Capitolo 7: Di Giacche E Gaydar

1.1K 63 146
                                    

«Lui ha fatto cosa?»

Nonostante avesse la testa appoggiata al tavolo e coperta con le braccia, a Filippo sembrò ugualmente che Martino gli avesse urlato quelle parole nelle orecchie con un megafono.

Alzò la testa e incontrò lo sguardo del rosso, evidentemente sconvolto da ciò che gli aveva appena detto.
«È la terza volta che te lo ripeto Martì. M'ha dato la sua giacca.» roteò gli occhi.

Martino sembrava ancora sconvolto. Filippo non capiva proprio perché l'amico avesse reagito in quel modo. In fondo, a lui la cosa non era apparsa così rilevante.

Certo, anche lui era rimasto stupito dal gesto del moro nei suoi confronti. E ci aveva rimuginato su per tutta la settimana, ogni volta che gli era capitato di rimanere da solo con i suoi pensieri. E forse (ma solo forse) gli era capitato alcune sere di tirare fuori dall'armadio la giacca di Elia, quella giacca che profumava terribilmente di lui, e stringerla al petto mentre dormiva.

Ma no, la cosa non aveva avuto un grande impatto su di lui.

«Cioè, tu mi stai dicendo che Elia Santini ti ha dato la sua giacca?»
«Vuoi un disegnino, Marti? Mi spieghi cosa c'è di così assurdo? È solo una giacca!»

Martino alzò gli occhi al cielo. «No Filo, tu non conosci Elia. Quella non è solo una giacca. È la sua giacca preferita.»
«E quindi?»

«Elia è gelosissimo di quella giacca. Credo gliel'abbia regalata sua nonna, non sono sicuro... Fattostà che non la lascia toccare a nessuno, neppure per sbaglio. Figuriamoci prestarla a qualcuno. È assurdo che te l'abbia data.»

Filippo sentì il cuore diventare leggero alle parole del rosso. Per un secondo si dimenticò tutto quello che si era ripetuto durante quella settimana, tutte le raccomandazioni che aveva fatto a sé stesso riguardo al non farsi film mentali sul moro.

Elia gli aveva dato la sua giacca, la giacca da cui non si separava mai. L'aveva data a lui.

Questo cosa voleva dire? Non lo sapeva.

Ma forse se il moro gli aveva affidato qualcosa di tanto importante, voleva dire che anche Filippo era importante per lui in qualche modo.

No, era impossibile. Si conoscevano appena. Ed Elia non era certo il tipo che si affeziona facilmente alle persone.

Elia non era come lui.

«E questo... Che significa?» non provò nemmeno a nascondere la speranza che trapelava dal suo tono di voce.

«Non lo so, Filo. Davvero, non ne ho idea. Magari semplicemente t'ha visto lì che tremavi e non gli andava di farti morire di freddo, che ne so. Anche se non sembra, lui è uno che si preoccupa tanto per gli altri.»

«Secondo me te l'ha data perché gli piaci!»

Martino aveva detto a Filippo che sarebbero stati soli in casa quel giorno, ma evidentemente non era così.

Come a confermare le sue ipotesi, in quel momento un ragazzo moro e dal sorriso smagliante si affacciò alla porta della cucina.

«Ciao Filo!» disse questo sorridendo, poi andò verso Martino e si sedette sulle sue gambe, lasciandogli un dolce bacio sulle labbra. «Ciao anche a te Bambi».
«Ancora? T'ho detto di smetterla di chiamarmi così, almeno con gli altri!»
«Ammettilo che in realtà ti piace!»
In tutta risposta il rosso sfregò il naso contro quello del suo ragazzo affettuosamente.

Filippo si sentiva un po' a disagio. Era abituato alle effusioni continue che Martino e Niccolò si scambiavano in ogni momento della giornata, come se non potessero stare l'uno senza l'altro per neanche un secondo, ma non era certo il massimo assistervi da solo.

Ora che ti guardo bene//ElippoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora