28. Scegli la felicità

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"Allora andiamo?" disse Francesco, dopo essere stati congedati dal medico.

Avevo firmato la dimissione e Francesco si era offerto di riportarmi a casa. Però dovevo mandare un segnale di vita al mio datore di lavoro. Mi sembrava giusto.

Chiara: Leo io sono uscita e sto andando a casa, vuoi che venga adesso a lavorare o pomeriggio?

La risposta arrivò quasi subito.

Leo: No resta pure a casa a riposare, qui me la cavo senza di te non preoccuparti. Ah, salutami Francesco.

Okay ha lanciato una frecciatina.

Durante il viaggio di pochi minuti, nel veicolo sentivo una strana tensione. Francesco sembrava calmo ma forse ero io ad essere agitata. Dopo un anno, mi faceva lo stesso effetto ad averlo vicino. Sorrisi imbarazzata guardando fuori dal finestrino, senza dire nulla.

"Ti ricordi quando quella notte da ubriaco sei venuta a prendermi sotto la pioggia?" disse nel bel mezzo del silenzio, portando la mia testa a correre veloce tra i ricordi.

Sorrisi.

"Si ricordo." Mormorai, girando di nuovo la testa al finestrino.

"Ti ricordi pure quanto ci siamo amati?" disse, mettendomi una mano sulla coscia.

"Davvero mi hai amata?" Chiesi. Domanda bruciapelo.

"Davvero. È per te che ho deciso definitivamente di finirla con Margherita. Volevo provare a conquistarti ancora. È difficile dormire con una persona, quando pensi continuamente ad un'altra." Disse sorridendo, guardando la strada.

Spiazzata. Ma cosa dici Francesco. Sei serio?

"Pensavo che ad amare fossi stata solo io." Dissi fredda.

"Ti sbagli. E non pensavo minimamente di trovarti qui poi, da mio fratello, sai? Avevo provato ad estorcere informazioni a tua madre" disse, facendo una pausa e ridendo.

"Ma tua madre si è limitata a dire che sei andata al nord. Mai avrei pensato di trovarti qui. Il destino unisce le anime anche a chilometri di distanza vedo." Disse con gli occhi fissi sull'asfalto.

Arrivati davanti casa, scese dalla macchina e girò ad aprirmi la portiera. Aprii il portone e mi fiondai dentro.

Mi girai verso di lui e non sapevo se farlo entrare per un caffè o no. Mi sentivo in dovere di ringraziarlo in una qualche maniera.

"Senti, per ringraziarti di tutto questo, posso offrirti un caffè se vuoi" dissi imbarazzata.

"Certo" disse sorridendo. Mi seguì per le scale e, finalmente arrivammo al mio appartamento. Suonai per evitare di far spaventare Anita, vedendomi con lui e non rispose nessuno.

Anita non c'è.

Aprii la porta e feci accomodare Francesco.

"Siediti pure dove vuoi, io faccio il caffè okay?" dissi imbarazzata, con le guance rosse come un pomodoro. Andai in cucina quasi scappando, presi il caffè e lo inserii nella macchinetta ed aspettai. Una volta tornata in cucina con due tazzine fumanti in mano, mi apprestai a portarne una a Francesco, che lo trovai seduto sul divano. Mi affiancai così a lui.

"Carina questa casa" disse sorridendo e cercando di rompere il ghiaccio. Io sorrisi, rimanendo taciturna. Prendemmo il caffè in un silenzio religioso. C'era un imbarazzo assurdo.

Francesco finì il caffè e posò la tazza sul tavolo. Poi si sedette vicino a me, direi troppo, e mise un braccio alla spalliera del divano. Il suo profumo si fece di nuovo forte ed io non potei fare a meno di sorridere, cercando di non darlo a vedere.

Così, l'alba baciò il tramonto - Storia di un'ossessioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora