2. Caffè, Sigarette e Accendino

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Respirare l'aria fresca del cortile anteriore della struttura, mi fece bene. Quelle vampate di calore mi fecero sudare e io non avevo alcuna intenzione di fare ulteriori figuracce. Guardando Anita bere un caffè, e non dire assolutamente nulla della situazione in classe, mi avviai dentro la struttura per prendere l'ennesimo caffè al distributore.

Arrivata alla macchinetta, infilai i miei cinquanta centesimi e aspettai il classico suono di avviso, per poter finalmente aprire lo sportellino e prelevare il caffè.

Girandomi, con gli occhi sul mio bicchierino, urtai una valigetta nera.

Alzai gli occhi incredula.

Oggi non è giornata e la sfiga non mi molla. Ma cos'ho fatto di male? Dio quanto è bello in quel pantalone che fascia le sue cosce da urlo. Dannazione sto arrossendo! Pensai.

Mi girai per darmela a gambe, ma il mio avambraccio venne fasciato dalla sua mano forte e piena di vene visibili.

"Oggi non è giornata eh, signorina occhi verdi?" disse sorridendomi e controvoglia a lasciarmi andare.

Adesso sono nei guai sul serio.

Mostrai un sorrisetto imbarazzato, per mettere fine ad una discussione prima ancora di iniziarla, aspettando che mi togliesse quella bellissima mano dal braccio, guardandola. Aveva delle mani mature, vissute, ricoperte da una leggera peluria, secondo me sexy, e con delle vene sparse qua e là.

"Sono venuto qui perché in sala professori la macchinetta è guasta." Mi spiegò come per giustificarsi, guardandomi negli occhi.

"Ho capito professore. Non deve spiegarmi nulla." Mormorai fissando il mio bicchierino, sorpassando quel corpo scultoreo e sgattaiolando fuori a bere il mio super dannato caffè, spero in pace.

Arrivata fuori, andai da Anita.

"Anita il professore mi ha presa per il braccio là dentro." Le mormorai all'orecchio per evitare di essere sentita, ma Anita se prima rideva, ora non rideva più. Guardò dietro di me, con uno sguardo attonito. Mi fece segno di girarmi e lo feci.

Davanti la mia imbarazzatissima faccia, mi ritrovai il suo petto, intravedendo la collana che raffigurava la Sicilia, dai primi bottoni slacciati della camicia.

Mi girai di colpo sperando di restare calma, prendendo le mie sigarette e mettendone una tra le labbra, fino a quando non mi accorsi di non avere più il mio accendino nero. Guardai Anita confusa.

"Hai tu per caso il mio accendino?" le chiesi con il viso in fiamme, provocato dalla presenza di un certo professore dietro di me, ma lei non mi diede nessuna risposta.

Il professore accese con fare arrogante la sua Marlboro Rossa e mi guardò negli occhi, con un sorrisetto malizioso stampato in pieno viso.

"Hai bisogno di un accendino, signorina occhi verdi?" mi disse ridendo. Feci per rispondere ma non ne ebbi il tempo, che mi ritrovai le sue mani poggiate sulle mie labbra, intente a rubarmi la sigaretta.

Avvicinò la sigaretta a sé e la mise tra le labbra, la accese e me la porse, con fare divertito di nuovo. Le sue dita mature mi sfiorarono le labbra, ormai infuocate e carnose, attendendo che io aprissi la bocca per accogliere quella sigaretta.

Presi la sigaretta con le labbra, piantai i miei occhi sui suoi e aspirai dolcemente dalle sue dita. Mi allontanai, incurante delle sue occhiate e mi diressi verso la macchina, girandomi di tanto in tanto per controllare che Anita stesse al mio passo svelto, ma soprattutto per controllare se lui mi fissava. Infatti ebbi la conferma. Mi fissò per tutto il tragitto che feci, dall'ingresso della scuola, alla mia macchina.

Così, l'alba baciò il tramonto - Storia di un'ossessioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora