Capitolo 11;

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Era mattina presto, molto presto, il sole a mala pena riusciva ad intravedersi e l'unica con gli occhi fissi verso il soffitto era Giusy.
Da poco si era messa seduta e aveva spostato piano il braccio di Niccolò attorno alla sua vita, non voleva svegliarlo di prima mattina, ma allo stesso tempo non riusciva più a dormire.
Stava giocherellando col lembo della maglietta che indossava, era abbastanza grande da coprirla fino a metà coscia dato che non era sua, ma del ragazzo di fianco a lei.
Approfittando del fatto che fosse l'unica sveglia, si alzò lentamente e raggiunse una delle ante dell'armadio, dato che su di esse c'erano degli specchi.
Iniziò a guardare il suo riflesso, trovando un milione di diversità dall'ultima volta che si era guardata attentamente.
Alzando la maglia, poteva notare che i suoi fianchi erano più larghi, così da far notare una vita più stretta.
Anche il seno era più abbondante e i lineamenti del viso più tirati, come se volessero toglierle i particolari che hanno il viso delle semplici ragazzine adolescenti.
Vedere di essere cresciuta in un solo colpo non era da nulla, poteva notare molte diversità che forse non avrebbe notato con un cambiamento più lento.
Intanto Niccolò non sentendo alcuna presenza al suo fianco, aprì di scatto gli occhi e si voltò velocemente verso l'altra parte del letto, la quale era vuota.
Il fiato stava già iniziando a mancargli pensando che fosse stato tutto un sogno, ma appena vide Giusy davanti allo specchio pian piano riprese a respirare correttamente.
Lei non si era neanche accorta del fatto che Niccolò fosse sveglio, era troppo occupata a guardare ogni minimo particolare e difetto.
Quando però scese con l'occhio sulle parti che non erano per nulla cambiate, quel briciolo di speranza che aveva di esser migliorata si frantumò.
Le sue gambe non erano esili come quelle di una modella, aveva le smagliature sia sul seno che sulle cosce, la pancia era ancora gonfia e come se non bastasse c'era anche un enorme cicatrice per il parto.
Passò una mano sulle smagliature che aveva tra i glutei e le gambe, ma a un certo punto fece più forza con le mani, come se avesse voluto farle scomparire.
Stringeva in un pugno la maglia e non si accorse nemmeno che stava iniziando a lasciare dei graffi sulla pelle, ma infondo cos'era il dolore fisico in confronto a quello mentale?
Niccolò allora smise di rimanere fermo a guardare, si alzò e le bloccò entrambi le mani.

«ti fai solo male così» disse prendendole le mani e lasciandoci un bacio sopra.

«non è importante..»

«si che è importante, Giusy il primo passo per crescere mentalmente è riuscire ad accettarsi»

«allora credo che rimarrò una bambina a vita»

Il moro cacciò un sospiro e l'abbracciò da dietro, guardando il loro riflesso dallo specchio.

«pensi che questi siano difetti?» chiese percorrendo con le mani qualsiasi parte del corpo di lei che odiava.

In risposta Giusy annuì brevemente, non sapeva mai cosa dire quando i loro corpi erano a contatto in quel modo.

«come fai ad amare me se non riesci ad amare te stessa?»

«è facile, tu non sei come me, non hai imperfezioni ovunque, non hai tutti questi difetti..»

«Giusy io li ho, eccome se ho difetti, caratterialmente soprattutto dato che ho un caratteraccio, sei tu che non li vedi.
O meglio, li vedi ma non gli dai importanza.
A te interessa se ho un fisico da modello palestrato o no?»

«no, certo che no»

«perché no?»

«perché io ti amo così, che mi interessa di come sei fuori»

«allora ogni volta che hai dubbi sul perché io stia con te e non con qualsiasi altra ragazza, datti la stessa risposta»

Le prese il viso tra le mani il tempo di lasciarle un bacio in fronte, per poi raggiungere il bagno di fianco alla stanza.
Non che Giusy avesse avuto il tempo di replicare, ma infondo cos'avrebbe dovuto dire?
Niccolò aveva ragione, non c'era una motivazione al suo odio verso se stessa, e forse quella mattina capì qualche piccola cosa in più.

-

«'tacci tua»

Giusy rise all'ennesima imprecazione di Niccolò contro il piccolo scalino su cui stava salendo, l'armadio era grande quasi due volte lui e non ci sarebbe arrivato allungando il braccio.

«posso sapere che stai cercando?» chiese la ragazza mettendosi sulle punte per vedere cosa esattamente Niccolò voleva prendere.

«le tue cose» rispose lui non indicandola, era solo in accappatoio e in effetti non sapeva come vestirsi.

Il moro scese nuovamente gli scalini con due scatoloni uno sopra l'altro tra le mani, sembravano pesare un accidente.
Li poggiò sul pavimento e aprì il primo che gli capitò, ma per sua sfortuna non fu quello dove teneva i vestiti di Giusy, quella era "la scatola dei ricordi"
Una volta aperta in alto c'erano tutte le sue lettere, tante sue foto e svariati regali che forse sarebbe stato meglio non ricordare.
Giusy si sedette di fianco a lui e poggiò una mano sulla sua spalla, non immaginava nemmeno quanto fosse stato male avendo letto quei apparentemente banali fogli di carta.
Vedendo che Niccolò era sul punto di versare un intero oceano di lacrime vedendo quello scatolo, allungò un braccio per chiuderlo, ma lui le bloccò la mano.
Prese la prima lettera, le teneva in ordine, poi iniziò a leggerle ad alta voce tutte, nessuna esclusa.
Ogni parola era una pugnalata al petto per entrambi, Giusy rivivendo quei giorni si sentì quasi morire dentro, e Niccolò nel sapere che era stata così male si sentiva ancora peggio.
Era arrivato a leggere l'ultima lettera singhiozzando, mentre la sua ragazza seduta di fianco a lui aveva le gambe strette al petto e le lacrime che silenziose scendevano sul suo viso.

«quando le lessi per la prima volta volevo morire, era passata una settimana da quando credevo te ne fossi andata e mi era già crollato tutto addosso, queste lettere furono l'ennesima batosta.
Eppure tutto quello che avrei voluto fare era chiederti scusa così tante volte fino a perdere la voce..» sussurrò il moro asciugando le lacrime sul viso con l'avambraccio.

Giusy scosse la testa e si avvicinò a lui; prese delicatamente il suo viso tra le mani e lo guardò per pochi secondi, odiava vederlo star male in quel modo, ma allo stesso tempo amava la sua fragilità.
Pochi attimi dopo avvicinò i loro visi e poggiò piano le labbra sulle sue, come se con quel bacio si fossero sgretolati entrambi per quanto in quel momento si sentissero deboli.

«ti amo..» disse lei guardandolo fisso negli occhi, senza interrompere neanche un secondo quella catena di sguardi.

Era la prima volta che pronunciava quelle parole dopo cinque anni, era la prima volta che Niccolò dopo tutto quel tempo si sentì finalmente bene, al sicuro, riparato da tutti e soprattutto con un appiglio su cui poggiarsi quando "il mondo ti schiaccia".

Vivi tu per me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora