•Capitolo 19•

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«chi è Grace?» prima che Adds possa intravedere la figura di questa donna dietro la porta la richiudo subito e mi volto verso di lei. Se scoprisse chi le ha fatto la cortesia di farle visita le prenderebbe il panico o al contrario, commetterebbe un omicidio; ad ogni modo, meglio evitare.

«nessuno tranquilla, emh... Ander stava preparando il pranzo perché non vai ad aiutarlo? Sai com'è, non vorrei che bruciasse la cucina; io esco un attimo, torno subito» dico frettolosa sparando cose a caso pur di non farle sapere chi ci ha degnato della sua presenza.

«emh ok» mormora incerta, ma sembra essersela bevuta; appena varca l'entrata della cucina apro subito la porta ed esco. Argh. Contiamo fino a mille forza, 1...2...3...4...

«che cazzo ci fai qui?!» urlo, ma allo stesso tempo sussurro per non farmi sentire da Adds. Quest'individuo non dovrebbe conoscere questo posto, Addison quando si è trasferita non ha detto a nessuno dove ha preso casa, proprio per non farsi trovare da individui indesiderati. Qualcosa mi puzza.

«che c'è una mamma non può rivedere la sua bambina?» domanda ironica la specie di donna difronte a me. Che Dio l'aiuti perché sto per infuriarmi di brutto.

«andiamo da un'altra parte, Addison non deve sentirci» scendiamo le scale per poi uscire dal palazzo. Una volta arrivate dall'altra parte dell'edificio ci rimettiamo face-to-face

«ti rifaccio la domanda che cazzo ci fai qui?!»

«te l'ho detto, volevo vedere come se la spassasse la mia amata bambina» dice con un sorrisetto da schermata. Ma chi vuole prendere in giro? 

«Katia non sparar cazzate, primo sei la matrigna di Adds e non la madre; secondo ti rifaccio per l'ultima volta la domanda poi me ne vado, che cazzo ci fai qui?» lei mi guarda con un ghigno alzando le sopracciglia assumendo, così, un'espressione quasi sorpresa. Non sono abituata a dire "parolacce", e se le dico, vuol dire proprio che sono al limite della sopportazione. Diciamo che mi servo di questo modo di parlare per far arrivare secco il messaggio senza futili giri di parole. 

«mi ero dimenticata di quanto fossi protettiva nei confronti della mia figliastra, mentre il linguaggio scurrile che hai adottato mi è nuovo... Cos'è hai finalmente deciso di far uscire il peggio di te?» comica, il peggio di me?! In diciassette anni di vita, non è mai uscito e lei non riuscirà a farmi perdere del tutto le staffe. All'esterno posso sembrare anche "dolce" e "cara", ma la realtà è ben un'altra; dentro sono un fuoco, un vulcano quiescente. Il termine con cui mi definirei sarebbe più "bomba ad orologeria". Posso esplodere sempre, da un momento ad un altro creando distruzione. 

Abbastanza macabra come similitudine, ma hey ci vuole per farmi perdere la pazienza quindi direi che gli USA sono al sicuro; per adesso. 

«non tergiversare, se non mi dici quello che hai in mente...» sto per dire "ti ammazzo", ma mi fermo in tempo; se avesse qualche ascoltatore o qualche microfono o addirittura qualche registratore si potrebbe rigirare la frittata a suo favore, denunciandomi per minaccia di morte. Devo agire d'astuzia, come una volpe.

«Pff, cosa, che farai?» domanda con un sorriso sulle labbra. 

«scoprirò tutti i tuoi peggior segreti e li darò in mano ad Adds poi deciderà lei cosa farci; sai, essere la figlia di un'avvocatessa molto importante ha i suoi pregi»

«non oseresti!» esclama sbiancando; chissà quanti scheletri nell'armadio tiene quest'essere ripugnante, li scoprirò tutti.

«scommettiamo?» un ghigno si fa spazio tra le mie labbra. Nessuno mi sfida se ha davvero qualcosa nella scatola cranica. Il suo panico in men che non si dica si trasforma in divertimento; neanche io cambio umore così velocemente quando ho le mestruazioni. 

Love in the fieldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora