capitolo 3: La soffiata agli Auror

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-"Ministero della magia, abbiamo un mandato di perquisizione!" L'anziano elfo tremò vistosamente abbassando le orecchie come un cagnolino impaurito; guardò dal basso i due giovani Auror in divisa che aspettavano nell'immenso atrio dell'antica dimora. Si strofinò le mani nodose sullo straccetto consunto che gli faceva da tunica e pregò gli uomini di aspettare un minuto, giusto il tempo di andare ad avvisare il suo padrone.

Villa Malfoy era una grandiosa manifestazione della ricchezza e del potere di tutta la stirpe magica che vi si era succeduta nel corso del tempo fino all'ultimo ed attuale proprietario. Splendido esempio di stile elisabettiano, costruita nel XVI secolo, aveva mantenuto pressocchè intatta la struttura esterna color ocra, con numerose finestre eccezionalmente ampie, una fila di colonne a sorreggere il portico del corpo centrale, e l'ultimo piano rifinito con tetti appuntiti e guglie, che andavano ad incupire un poco l'aspetto elegante e classico della facciata. I due Auror si guardavano intorno esterrefatti da tanta magnificenza: di fronte ai loro occhi si apriva un'imponente scalinata che portava alle sale del primo piano, i pavimenti in marmo erano coperti qua e là da tappeti color panna mentre i tendaggi voluminosi, rigorosamente intonati al resto della tappezzeria, davano un senso di regalità che li intimorì quasi, abituati com'erano ai loro appartamenti londinesi vicino al Paiolo Magico. Stavano guardando a bocca aperta uno scorcio di prato perfettamente curato visibile dalla finestra dell'atrio, quando il padrone di casa scese le scale con le mani in tasca, l'espressione scura e il volto teso. Sempre impeccabile nell'abbigliamento e nei modi da signore, Draco Malfoy strinse la mano ai due Auror e chiese spiegazioni.

"Abbiamo ordine di perlustrare la vostra casa, ci è giunta una soffiata secondo la quale possedete ancora oggetti di dubbia provenienza... manufatti oscuri precisamente. Le ricordo che secondo la legge è illegale possederli, e dopo i fatti del 1998 sono state aumentate considerevolmente le pene per i trasgressori!"

"E sentiamo..." Rispose il ragazzo, facendo trapelare una nota di nervosismo nella voce: "Chi è che avrebbe riferito questa informazione al Ministero?"

"Purtroppo gli informatori sono protetti dalle nuove leggi sulla Privacy, non possiamo comunicarglielo Signor Malfoy, sono desolato." Rispose uno dei due, che poi riprese: "Beh, procediamo. La sua bacchetta, prego!" E tese la mano per farsela consegnare.

Con un moto di stizza, Draco Malfoy sfilò la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni e la depositò nel palmo dell'Auror. Quest'ultimo, quasi per vendicarsi della scontrosità dell'uomo, fece una battuta che non piacque per nulla al padrone di casa: "Sà Signor Malfoy, l'Auror Potter raccomanda sempre di non tenere la bacchetta nelle tasche posteriori, possono saltare le chiappe per sbaglio da un momento all'altro!"

Un bagliore di sdegno passò negli occhi di Draco Malfoy, che stava quasi per aprire la bocca con le narici dilatate dal nervosismo, quando i due uomini gli passarono davanti diretti ai piani superiori, e lui fu costretto ad inghiottire furiosamente la rispostaccia.
 

***
 


Dopo aver fatto le pulizie di casa, Hermione chiuse la finestra della cucina e prese posto sulla sedia, sparse alcuni fogli sul tavolo e, dizionario runico alla mano, ricominciò a lavorare di nuovo sulla traduzione della parte finale de "Lo stregone dal cuore peloso" prima di andare al lavoro.
 

"Davanti agli occhi inorriditi degli ospiti, lo stregone gettò via la bacchetta ed afferrò una daga d'argento. Dichiarando che mai sarebbe stato schiavo del proprio cuore, lo recise dal petto."
 

Per qualche minuto l'unico rumore all'interno della stanza fu lo sfregare della penna, il bracciale dei Belby al polso che sbatteva ad intervalli regolari sul tavolo, e la pentola in cui sobolliva il minestrone di verdure. Non passò molto tempo però, perchè Hermione perse leggermente la concentrazione, travolta da un forte giramento di testa; si passò una mano fra i capelli e si accorse di esser sudata, di avere la fronte calda e degli strani brividi che la convinsero a stringersi nella felpa che indossava. Tentò di riprendere la stesura. Non ci riuscì, perchè subito dopo fu colpita improvvisamente da un odore forte di carne marcia, sangue, sudore, forse pipì e qualcosa che non riuscì a definire... furono due secondi, e poi quella puzza sparì come era arrivata. Allarmata, respirò profondamente l'aria pulita più volte, cercando di capire se quel fetore l'avesse solo immaginato oppure fosse reale; incolpò addirittura il minestrone sul fuoco, ma si costrinse a scartare l'ipotesi: delle verdure bollite di certo non potevano avere un odore così nauseabondo, pensò. Con un colpo di bacchetta spense comunque il fuoco e riprese a scrivere, nonostante il leggero malessere che persisteva.
 

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