CAPITOLO TRENTUNO: Pessima Mossa.

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Il giorno seguente ero tornata all’agenzia sfoggiando il mio broncio.
Dopo quello che era successo nella mia stanza alla U.A. non avevo la minima voglia di portare avanti quel litigio tra me e Keigo, ma dovevo.
Sono pur sempre io la donna, no?
Ci avevo provato, almeno.
Ma lui aveva passato tutto il giorno a tormentarmi per “perdonarlo” e io avevo consentito solamente se avesse accettato di chiudere quel becco.

Con Tokoyami invece era diverso; quelle cose che gli avevo detto, quelle cose che avevo detto a tutti loro, continuavano a rimbombarmi nella testa.
Ero entrata nel dormitorio al rallentatore, e non appena avevano notato la mia presenza era calato un gelo assurdo nell’edificio.
E cosa potevo fare io? Se non portare avanti il gioco?
Nulla.
Chiedere scusa? Spiegarmi?
Per chi diavolo mi avete preso.

Ma veniamo al punto; la giornata sembrava non voler finire mai.
Continuavo a guardare l’orologio, per cercare di calcolare quanto tempo mancasse all’appuntamento con Dabi.
Diamine, questa era una cazzata bella grossa.
Insomma, qui dentro sappiamo tutti benissimo che non sto proprio simpatica a quel ragazzo, sgattaiolare fuori dalla scuola per salire in metro e incontrarmi con lui in un parchetto sperduto non è decisamente una buona mossa.
No, infatti; da qui deriva il titolo del capitolo, no? Pessima mossa.
Eppure, mi infilati in fretta e furia dei jeans grossi e una felpa calda: avevo giá vissuto quell’esperienza, e oltre al fatto di non essere stata decisamente piacevole, avevo sofferto un sacco di freddo.

Mi infilai un cappellino nero e gettai nel mio zaino di scuola una borraccia d’acqua, dei soldi e una torcia: si, sono pronta a tutto.
Non posso sapere cosa mi aspetterá.
Ovviamente speravo che Dabi volesse davvero solo parlare, ma dato che le poche volte che ci incontravamo finivamo sempre per prenderci a botte dovevo essere pronta.
Pronta a tutto.

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“Non sono pronta” sussurrai tra me e me mentre tentavo inutilmente di scorgere qualche figura nascosta nel buio.
Feci qualche passo all’interno del parco, le mani stringevano le cinghie dello zaino e io tremavo.
Dal freddo, ovviamente.
Raggiunsi le altalene e mi ci sedetti sopra.
Pessima mossa. L’ho giá detto?

Allungai il braccio sinistro sopra di me e scrollai la mano, in modo da far scendere la manica della felpa pensante per controllare l’orologio.
Erano le 2.17
Fantastico.
Ero pure in ritardo.
Rialzai lo sguardo e lo puntai sul lampione a qualche metro da me: che sarebbe finita male lo sospettavo ben, restava da capire per chi sarebbe finita male.
“Sei in ritardo” sibiló una voce alle mie spalle; salti in piedi in zero due e mi voltai: “La metro… si è bloccata”
Era vero?
Vi lascio immaginare.
“Muoviti, seguimi” disse lui facendo dietro front e cominciando a camminare.
Aveva una giacchetta scura, diversa da quello straccio che di solito indossa, il cappuccio era tirato su e le mani rintanate nelle tasche.
Sospirai e lo seguii.

“Cosa devi dirmi?” domandai io una volta notato che il Villain si era fermato.
Mi aveva fatto scendere lungo gli argini di quel fiumiciattolo, portandomi in una sorta di galleria tetra: “Questo posto fa schifo” constata io osservando le pareti curve del tunnel, imbrattato di graffiti vecchi e ragnatele.
La tipica tana di qualche ratto, decisamente.
Spostai inevitabilmente lo sguardo su Dabi; qualche ratto e qualche assassino.
O qualche ratto assassino.

Lo osservai appoggiarsi alle pareti lerce con la schiena: “Che cosa ti ha detto l’eroe?”
Deglutii abbassando lo sguardo, sapeva benissimo anche lui che non mi aveva detto nulla.
Niente, neanche mezza parola.
Piegai la testa di lato e scrollai le spalle: “Qualcosina” spiegai mostrandomi incurante: non volevo passare per quella che viene lasciata in disparte “Qualcosina cosa?” Domandó lui alzando un sopracciglio.

WINGS ON FIRE [Hawks x Reader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora