Capitolo 8: Un mazzo di fiori per Hermione

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"E con quale cazzo di scusa dovrei presentarmi in casa di Hermione Granger, Potter? Sentiamo!"

Draco Malfoy allargò le braccia, facendo una faccia sarcastica, una faccia di quelle che Harry avrebbe preso a pugni fino allo sfinimento.

Il Capo Auror aveva fatto un sospiro enorme prima di bussare alla porta di Malfoy con l'intento di implorare aiuto riguardo la situazione di Hermione, perchè, nonostante le sue approfondite conoscenze in materia di difesa contro le arti oscure, aveva fallito: ogni incantesimo avanzato, ogni controfattura, ogni pozione si erano rivelati inutili di fronte al misterioso bracciale che la sua amica indossava. Harry aveva meditato molto sulla possibilità di chiedere un supporto ad altri Auror, o addirittura agli Indicibili, ma aveva la strana sensazione che se lo avesse fatto, avrebbe messo Hermione nei guai: lei occupava un posto troppo importante all'ufficio applicazione della legge sulla magia, e non voleva neanche immaginare lo scandalo, se fosse iniziata a circolare la notizia che l'eroina del mondo magico possedeva un oggetto intriso di magia nera: Perchè lo aveva? Chi glielo aveva dato? Cosa ci faceva? A che scopo lo utilizzava? E se Hermione Granger non era così pura come voleva far credere? La facciata di altruismo e di bontà serviva a nascondere qualche scheletro nell'armadio?

Harry già vedeva sulla Gazzetta del Profeta, in prima pagina, il titolo enorme dell'articolo di apertura:
I SEGRETI OSCURI DI HERMIONE GRANGER: EROINA O INGANNATRICE? A GRAN VOCE LE SUE DIMISSIONI.

Così, a malincuore, aveva deciso di accettare l'offerta di Malfoy, avvertendolo però di non azzardarsi a divulgare alcuna notizia sulla faccenda, pena: il ritrovarsi con il suo vecchio caso dei manufatti oscuri riaperto.
 

Draco Malfoy era l'unico a comprendere i profondi meandri della magia nera, a saperne cogliere ogni sfumatura, a riconoscerne l'odore, la potenza incontrollabile; ed era anche per questo motivo che Harry, dopo essersi fritto il cervello nelle sue reticenze, si era persuaso, ammettendo la maggiore esperienza del suo eterno rivale! Perchè, in fondo... solo chi aveva praticato le arti oscure, sapeva veramente come affrontarle.

"Non ne ho idea Malfoy, ma per quanto io possa spiegarti dettagliatamente i fatti, devi comunque vedere con i tuoi occhi. Succedono cose sconvolgenti in casa di Hermione, e lei stessa si comporta in modo bizzarro!"

A Draco sfuggì un sorrisetto infido, prima di rispondere: "Beh... Hermione Granger E' una donna bizzarra, non c'era bisogno di un bracciale maledetto per capirlo!"

Dopodichè, ignorando l'occhiataccia che Potter gli aveva rivolto, si alzò dalla poltrona dell'immenso salotto di Villa Malfoy, e prese a riattizzare con svogliatezza il fuoco del grande camino in marmo; poi si girò a guardare l'Auror, seduto sul divano a schiena rigida, e ricominciò a parlare, con fare tremendamente ironico:

"Data la mia profonda amicizia con Hermione Granger, Potter... affiatamento che tra l'altro risale ai tempi di scuola, non avrò problemi ad andare a prendere il tè delle cinque a casa sua, farmi raccontare dove cazzo ha pescato quel bracciale ed aiutarla a liberarsene! Giusto?"

Harry si grattò la testa pensieroso, cercando una soluzione che permettesse a Malfoy di vedere Hermione, per studiare lei ed il suo caso. Si rese conto però che l'ironia sfacciata del giovane aristocratico, per una volta, non era totalmente fuori luogo considerando l'odio primordiale che lo univa alla sua migliore amica. E così prese a ridere sommessamente, immaginando Draco Malfoy seduto nella cucina babbana di Hermione a mangiare biscotti al cioccolato e parlarle civilmente. Si posò la mano sulla fronte, sbuffando. No. La cosa non era fattibile.

"Troveremo un modo, Malfoy. Parlerò anche con Ron, magari si farà venire un'idea!"

Draco alzò un sopracciglio, scettico: "Weasley!?!" Stava per aggiungere qualche commento poco gradevole, spinto dai residui dell'adolescente screanzato che era ancora latente in lui, ma poi decise di non dire niente, all'improvviso svuotato di ogni presunzione, o forse poco desideroso di ricominciare quell'eterna ed inutile battaglia...

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