18. Sappi che te la farò pagare

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Un rumore sordo mi riporta con i piedi per terra. Uno sparo. Il respiro mi si blocca in gola quando percepisco una fitta alla coscia. Mi porto le mani sul retro della gamba per fermare l'emorragia.

Le ginocchia mi cedono, ma non cado, Ethan è più veloce e riesce a sostenermi. Mi appoggia al suolo ed estrae la pistola dai pantaloni. Non è ancora finita.

Devo riuscire a prendere la pistola, ma con la mano sinistra farò ben poco.

Mi levo la canotta e la strappo cercando di fare una fascia, la avvolgo intorno alla gamba e la stringo sperando che duri il più possibile. Stringo i denti per riuscire a resistere al dolore e tra i rumori degli spari e delle urla riesco a prendere la pistola.

La punto davanti a me cercando di proteggermi, non vedo nessuno, ma uno sparo proveniente dalla pistola di Ethan mi fa trasalire. Un verso spezzato proviene dal tetto del teatro e poi il silenzio più assoluto.

Passano minuti, forse ore, ma l'unica cosa che riesce a non farmi svenire è la speranza. Speranza di una fine.

Il trillo del cellulare mi distrae, lo estraggo dalla sacca e leggo il nome di Julio. Se questa non è la coincidenza perfetta...

"Smettetela di sparare, sono tutti morti." Esclama vittorioso prima di chiudere la chiamata. Sospiro e sorrido a Ethan. È finita.

"D'ora in poi basta sparatorie." Sospira sollevandomi a mo di sposa, macchiandosi la maglia e le braccia del mio sangue.

"Torniamo a casa." Mi appoggio alla sua spalla sentendo gli occhi farsi pesanti.
"Non chiudere gli occhi, ti prego." Sento che esclama con voce rotta ma ormai è troppo tardi. Le orecchie fischiano e si fa tutto buio.

Pace.

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Athalia Pov

Le isole Samoa americane non mi sono mai piaciute, ma la cosa che meno mi piace è ricevere chiamate in piena notte dove mi informano che qualcuno ha sparato alla mia migliore amica.

Stringo forte la mano del piccolo Santiago quando scendiamo dal taxi. L'ospedale si erge cupo e maestoso davanti a noi facendomi provare una stretta allo stomaco.

Spero che lei e il bambino stiano bene.

Entriamo nell'androne e seguendo le indicazioni dell'infermiera al bancone all'ingresso riusciamo a raggiungere il reparto di terapia intensiva.

Le pareti bianche dei corridoi mi soffocano, ma cerco di non fermarmi o sarebbe la fine. Sento la bambina scalciare nella pancia, come se mi stesse dicendo di muovermi.

Lei è la mia forza e il mio coraggio.

"Tia, la mamma sta bene?" La vocina dolce di Santiago mi desta dai miei pensieri, facendomi sorridere leggermente.

"Adesso si, mi amor. E sono sicura che grazie ai tuoi biscotti starà ancora meglio." Alludo al sacchetto di biscotti che abbiamo comprato in una pasticceria appena fuori dall'aeroporto.

"Lo sai vero che non devi mentirmi? Lo so che hanno sparato alla mamma." Mi fissa con gli occhietti verdi ridotti a due fessure, come se cercasse di sfidarmi a mentire ancora.

"Infatti non sto mentendo, niño." Cerco di ricreare la mia espressione più seria possibile, sperando che lui mi creda.

Para la Vida y Para SiempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora