Capitolo 1;

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«dai papà, ma ti vuoi svegliare?»

Ancora una volta Niccolò fu svegliato dall'unica vocina che riempiva le sue giornate, o meglio, la vocina dell'unica impersona importante della sua vita.
Aprì gli occhi lentamente e prese le mani della sua bambina, le quali erano posizionate sul suo viso per lasciarle qualche carezza appena sveglio.
Era una fredda giornata d'inverno, il calendario segnava il ventotto novembre e c'era una motivazione ben precisa se la piccola Giusy quella mattina si era alzata allegra e pimpante.

«che è successo monella? In genere devo ricattarti per farti andare a scuola» chiese Niccolò mettendosi seduto e lasciandole un bacio sulla testolina dai capelli chiari.

«ecco.. volevo dirti una cosa» iniziò lei mordicchiandosi il labbro.

Niccolò attese ciò che aveva da dire, ma poi il suo sguardo venne catturato da ciò che c'era al di fuori della finestra.
Senza neanche lasciarla iniziare a parlare, la prese tra le braccia e si diresse verso ciò che aveva visto, neve.
Non si vedeva da anni la neve a Roma, l'ultima volta che aveva avuto l'onore di vedere un tale spettacolo era poco più piccolo di sua figlia.
Ormai Giusy aveva cinque anni, frequentava l'ultimo anno di asilo.
Niccolò era abituato a stare con lei ogni giorno, soprattutto tutto il giorno.
All'età di due anni, anche se a malincuore, dovette iscriverla a scuola.
Per quei due anni aveva lavorato solo da casa, e quando aveva prove, registrazioni o impegni che non poteva svolgere nel suo studio, portava Adriano con se per badare alla bambina.
Riguardo alla sua di vita privata, non era chissà quanto esaltante.
Lavoro, Giusy, lavoro, Giusy.
Non sfiorava né il corpo né le labbra di una donna da anni, non ne aveva neanche intenzione di farlo.
L'ultima volta che aveva concesso tutto sé stesso l'aveva fatto con l'unica ragazza che amava e ama ancora, non riusciva neanche a pensare di andare oltre a qualche chiacchiera o un saluto con una donna.
Sapeva che Giusy aveva bisogno anche di una figura materna nella sua vita, ma non riusciva.
Tutta via alla piccola andava bene, Niccolò era sia madre che padre per lei, non aveva il grande peso di non avere una mamma.
L'unica cosa che gli faceva dimenticare quanto ancora stesse male era il sorrisino sulle labbra di sua figlia e la sua musica, nient'altro.

«a cosa pensi papà?» chiese la piccola mente suo padre guardava con sguardo perso i piccoli fiocchi di neve che scendevano per strada.

Lui scosse di poco la testa per risvegliarsi dai suoi pensieri, poi sforzò un sorriso e le lasciò una carezza sulla guancia.

«papà senti.. non è che per oggi potrei..»

«va bene, niente scuola» disse Niccolò arrivando dritto al punto, guadagnandosi un bel sorriso sul viso di sua figlia.

«si! Grazie»

Giusy scese dalle sue braccia e, non prima di avergli stampato un bacio sulla guancia, corse in cucina.
Mentre Niccolò iniziò a smanettare sul telefono, prese una sedia per aprire il mobile e afferrare qualsiasi cosa di dolce ci fosse al suo interno.
Appena il moro lesse una notifica dal suo manager però, si alzò in piedi e raggiunse sua figlia nell'altra stanza.
Al quanto pare la neve non avrebbe bloccato le registrazioni del nuovo album, quindi per quel giorno avrebbe portato con sé Giusy in studio.

«nanetta, fila in bagno a prepararti che devo andare in studio, e oggi tu verrai con me»

«ma papà io volevo andare a giocare sulla neve!»

«appena finisco di lavorare passiamo a prendere spugna dalla nonna Anna e andiamo al parco, va bene?» propose lui strofinando la punta del naso contro il suo.

La bambina annuì vittoriosa e si diresse in bagno per lavare i denti.

[...]

«oggi ultimo ci ha portato la principessina eh» disse Jacopo vedendo entrare nella sala di registrazione anche quella piccola monella dai capelli biondi.

«si, Giusy vuoi andare a sederti lì?» chiese il moro a sua figlia indicando il divanetto davanti ai controlli riguardanti alla musica.

La piccola annuì e andò a sedersi sul divanetto impaziente di sentire suo padre cantare.
Amava le sue canzoni, la sua voce...
Ogni notte non riusciva a dormire se prima non sentiva almeno qualche strofa cantata dei suoi magnifici testi.

«cosa vuoi registrare oggi nic?»

«quella casa che avevamo in mente»

Niccolò cacciò un sospiro e socchiudendo gli occhi mise le grandi cuffie, sarebbe stato l'ennesimo testo per lei è ancora non usciva dalla sua testa.
La base partì e, dopo i primi venti secondi, iniziò a parlare.

«Resto ma non riesco
Parlo di qualcosa ma non parlo
E contraddico tutto ciò che tocco
Il mondo è un posto grande ma non troppo..» cantò cercando di non far trasparire alcun velo di tristezza dalla sua voce.

Jacopo e i ragazzi gli fecero un segno per farlo continuare e intimargli che stava andando bene, anche se dentro di lui c'era un enorme casino.
Giusy guardava la scena con un sorriso il volto e il viso poggiato sulle mani, adorava stare lì ad ascoltarlo.

«e tu occupavi un posto troppo grande
E certo adesso è strano non parlarne
Di quella casa che avevamo in mente
Lontano dalla strada in mezzo al verde»

Quante volte avevano pensato di andare a vivere insieme?
Quante volte lei aveva detto che l'avrebbe seguito per tutta Italia pur di fargli realizzare il suo sogno?
Quello stesso giorno che Niccolò tornò da Milano, era già pronto a chiederle di andare con lui nel piccolo appartamento che aveva preso per un po', aveva bisogno di lei.
Eppure si era distrutto tutto, compresi i loro sogni.

«e ti vorrei, ti vorrei, ti vorrei, ti vorrei
Ma ti prego com'eri prima
Con la faccia da bambina»

Una lacrima gli rigò il volto silenziosamente e stava facendo anche fatica nel cantare, ma infondo si stava solo concentrando sulle sue parola.
La rivoleva ancora con se, voleva vedere ancora quel dolce viso da bambina appena sveglio, voleva ancora lei.

Vivi tu per me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora