Capitolo 33:Un banalissimo Wingardium Leviosa

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Villa Malfoy era dolcemente silenziosa alle dieci e mezza di quella sera di fine aprile, il venticello frizzante accarezzava le fonde delle querce secolari che adornavano il parco, e la luna rischiarava tenuemente la facciata, la siepe, le fontane e le statue in marmo, proiettando sul prato ombre fantasiose.

Nulla lasciava presagire che quella sarebbe stata una notte difficile per il padrone di casa...

I ragazzi avevano deciso di riunirsi ancora nella stanza degli oggetti maledetti, in modo da avere il quadro a portata di mano, per esser pronti così a rinchiuderci Greyback quando Hermione fosse stata libera dal bracciale. Formavano un bizzarro gruppo a dire il vero, un gruppo che apparentemente non aveva nulla in comune se visto dall'esterno: un Auror, un venditore di scherzi, un'impiegata del Ministero ed un aristocratico snob...
 

***
 


"Devi bere la pozione, Hermione! Poi, ti toglieremo le bende intorno al polso e... e... beh, staremo a vedere cosa succede! Che Merlino ce la mandi buona!"

Fu Harry a parlare, tenendo in mano un'ampollina trasparente che dopo non poche esitazioni, si decise a consegnare alla sua amica. Essa la vuotò in un solo sorso, poi Ron le sciolse la fasciatura protettiva, lasciando che il bracciale tornasse ad appoggiarsi sulla pelle del polso, dopodichè... presero ad aspettare. Ad aspettare che succedesse QUALSIASI cosa.
 

Draco Malfoy nel frattempo se ne stava poco lontano da loro, in piedi, con le braccia conserte. Era più silenzioso di quanto già lo fosse normalmente, e ciò poteva solo tradursi in un completo mutismo. Fissava Hermione con uno sguardo incomprensibile, dal quale si captava a volte un bagliore di preoccupazione, a volte rabbia, delusione, paura, confusione.
 

Per qualche irreale momento non successe nulla, e l'attesa fu estenuante, mentre gli occhi di tutti correvano ad incrociarsi irrequieti; perfino quelli di Draco e di Hermione si incontrarono un paio di volte, anche se le loro furono occhiate imbarazzate, timorose. Se fossero usciti illesi da quella nottata infernale, avrebbero avuto certo da chiarire parecchie questioni, e decidere una buona volta se fingere che non fosse successo nulla fra loro, oppure provare ad intraprendere un percorso diverso, magari insieme... Quest'ultima cosa però, era poco probabile, se non addirittura impossibile ma, Draco, dopo aver tanto sofferto, non voleva buttare alle ortiche la sua unica chance di essere felice per paura di un rifiuto. In tal caso, il rimpianto per non averci provato l'avrebbe accompagnato fino alla morte e, onestamente, non poteva permetterselo, dato che di rimpianti da portarsi dentro la tomba ne aveva fin troppi...

Trascorse qualche minuto, poi all'improvviso, squarciando il silenzio teso, Hermione scoppiò a ridere. Rise di una risata strana, quasi folle, mentre si avvicinava ad Harry e lo fissava con occhi spalancati, alienati, sconvolti da qualcosa che le lottava dentro per poter uscire fuori:

"Harry Potter! Che onore rivedere l'eroe del mondo magico... Sarai contento suppongo, di averci fatto marcire tutti ad Azkaban!"
 

Ed ecco di nuovo quella voce distorta e profonda uscire dalle labbra di Hermione, come la prima volta a Grimmauld Place, mentre lei si faceva violacea in volto, per lo sforzo di combattere contro lo spirito di Greyback che parlava al suo posto. Dopo aver sputato queste parole accusatorie, la giovane afferrò l'amico per le spalle, stringendolo spasmodicamente ed affondando le unghie nella carne, fino a fargli uscire dalla bocca un gemito di sofferenza. Nessuno si capacitò della rapidità con cui il lupo mannaro si era impadronito della mente della ragazza appena le bende erano cadute, e tutti ebbero sinceramente paura che la pozione non avesse affatto funzionato: in quel caso, la situazione si sarebbe rivelata irrecuperabile. La ragazza intanto, totalmente soggiogata, si dimostrò soddisfatta del dolore procurato ad Harry, così lo lasciò di botto, lo spinse via ed iniziò ad ansimare pesantemente guardandosi attorno. Con un movimento rapido del braccio, scaraventò a terra una vetrinetta piena di libri ed oggetti bizzarri, lanciò contro Ron una sedia di legno evitandolo per un soffio, e spaccò in mille pezzi uno specchio dall'aria antica, che si infranse sul pavimento.
 

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