3. 𝙿𝚛𝚒𝚖𝚘 𝚐𝚒𝚘𝚛𝚗𝚘, 𝚙𝚛𝚒𝚖𝚒 𝚙𝚛𝚘𝚋𝚕𝚎𝚖𝚒

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I giorni volavano a tempo di un battito di ciglia; ormai l'estate stava terminando, e presto era ora di tornare a scuola. Papà, come sorpresa, diede dei soldi messi da parte a me e Harper per comprare del materiale scolastico e rifornire il guardaroba, giusto per non indossare i soliti stracci. Così passammo 2 giorni intensi a girare mercatini e edicole, trovai dei vestiti adatti per la scuola così da non dare all'occhio, e comprai zaino, quaderni, astuccio e cancelleria nuovi. Doveva essere tutto perfetto: sarebbero stati 4 anni importanti, volevo dare il massimo, e speravo di poter trovare degli amici. Ma non devo illudermi troppo, saranno tutti ricchi sfondati in quella scuola e sicuramente nessuno vorrà fare amicizia con me. Già immagino: appena metterò piede dentro, troverò i miei carnefici personali ad aspettarmi.

E così il 12 settembre arrivò. La sera prima avevo preparato tutto con cura, per evitare di essere impreparata. Ed ero pure andata a letto presto così da essere bella riposata. Pensare di poter riprendere i libri in mano per studiare altre cose nuove mi gasa. Quella mattina mi svegliai presto, mi feci una bel bagno caldo per calmare i nervi data tutta l'agitazione, mi asciugai veloce, indossai i vestiti prescelti (un paio di jeans strappati e una felpa verde militare), ricontrollai un paio di volte lo zaino e poi feci colazione. Quando finii, aspettai Harper e dopo che salutammo i nostri genitori, ci incamminammo verso scuola insieme. Prima c'era la sua, mi abbracciò stretta augurandomi buona fortuna, e andò dentro. Dopo aver fatto un bel respiro profondo per calmarmi, mi incamminai verso il mio sogno. Senza neanche rendermene conto arrivai davanti alla scuola e tentennando entrai.

Non nego di essermi sentita a disagio nel passare tra i vari studenti, sono molto diversi da me e non è difficile capire da che banlieue provengano. Passo fra di loro cercando di non dare troppo all'occhio e mi dirigo in segreteria: appena arrivo, dico di dover parlare con la dirigente ma noto subito lo sguardo della donna seduta davanti a me con cui parlo. Non mi sfugge la sua occhiata, e nonostante il grande fastidio, faccio finta di nulla e cerco di sorridere. Neanche il tempo di avvisarla che una donna esce dall'ufficio. "Ciao, posso aiutarti?" mi chiede guardandomi dolcemente. Annuisco. "Si, sono la ragazza della borsa di studio.." dico sperando capisca. "Oh si, vieni pure." dice, e la seguo nel suo ufficio.

"Allora.." comincia, guardandomi. E' una bella donna, i suoi occhi verdi mi scrutano, il rossetto rosso delle labbra risalta il suo sorriso bianco troppo perfetto, vestita elegante con camicia bianca e gonna nera, i capelli biondi platino raccolti in un ordinato chignon. ".. Hollie giusto?" mi chiede e annuisco, poi continua. ".. sono felice di averti nella mia scuola, spero davvero che ti troverai bene.. sono stata onorata nel vedere i tuoi strabilianti voti e non potevo non ammetterti.. Dunque, qui hai l'orario settimanale con le materie e le due attività extracurricolari a tua scelta, e questa è la chiave del tuo armadietto.. dentro troverai già tutti i libri.." mi dice porgendomi un foglio e una chiave, dove lampeggia il numero 742. "Grazie mille.." dico, facendo per uscire ma mi blocca. "Sappi che per qualsiasi problema puoi venire da me.. il tuo papà mi ha raccontato della scuola di Nantes, delle elementari in particolare.. i ragazzi delle banlieue di alto rango sanno essere molto cattivi e non esiterebbero a prenderti di mira.. se dovesse succederti qualcosa, non esitare e vieni da me che ci penso io." mi prega e io annuisco, capendo le sue buone intenzioni ma dopo quello che ho passato, posso benissimo superare questo.

Esco dalla segreteria sotto lo sguardo ancora schifato della donna di prima e mi dirigo dove la preside mi ha spiegato di andare. Trovo subito il mio armadietto, e dopo aver messo un codice semplice da ricordare, guardo l'orario del giorno. Oggi avrei Inglese, Storia, Trigonometria e Francese, e nel pomeriggio Fisica e Chimica; la prima è nell'aula 18 al primo piano. Chiudo l'armadietto e mi incammino a testa bassa, sperando nessuno venga a dirmi nulla, è l'ultima cosa che mi serve oggi. Ma il destino volle che mi scontrai con qualcuno e caddi sulle ginocchia. Capisco subito di essermi messa in un guaio quando al posto di 'tutto apposto? stai bene? ti sei fatta male? scusami' sento solo delle risate.

Mi alzo senza girarmi per potermela svignare ma qualcuno mi prende da una spalla e mi sbatte al muro; mi trovo davanti un ragazzo, molto carino, che mi fissa con i suoi occhi scuri, e cerca di tenermi ferma. Ha un bel viso, molto dolce, ma la sua espressione è l'opposto. "Ma guarda un po' chi abbiamo qui.." dice con un tono che non gli si addice proprio. ".. lo sai vero che i jeans strappati andavano di moda anni fa?" non rispondo, lo guardo solo leggermente spaventata: ho appena trovato coloro che mi tormenteranno da oggi in poi. "Eric, piantala.. dobbiamo andare in classe.." dice il ragazzo dietro di lui. "Eddai, voglio solo divertirmi.." dice continuando a guardarmi divertito.

"Tu non sei delle nostre banlieue, vero?" mi chiede ma non saprei se e come rispondere: o mentivo, ma non era il mio forte, o dicevo la verità e il rischio di prenderle saliva. ".. non da dove venite voi.." dico semplicemente, cercando di non far tremare la voce. Il ragazzo sbuffa. "Come immaginavo.. a guardarti direi che sei di Sevran o quelle parti lì ma spero di sbagliarmi. Insomma, quelle come te non potrebbero mai permettersi una scuola come questa.." dice con tono pacato. Deglutisco ma non ho intenzione di stare zitta, non posso farmi chiudere la bocca da questi figli di papà. "Mi dispiace deluderti ma vengo proprio da lì.." dico guardando il suo viso corrucciarsi dalla confusione. "Dimmi che stai scherzando.." dice ridendo nervosamente ma davanti alla mia faccia impassibile, capisce che sono seria.

"Non ci posso credere.." dice e si gira con le persone dietro di lui. ".. la preside ha ammessa questa che viene da Sevran? Siamo seri? Questa scuola sta cadendo in basso.." dice, e mi leva le mani dalle spalle. Faccio per andare via ma vengo placcata da un'altra persona. Questa volta è una ragazza, molto bella: ha dei bei lineamenti al viso, gli occhi color azzurro oceano mi guardano in preda all'ira, i capelli castani sono super ordinati sulle spalle, mossi, e vestita molto bene, con una camicetta bianca decorata, jeans neri super attillati, che mettono in mostra il fisico slanciato, e un paio di tacchi ai piedi. ".. non dirmi che quello che stanno dicendo è vero? Dimmi che non sei veramente della banlieue di Sevran?" mi chiede, e sembra parecchio arrabbiata.

Annuisco con la testa ma mi pento di averlo fatto subito dopo, dato che la sua mano si stampa sulla mia guancia. Mi fa girare di lato da quanto era forte e noto che tutti ridono a parte lei e il ragazzo dietro di lei. "Chris.." dice un ragazzo che prima non c'era, sarà arrivato dopo. "No, sai benissimo che per me tutti quelli del Sevran dovrebbero essere morti. Che cavolo ci fa questa qui in mezzo a noi?" chiede guardandomi schifata. "Piantatela e andiamo in classe.." interviene il ragazzo che è rimasto serio tutto il tempo.

"Non ho chiesto e neanche me ne frega del tuo parere Nathan, non so neanche perché sei nel mio gruppo dato che critichi o hai sempre da ridire su ogni cosa io faccia.." dice furiosa avvicinandosi al ragazzo. "Se sei ingiusta, certo che ti critico.. te la stai prendendo con una ragazza che non ti ha fatto nulla, ma solo perché ha una provenienza diversa dalla nostra.." dice indicandomi. "Questa scuola è la migliore di Parigi e ci va solo chi ha soldi, questa non ce li ha neanche per mangiare probabilmente.." dice rabbiosa la ragazza.

La sua ultima frase mi gela sul momento, questa va oltre alla cattiveria che ho conosciuto a Nantes. Preferivo essere presa a calci e pugni sinceramente. Lei si avvicina a me tirandomi per la felpa, mi sbatte con forza la schiena contro il muro, facendo in modo che la guardi dritta negli occhi e mantiene quello sguardo furioso. "Vedi di non crearmi problemi, ci metto due secondi a polverizzarti.." dice non spostandosi di un millimetro e con un tono talmente serio da rimanere paralizzati.

Una voce ci interrompe, e mi ritrovo a ringraziare mentalmente la persona che mi ha appena salvato la vita il primo giorno di scuola.

𝚃𝚞𝚝𝚝𝚘 𝚎̀ 𝚙𝚘𝚜𝚜𝚒𝚋𝚒𝚕𝚎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora