5. Hakuna Matata. No?

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Non so se lasciare mio figlio con Alexa sia stata una mossa vincente, non vorrei ritrovarmi con un figlio tatuato, ma la situazione mi ha costretto a farlo.
Non avrei mai lasciato Santiago con Athalia, lo avrebbe terrorizzato con i suoi sbalzi d'umore.

Oramai sono in macchina da venti minuti ma non ho ancora trovato parcheggio, davanti al club Colombo. Le luci a led dell'insegna mi accecano per un secondo, ma finalmente trovo parcheggio.

Esco dall'auto sistemando i leggings sui fianchi, pentendomi subito di non essermi cambiata. Raggiungo i bodyguard all'entrata.
"Signorina lei non può entrare." Mi ferma uno dei due controllando su un foglio che tiene in mano.

"Sono Ashley Castillo, brutti scimmioni." Sbotto facendogli sgranare gli occhi.
"Mi scusi signorina." Si scusano a tempo record aprendomi la porta.

Scendo le scale, sperando di non cadere, per colpa delle ciabatte che indosso.
Intravedo Ryan al bancone e piazzando un paio di gomitate a destra e a manca riesco a raggiungerlo.

"Finalmente sei qui." Sospira mentre tiene Ethan per le spalle, riverso sul bancone davanti ad una bottiglia di tequila.

"Che è successo?" Chiedo stringendo tra le mani le chiavi dell'auto.
Ethan, mezzo svenuto sul bancone, borbotta qualcosa su di me e su quanto io sia stronza, prima di ingollare un altro shot di tequila.

"È tutta la sera che lo ripete. Dice che non gli credi." Sospira Chris, raggiungendoci dall'altra parte del bancone.

"Cazzo." Mormoro portandomi mani davanti al viso. Ho fatto una minchiata. Vederlo in queste condizioni, per colpa mia, è come ricevere un pugno in pieno stomaco.

Sono un'idiota.

"Mi aiutate a portarlo in auto?" Chiedo sentendo le lacrime bruciarmi dietro le palpebre. Spero di non aver rovinato tutto, un'altra volta.

Ryan annuisce e si carica sulle spalle il braccio di Ethan sostenendolo fino all'uscita.
La brezza fresca di aprile mi colpisce il volto, come se fossi tornata alla realtà.

"Sei una stronza. Non so perché ti comporti così, in questo periodo." Farfuglia per colpa dell'alcool fissandomi con gli occhi iniettati di sangue.

So che è inutile discutere con lui adesso, visto che domani mattina non ricorderà neanche di essere stato al club, ma sono stanca di dovermi tenere tutto dentro per paura di essere insultata, e apro finalmente bocca.

"Io mi comporto così perché sembra che non esista più. Ieri sono arrivata a pensare che stessimo insieme solo per Santiago." Il suo sguardo è vacuo e liquido. Non capisco a cosa stia pensando.

"E sono fottutamente stanca di questo, non fraintendere: io ti amo e amo nostro figlio, ma sembra che questo sia una specie di limbo. Questa situazione durare per sempre o ci sarà un cambiamento?" So bene di cosa sto parlando, e non vorrei, ma faccio affidamento al suo essere sbronzo, sperando non capisca.

"Lo sapevo." Sussurra passandosi una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più quanto già non lo fossero.
"L'hai scoperto." Continua a borbottare, facendomi aggrottare la fronte, totalmente confusa.

"Di cosa stai parlando?" Domando avvicinandomi a lui, convincendomi sempre di più che stia per avere un attacco di panico.

"Non fare quella faccia, lo so che lo sai." Mi punta un dito contro rattristato.
So che probabilmente sta delirando, ma voglio credere alla diceria che l'alcool ti fa dire la verità.

"Cosa dovrei aver scoperto?" Domando cambiando tipo di attacco. Magari così scoprirò cosa dovrei avere già scoperto.

"Dei biglietti per Cancun." Sciorina esasperato, probabilmente credendo che io lo stia prendendo in giro. Peccato che io sia più confusa di lui.

Para la Vida y Para SiempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora