Capitolo 8: Di Ricordi E Tocchi Fugaci

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Erano le sette quando, quel venerdì sera, Elia suonò al campanello di casa Sava.

Erano passate due settimane dall'ultima volta in cui lui e Filippo si erano visti, e il biondo aveva ancora la sua giacca. La giacca che gli aveva regalato sua nonna.

Quell'indumento era prezioso per lui. Non se ne era mai separato da quando l'aveva ricevuto in dono, ormai quattro anni prima.

Eppure quando aveva visto Filippo sul terrazzo, tremante dal freddo, non aveva aspettato nemmeno un secondo prima di darglielo. Sentiva una forte simpatia nei confronti di quel ragazzo, seppure fosse molto diverso da lui, e aveva sentito di potersi fidare.

Nonostante ciò, erano passate due settimane ormai dalla festa. E aveva sentito la mancanza di quella giacca, che gli ricordava la sua amata nonna.

L'unica persona che lo aveva sempre amato per quello che era.

Quando la porta dell'appartamento si aprì, si stupì di trovare solamente il biondo in casa.

«Ei Elia! Entra pure, Ele è uscita.»
Non sapeva che Filippo ed Eleonora vivessero da soli. Eppure la casa era davvero grande per due persone, soprattutto per due ragazzi poco più che adolescenti.

Entrò. Filippo lo fece accomodare sul divano, per poi sparire in quella che Elia suppose essere la cucina.

Casa Sava era davvero bella. Era arredata con gusto, ma soprattutto aveva un che di accogliente, di vissuto. Si ritrovò a pensare, tristemente, che quella casa era tutto quello che la sua non era mai stata.

Filippo tornò dopo poco tempo dalla cucina, con due birre in mano.

«Allora... Cosa mi racconti di bello?»

Elia non sapeva cosa rispondere. Avrebbe dovuto dire la verità? Avrebbe dovuto raccontargli che tutto nella sua vita sembrava andare a rotoli? Parlargli di sua madre, che non gli rivolgeva mai la parola, e quando lo faceva era solo per rimproverarlo, per ricordargli ancora una volta quanto fosse una delusione? Di suo padre, che non era mai a casa e se c'era se ne stava in un angolo, guardandolo come si guardano le cose rotte che non si possono più aggiustare? Di sua sorella, che non vedeva da un anno e che lo aveva lasciato solo in mezzo allo schifo della sua vita? Oppure dei suoi amici, che lo facevano sentire un bambino perché non sapeva ancora cosa fare della sua vita?

«Oh, niente di particolare. Sempre le solite cose.»

Dal modo in cui l'altro lo stava guardando, capì di non essere stato molto convincente.

«Vabbè dai... Cannetta? Ti va?»
Ringraziò mentalmente Filippo per aver cambiato argomento e lo seguì sul terrazzo.

Ancora una volta ebbe modo di osservare il modo inusuale che il biondo aveva di fumare. Era una visione quasi ipnotica ed incredibilmente elegante.

«Mi piace il modo in cui fumi.» le parole gli uscirono senza che potesse controllarle, complice anche l'effetto della canna.

Il biondo lo guardò divertito.
«Che ha di strano?»
«No, nulla di strano. È solo che lo fai sembrare una cosa elegante. Mi piace.»

Avrebbe potuto giurare di aver visto Filippo arrossire.

Trascorsero un'oretta sul terrazzo, parlando di tutto e di nulla. Elia si sentiva davvero felice quando stava con Filippo. Riusciva a dimenticarsi tutti i problemi in sua compagnia.

Erano passate da poco le otto, quando il biondo glielo chiese.

«Elì, senti... Ti andrebbe di restare per cena? Tanto Ele è uscita, e non credo tornerà a dormire stasera.»
«Sta a dormire da Eva?»
«No, lei... Oddio, teoricamente non potrei dirtelo eh, però... È uscita con il suo ragazzo.»

Ora che ti guardo bene//ElippoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora