Finita la giornata lavorativa, decisi di andare a casa, stanca come ero. Leo restò ancora un po’, per ultimare una torta in consegna l’indomani mattina.
“Senti Chiara, che ne dici se dormi da me?” disse, mentre era impegnato a livellare la crema sullo strato di pan di spagna.
“Leo credo che vorrei frenare un poco. Tu che dici?” dissi imbarazzata. Lui si fermò e si voltò, sbattendo la spatola sul banco in acciaio.
“Fino a stamattina eri tra le mie braccia e adesso vuoi andarci piano? È da un anno che sto impazzendo per te e tu non decidi mai un cazzo. Succede sempre così no?” fece una pausa sbuffando, guardandomi arrabbiato.
“Succede sempre che arriviamo nel mio letto, stiamo bene. Poi? Poi amici come prima, solo per colpa della tua fottuta paura. Cristo!” urlò, sbattendo i palmi sul ripiano in acciaio, causando un tonfo assordante.
Lo guardai con la bocca aperta, non aveva mai fatto così, avevo paura. Era diventato violento.
“Leo… io…” mormorai imbarazzata.
“Leo niente!” urlò. “Leo niente…” sussurrò poi. Venne verso di me e prese il mio viso tra le mani.
“Io voglio averti mia. Perché non ci diamo una possibilità? Seriamente dico.” Lo guardai negli occhi, quegli occhi velati dalle lacrime, quegli occhi grigi.
Gli occhi di Francesco. Quasi lo rivedo di fronte a me. Quando mi guardava così lo baciavo e lo calmavo. Quando mi guardava così era per gelosia o per paura che lo lasciassi. Poi mi ha lasciata lui. Mi manca.
Scacciai le lacrime che stavano per uscire. Misi le mani al petto di Leo e lo spinsi in maniera brusca. Non me ne accorsi nemmeno. Ero stata brusca con lui, avrei dovuto esserlo con Francesco.
Lui si allontanò e girò sul banco. Poggiò i palmi e guardò fisso davanti a lui il vuoto.
“Leo io non me la sento adesso. Scusami.” Dissi stordita, girandomi per uscire dal laboratorio.
Quando arrivai davanti la porta del laboratorio, sentii urlare.
“Mi distruggi!” sbattendo in aria qualche oggetto. Mi girai vedendolo in balìa della rabbia. Con i gomiti poggiati al banco e la testa tra le mani. Tirava su col naso.
Aprii la porta e corsi via.
Una volta fuori, aspirai a pieni polmoni l’aria fresca di Milano, non curante della gente che passeggiava o correva, sempre presa dalla vita frenetica.
Cosa diavolo vuole ottenere Leonardo in questo modo? Non ho un telecomando per amare o per non amare. Dovrebbe capirlo. Odio essere obbligata a fare qualcosa che non voglio e questo suo comportamento, so già che cambierà qualcosa dentro di me, nei suoi confronti.
Tornata in me, mi avviai verso casa, quasi correndo per la tristezza, la rabbia di non essere capita da Leo. Provavo un sentimento per lui certo, ma non sapevo cos’era. La verità era ovvia, sapevo a chi pensavo e sapevo che ci stavo male, ma non lo ammetterò mai a nessuno e forse nemmeno a me stessa.
Mi sedetti in una panchina. Guardai la gente spensierata, erano lì sulle panchine. Chi leggeva, chi era con il cellulare davanti gli occhi, chi parlava al telefono. Ed io li osservavo. In una panchina più lontana dalla mia, c’erano due ragazzi. Abbracciati, innamorati. Vedevo gli sguardi illuminati dai lampioni della strada. Mi mancava tanto.
L’unica persona con cui vorrei essere è lui. Dopo tutto quello che ha fatto, onestamente me ne frego. So che non è giusto per la mia dignità e bla bla bla. Però al cuore non riesco a comandare, lo penso sempre non lo nascondo. Lo cerco in tutti gli sguardi dei passanti, Leo ha i suoi stessi occhi. Identici. Come faccio a dimenticarlo, anche volendolo fare?
Se ci fosse lui qui, lo porterei in questa panchina. Dove vengo spesso. Per fargli osservare la gente che, tranquilla, si stacca per un po’ dalla realtà.
Presi il cellulare e feci come avevo fatto da un anno a quella parte. Controllai il suo accesso su WhatsApp. Sapevo che non cambiava nulla, che mi facevo più male. Ma era più forte di me, ogni volta che lo pensavo troppo, controllavo l’accesso.
Ultimo accesso oggi alle 20:37
Pochi minuti fa.
Devo essere forte a non scrivergli. Poi come procederebbe la conversazione? Solo con qualche parola di circostanza. Poi a me resta il vuoto e basta. È meglio se non scrivo nulla.
Già, non dovevo farlo. Mi alzai decisa e andai via da lì, con i pensieri offuscati dalla voglia di fare la sottona, ancora. Verso un uomo che mi aveva delusa.
Come direbbe Anita, sono una sottona.
Arrivata dopo una decina di minuti a casa, mi apprestai a farmi la cena. Anita lavorava la sera fino a mezzanotte o poco più. Di solito mangiava al ristorante prima del servizio. Quindi presi un iceberg e dopo averla lavata e tagliata, la condii con olio e sale, mi sedetti al tavolo. Provai a mangiare riluttante, perché non avevo nemmeno fame. Però qualcosa sotto i denti dovevo pur metterla, perché se no, il mal di stomaco atroce che avevo per i nervi non passava più.
Alla fine, presi una sigaretta e la accesi.
Aprii la finestra e mi affacciai al piccolo balconcino, davanti a me solo case, senza prati, senza mare, senza l’Etna che mi faceva compagnia in quelle serate un po’ così, come adesso. Quando non riuscivo a dormire. Quando la tristezza prevaleva o quando ero malinconica.
E il mio pensiero andava sempre lì. Come un martello che aveva battuto il chiodo per troppe volte, troppo tempo.
Arrivò una notifica. Il mio cuore batteva forte e iniziai a respirare affannosamente.
Cristo, è solo una notifica. Non sarà un suo messaggio.
Leo: Domani faccio il compleanno, considerato che dopo domani siamo chiusi, ti va di venire al bar con me e i miei amici a brindare?
Lo avevo quasi dimenticato. Non ho nemmeno un regalo decente da dargli.
Gli risposi.
Chiara: Certo che vengo Leo!
Dopo la sfuriata onestamente non mi andava a genio passare il mio tempo con lui. Ma a lui faceva piacere la mia presenza, a quanto pare.
Finii la sigaretta, buttandola nel posacenere e iniziai a pensare ad un regalo decente. Soprattutto da fare in maniera celere.
Più tardi, mi fiondai in doccia, per rigenerare il corpo e la mente. Mi balenò in mente il ricordo di quella notte. Si, quella notte, la notte che Francesco si ubriacò e lo andai a prendere al mare. A pensarci sorrisi.
Era bellissimo sotto la pioggia. La doccia più dolce che io abbia mai fatto.
Lo amavo. Lo amavo davvero. Non so se lui mi abbia mai amata per davvero.
Finita la doccia, mi asciugai e accesi il phon, per asciugare i capelli ribelli ed eccessivamente lisci.
Dopo un po’ accesi il TV in salotto e mi sintonizzai su un canale musicale, abbandonando i pensieri e sperando di non pensare a nulla, ma soprattutto, a nessuno.
Mi ricordai di avere del vino da qualche parte. Presi il calice e iniziai a cercare il vino, che trovai poi chiuso in un’anta. Lo versai nel calice e mi trasportai sul divano, girovagando su Facebook, distrattamente. Dopo due o tre calici di vino, iniziai a sentire la testa leggera. Una richiesta di amicizia, risvegliò i miei sensi.
Francesco Torrisi ti ha mandato una richiesta di amicizia
Fissai lo schermo, attonita. Non sapendo se il vino mi giocò uno scherzo o avevo veramente letto bene.
Ma sul serio?
Aprii subito il social, spulciai il suo profilo. C’erano foto che ritraevano lui con i bambini ma non c’era traccia della moglie.
C’erano foto di lui al mare, di lui al tramonto. Era sempre lo stesso, solo con qualche ruga in più. Ma le sue rughe mi erano sempre piaciute.
Non volevo essere precipitosa. Non accettai la richiesta. La lasciai lì. Avevo bevuto, se l’avessi accettata in quel momento, il mio essere sottona sicuramente lo avrebbe implorato piangendo. Ma non dovevo far in quel modo. Decisi di posare il calice, il vino quasi finito e andare verso il mio amato letto.
Non appena mi misi a letto, non potei fermare la mia curiosità e voglia di sapere. Iniziai così a curiosare sul suo profilo. Scorrevo le foto, quando su Messenger arrivò una notifica.
Francesco vuole mettersi in contatto con te.
Aveva inviato un messaggio. Lo aprii subito, complice anche il fatto che lui non potesse vedere se lo avessi visualizzato.
Francesco: Ciao Chiara, come stai?
E come sto? Non lo so nemmeno io adesso. Pensai.
Risposi. Proprio come una perfetta sottona.
Chiara: Ciao, bene e tu?
Lanciai il telefono ai piedi del letto.
“Oddio ma cosa ho appena fatto? Ho risposto subito. Sembra come se aspettassi solo quello nella mia vita!” dissi ad alta voce.
Un messaggio. Aveva risposto nel giro di un minuto.
Francesco: Sono nuovo qui. Non ho amici e l’unica persona che ho cercato per prima sei stata tu.
“Cosa ho appena letto?” dissi ad alta voce. Stavo impazzendo.
Chiara: Mi fa piacere. Buonanotte.
Dopo averlo inviato, misi il telefono in carica e cercai di dormire, senza ovviamente riuscirci.***
Angolo autrice
Allora ragazzi, in questo capitolo voglio mostrarvi il comportamento di Leonardo. Lui è innamorato di Chiara ma ovviamente lei ha in testa solo Francesco. Francesco è tornato ad invadere i pensieri, nonostante per un anno intero non abbiano avuto notizie l'una dell'altro.
Come avreste reagito al comportamento di Leonardo?
E cosa avreste risposto al messaggio di Francesco? Attendo le vostre risposte con curiosità!
Vi abbraccio, Mariachiara ❤
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Così, l'alba baciò il tramonto - Storia di un'ossessione
ChickLit[COMPLETA] 🔴 ATTENZIONE! CONTIENE SCENE ESPLICITE E FORTI. LETTURA CONSIGLIATA AD UN PUBBLICO ADULTO. «Ogni volta che lei mi chiama per avvisarmi di qualcosa, penso a te e alle nostre telefonate. Ogni volta che metto a letto i miei figli penso a te...