene da sé. E poi, diversi studi dimostrano che la possibilità che un uomo si innamori della propria migliore amica sono 3 su 4. Quindi va da lui e buona fortuna. Sarò qui per sentire com'è andata, alla prossima, A.

Continuo ad digitare vari messaggi quando uno attira la mia attenzione è di una certa Loise.

L: Caro A, ti scrivo oggi perché sono in preda alla disperazione più totale, ho scoperto che il ragazzo che amo da più di un anno è molto malato. Ha una malattia rara e degenerativa. Il mio cuore è diviso in due, da una parte vorrei stargli vicino per il tempo che gli resta, dall'altra vorrei solo scappare via e far finta di non averlo mai conosciuto. La sua malattia mi sta prosciugando la voglia di vivere e la felicità ma so già che se scappassi non me lo perdonerei mai....

Finisce così il messaggio di Loise. Mi viene in mente il viso di mio padre ed il modo in cui mia madre si è presa cura di lui fino alla fine. Sbatto le palpebre per scacciare via le lacrime. Sono passati quattordici anni dalla sua morte ma queste situazioni ti segnano dentro e non importa quanto tempo sia passato, basta un niente per rivivere tutto.

A: Cara Loise, credo che il tuo sia stato più uno sfogo che la ricerca di un consiglio. Nel profondo del tuo cuore, e nemmeno così tanto in fondo, sai già cosa fare. Se ami una persona, non importa quanto faccia male, non importa il fatto che la sua sofferenza uccide anche un po' te, la cosa importante è non sprecare nemmeno un minuto della vita che vi resta insieme, altrimenti lo rimpiangerai quando lui non ci sarà più. Il mio consiglio per te è quello di restargli accanto, goditi il poco tempo che vi resta e fanne tesoro. Un abbraccio, sarò qui quando vorrai, A.

Bevo un sorso d'acqua e mi passo le mani sulla fronte. Sobbalzo quando sento una mano sulla spalla.
<<Tutto bene McGregor?>> La voce del mio capo mi fa rivenire dai pensieri.
<<Si tutto bene.>> Dico mettendomi a sedere diritto.
Lui annuisce e poi si porta al centro della stanza. <<Cari miei dipendenti, è il mio compleanno e sapete che vi dico? Oggi lavoriamo di meno, facciamo solo mezza giornata. Forza ancora un'oretta e poi tutti a casa.>>  Ci guardiamo tutti e so che stiamo pensando la stessa cosa, che siamo fortunati ad avere un capo come lui.

Un' ora dopo, sono sul treno di ritorno diretto a casa. Passerò dal panificio a prendere il pane per mamma, sicuramente tra i tanti impegni che ha avuto, nemmeno oggi sarà riuscita a comprarlo. Fa la badante per una donna anziana a due isolati dalla nostra abitazione, va via di casa subito dopo di me e rincasa al tramonto.  Due fermate dopo, sono con lo sguardo fuori dal finestrino perso tra i miei pensieri quando sento chiamare il mio nome. <<Aaron?!>>
Mi volto e non appena incrocio i suoi occhi azzurri e cerco di trattenere un sorriso. È Melanie. <<Ciao, Melanie.>> Questa volta non ha nessun libro tra le mani. Si viene a sedere al mio fianco e guarda oltre la finestra. <<Cosa stavi osservando così attentamente?>>
<< Nulla...In realtà, guardavo quel signore con i baffi.>>
<<Quel signore? E perché mai?>> <<Perchè vedi com'è ansioso? Sta correndo a casa, lo aspetta un cucciolo di Jack Russell che gli ha regalato la figlia, e che avrà distrutto il suo paio di scarpe nuove e messo in soqquadro la casa.>>
<<Davvero? Lo conosci?>>
<<No, non l'ho mai visto prima.>>
<<E che ne sai di chi lo aspetta a casa?>>
<< Non lo so, lo immagino. Lo faccio con chiunque da quando ero bambino.>>
<<L'hai fatto anche con me? Quando ci siamo visti la prima volta?>> Un po' mi vergogno a dirglielo che ho immaginato anche la sua di vita, però poi mi faccio coraggio e glie lo dico lo stesso. <<Si, quando sei scesa dal treno, ho immaginato che tornassi a casa, da una bella famiglia amorevole e che la tua cameretta fosse accogliente, con una grande scrivania piena di libri tutti iniziati e mai finiti.>>
<<Eh mi sa che non sempre hai ragione.>>
<<Non hai una bella famiglia? Mi dispiace non volevo...>>
<<No, io i libri quando li inizio, li finisco sempre.>>
Ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere entrambi.

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