17. La Vigilia di Natale

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24.12.2016
La mattina della vigilia di Natale, mi svegliai stranamente alle 10:45, con l’odore di un dolce appena sfornato da mamma. Lei e le sue solite coccole.
Decisi di alzarmi, dopo aver risposto ad alcuni messaggi di buongiorno di Francesco, ormai arrivato a Palermo dai suoi, da poco.
Squillò il telefono, era Anita.
“Ehi dormigliona!” urlò all’orecchio. Direi che l’emozione del Natale inizia a farsi sentire da entrambe.
“Anita, buona vigilia anche a te, suppongo.” Le dissi ridendo.
“Francesco è arrivato?” disse, premurosa.
“Si, è arrivato a Palermo” dissi, con una punta di tristezza.
“Dai, avrete mille Natali da vivere insieme, il prossimo anno lo festeggeremo tutti insieme okay tesoro?”
“Si Anita, dove sarai stasera?” le dissi sorridendo e sviando il discorso su Francesco.
“Io stasera, e tutte le feste che verranno, sarò con i miei familiari, nonché i nonni materni e paterni, i fratelli, le cognate e tutti. Tu vai dai bambini e ti divertirai, io non tanto.” Disse poi ridendo.
“Si Anita, ma perché non vieni a casa mia? Mamma ha appena sfornato dei dolci credo, a giudicare dall’odorino nella mia camera!” e lei contenta accettò.
“Non posso perdermi i dolci buoni che fa tua madre” disse.
Dopo aver staccato la chiamata, mi cambiai e lavai il viso, scesi giù e mamma ovviamente, era impegnata nella preparazione di dolci deliziosi.
“Cos’è questo odore piacevole?” le dissi sorridendo, camminando verso la cucina.
“Tesoro, buona Vigilia di Natale!” disse mamma abbracciandomi.
“Ho preparato questi dolci amore, uno è per noi e l’altro per Anita, vuoi dirle di venire? O vai tu a lasciarlo?” disse, fiera del risultato.
“Mamma ti ho letto nel pensiero, sta arrivando!” le dissi sorridendo.
“Allora, questo è il dolce che porterò stasera a Margherita, ti piace?” disse, indicandolo.
Annuii sorridendo.
“Dici che sarà buono? Chissà se è buono!” disse lei dimenandosi. Io la guardai ridendo, fino a quando non suonano al campanello del cancello, doveva essere Anita.
“Mamma non devi portarlo a Masterchef comunque. Relax!” dissi dall’ingresso, alzando un po’ la voce per farmi sentire.
Dopo un po’ Anita entrò e mi abbracciò forte, poi andò da mamma e fece la stessa cosa.
“Maria, davvero credi che mi sarei persa i tuoi dolci della vigilia?” disse rivolgendosi a mamma.
“Ah quindi vieni per scroccare? Brava la signorina.” Disse, coinvolgendoci tutte in una fragorosa risata.
È come un rituale ormai, siamo molto legate con Anita, anche mia madre lo è, e ogni anno, la vigilia ci siamo sempre viste e Anita ha sempre ricevuto il dolce di mamma. Oltre ai regali.
Infatti, le presi il regalo e glielo porsi.
“Dai non dovevi farlo, lo sai che ti odio?” disse lei, sul punto di emozionarsi.
Stracciò la carta regalo e lo fissò incredula tra le mani.
“Ma dai Chiara, è il mio profumo preferito.” Disse odorandolo.
“Lo so, è da tre mesi che lo guardi nella vetrina del negozio vicino la scuola. Pensi non me ne sarei accorta?” dissi, con un sorriso trionfante.
“Grazie, grazie, grazie!” disse saltellando con il profumo in mano.
“Ora mangiate bambine, fate colazione su. Faccio il caffè.” Disse mamma, indicandoci i dolci preparati.
“Aspetta, adesso tocca a me.” Disse Anita prendendo un pacchetto dalla borsa. Me lo porse sorridente e io, sorrisi aggrottando le sopracciglia. Cercai di capire cosa fosse, ma non lo capivo.
Stracciai la carta regalo con un fiocco rosso al centro e non potei credere ai miei occhi.
“Anita! Ma veramente fai?” le dissi abbracciandola.
Era il romanzo “La verità sul caso Harry Quebert” che avevo in lista di acquisto da molto tempo.
“Eh. Pensavi non me ne sarei accorta?” disse, imitando la mia stessa frase di prima.
“Perché non mangi qui piccola?” disse mamma ad Anita.
“No dai, magari dovete prepararvi per la cena di stasera!” disse Anita, ma mamma riuscì a convincerla in due secondi, come sempre, ed accettò.
“Dai faccio la pasta al sugo” disse mamma, tutta contenta.
Dopo un bel po’, eravamo già sedute a mangiare gli spaghetti al sugo, tutte insieme.
Dopo il caffè, decidemmo con Anita di salire su in camera mia, per decidere cosa avrei messo alla cena di quella sera da Margherita.
“Secondo me ti puoi mettere qualcosa di elegante, sei in casa della datrice di lavoro di tua madre.” Disse. Io annuii pensierosa.
“Si ma non sto andando al Red Carpet Anita, dai.” Dissi sbuffando.
“Chiara non conosci suo marito. Devi fare una buona impressione per conquistare il posto al ristorante. Non ricordi?” disse appoggiandosi all’armadio spalancato.
“Forse hai ragione tu.” Dissi, alzandomi dal letto e rovistando in ansia i vestiti.
“Guarda, questo nero è bellissimo Chiara” disse additando un vestito lungo nero, con lo scollo a V.
“No Anita questo no. La scollatura è troppo profonda, ci sono i bambini e non voglio far morire nessuno d’infarto.” Dissi buttandomi sul letto, sconsolata.
Dopo una buona mezz’ora di prove e cambi, Anita scelse un tubino rosso, che arrivava sopra il ginocchio, elegante al punto giusto, con i tacchi neri e la borsa nera.
“Questo ti dà tanto l’aria Natalizia, vedi?” disse sorridendo soddisfatta.
“Si Anita, adesso metto il cappello da Babbo Natale e stiamo a posto.” Dissi scoppiando in una risata.
Verso le 18:30 Anita insistette sul volermi truccare, quindi dopo una doccia veloce, feci le onde ai capelli, il tutto legato ad una treccia morbida e abbastanza semplice.
Dopo di che, Anita iniziò a truccarmi, facendo una semplice riga di eyeliner, per poter puntare sulle labbra. Semplice ma d’effetto. Misi un rossetto rosso acceso e del mascara a tonnellate.
“Allora io vado, ci sentiamo domani per sapere cosa hai fatto eh?” disse Anita mentre infilava il giubbotto per andare via a prepararsi anche lei.
Dopo aver aspettato mamma prepararsi, la vidi uscire dalla sua camera con un vestito nero. Si truccò un filo e ci avviammo alla macchina per andare da Margherita e i bambini. Così, partimmo.
“Cazzo mamma!” le dissi arrabbiata. Lei mi guardò strano.
“Ma che hai?” disse, guardandomi corrucciata.
“Non dimentichi niente?” le dissi, trattenendo una risata.
“Il dolce l’ho preso!” disse, guardandosi attorno.
“Ah sì? E i regali dove sono?” le dissi ridendo. Lei rise e fa marcia indietro in strada, per svoltare e girare di nuovo, per arrivare a casa nostra.
“Cazzo li ho dimenticati veramente! Vedi se arrivavamo a mani vuote, che figura” disse mia madre ridendo.
Controllai il telefono ed erano già le 19:30, dovevamo essere lì per quest’ora. Decisi di mandare un messaggio a Margherita.
Chiara: Margherita, scusa il ritardo ma mamma ha scordato la borsa!
Le scrissi ridendo, mentre mia madre imprecava e correva per arrivare a casa di corsa.
Che scena!
Arrivate a casa, scesi aiutando mamma a prendere i regali.
Richiudemmo casa, andando di nuovo in macchina e posando i regali nei sedili posteriori. Una notifica, la lessi.
Margherita: Tranquille, ancora mio marito non è nemmeno arrivato dal brindisi con i colleghi! I bambini non vedono l’ora di vederti Chiara!
Sorrisi leggendo il messaggio e pensai ai bambini e a quanto erano fortunati ad avere un padre, almeno. I bambini avevano nove anni ed io li adoravo, come fossero i miei nipoti.
Pensai a quando Margherita mi raccontò la storia con suo marito, io lo chiamai “lo sconosciuto” non avendo avuto occasione di incontrarlo. Avevano avuto problemi, perché questo figlio non arrivava. Invece poi d’un tratto, la bella notizia arrivò come un fulmine con il sole in cielo. E così, arrivarono due bellissimi maschiacci.
Chissà un giorno come saranno i nostri figli. Chissà come sarà Francesco nelle vesti di padre.
Erano le 19:40.
“Dieci minuti di ritardo non guastano mai.” Dissi ad alta voce.
Mamma suonò il clacson e Margherita aprì il cancello. Non appena entrate, mamma parcheggiò l’auto sul vialetto. Scesi a prendere i regali e mamma prese i dolci.
Entrando in casa, un odore mi invase le narici, odore di cibo buono che a me piaceva tanto.
Salutai Margherita con un caloroso abbraccio e i bambini mi saltarono sulle gambe e si appiccicarono come scimmiette sugli alberi, mi abbassai a salutarli e dando loro i regali.
“Come si dice bambini?” disse Margherita.
“Grazie!” dissero in coro i due birbanti.
“Papà sta arrivando! Non vedo l’ora che conosci il nostro supereroe!” disse Giuseppe sorridendo.
“Venite accomodatevi in cucina, vi offro un bicchierino mentre il pesce finisce la cottura.” Disse Margherita, accompagnandoci verso la cucina.
Dopo avermi spiegato il menu, composto dal risotto ai frutti di mare, il pesce spada arrosto e le patate al forno, prendemmo un calice di vino l’uno, aspettando il tanto atteso marito e supereroe dei bambini. Quando arrivammo al divano, il trillo del mio telefono indicò una notifica, la aprii. Era Francesco.
Torrisi: Amore, stiamo andando a cenare, domani ti chiamo. Buon Natale tesoro mio, pensami.
Sorrisi leggendo il messaggio e risposi, mentre mamma giocava con i bambini e Margherita mi chiese il perché del sorriso stampato in faccia.
“Sono innamorata Margherita, non è ancora ufficiale e nemmeno stiamo proprio insieme. Però ci frequentiamo da settembre e tengo tanto a lui.” dissi sorridendo, ovviamente omettendo tanti dettagli.
Chiara: Amore, va bene, noi stiamo aspettando il ritardatario del padre dei bambini e poi ceniamo anche noi. Ci sentiamo domani. Buon Natale tesoro mio.
Misi il telefono in borsa, consapevole che Francesco non avrebbe scritto più, se non l’indomani e raggiunsi Margherita a chiacchierare ancora un po’. Nel mentre suonarono alla porta, doveva essere il marito.
“Vado ad aprire, dovrebbe essere il supereroe” disse ridendo. I bambini corsero verso la porta gridando “C’è papà c’è papà!”. Sorrisi a quell’immagine.
Chissà cosa si prova ad avere un padre e corrergli incontro quando torna da lavoro.
Nel mentre, mi alzai dal divano dell’immenso salotto, con il calice di vino tra le mani, sorseggiando un po’ nervosa.
Dai passi intuii la vicinanza del supereroe e i bambini. Ero fottutamente in ansia, soprattutto perché potevo lavorare nel suo ristorante.
Feci dei passi, per avviarmi alla porta e mi scontrai con un corpo.
Il bicchiere cadde a terra, rompendosi in mille pezzi. Il vino restante era a terra in una chiazza rosso scarlatto.
Le sue scarpe nere erano state macchiate. Il pantalone e la giacca neri erano invece intatti. La sua camicia bianca riportava una cravatta nera e la chiazza rossa del vino.
Dio che imbarazzo!
Guardai la macchia enorme e notai che nella stanza era calato l’imbarazzo.
“Oddio mi scusi! Mi scusi tanto” dissi portandomi le mani alle labbra.
Un odore familiare però, mi investii il naso in maniera violenta, le sue mani si posarono sulle mie braccia.
Alzai gli occhi lentamente, ero rossa e imbarazzata dalla vergogna.
Notai il nodo della cravatta, il pomo d’Adamo che si muoveva mentre deglutiva. Notai la sua barba. Lo guardai negli occhi. Quegli occhi così familiari.
Gli occhi del mio uomo.

***

Angolo autrice
🤐 NO COMMENT.
Scrivete assolutamente le vostre reazioni perché aspettavo questo capitolo proprio per sapere le reazioni che vi ha suscitato!
Commentate, commentate.
Un abbraccio e alla prossima.
Mariachiara ❤

Così, l'alba baciò il tramonto - Storia di un'ossessioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora