CAPITOLO 13

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È sera.

Arriva Luca , uno dei miei clienti abituali. Non è una brutta persona, è solo vuoto.
Ora che l’ho capito, vorrei dirgli che io non sono meglio di lui, che non posso dargli in nessun modo quello che sta cercando.
A meno che non stia cercando niente, in quel caso sono perfetta.
Stiamo insieme per circa due ore. Quando se ne va capisco che quello, e tutto ciò che ho fatto in questi anni, non è stato che uno scambio di soldi. Credevo di offrire felicità. Ma la vita non è come la matematica, dove meno per meno fa più. Nella vita, due vuoti insieme non danno niente.
Bussano alla porta.
Per il solo fatto di non essere mai atteso, ormai è diventato il più atteso.
Mi maledico per essere colta in questo momento di debolezza, ma comunque ne è lui la causa, è giusto che paghi il prezzo di queste iniezioni di consapevolezza non richieste.
C’è un altro scambio di sguardi, di nuovo quel rumore metallico dentro di me.
~Portami via ~ la mia anima prende la parola, ma mi sta bene, io parole non ne avrei.
~Solo se ti rivesti~ risponde, brutalmente sincero.
Meglio così, l’avevo dimenticato di essere in “divisa”.
Annuisco, mi infilo sotto la doccia e come al solito mi trattengo più del dovuto, ma dopo una serata di lavoro ne sento sempre il bisogno.
Anche se lo so, che ne uscirò comunque sporca.
Indosso degli shorts a vita alta e la prima maglia che mi capita a tiro, ma quando torno di là Giuseppe mi squadra e scuote la testa.

~Che c’è?~
~Puoi vestirti dalla Valentina che sei, invece che travestirti da quella che…~deglutisce. ~… vendi?~
Mi mordo il labbro, non so se sono ferita. Forse questa sfida in realtà mi fa sorridere, ma le mie labbra non lo sapranno mai.
~Aiutami a scegliere ~ lo invito vicino all’armadio.
Lo passa in rassegna ma non gli va bene niente!
~Se mi aspetti qui, ti porto dei miei vestiti ~.
Alzo le spalle. Perché no?
Mezz’ora più tardi sono Giuseppe Conte.
Ho un paio di suoi pantaloni blu una sua camicia bianca, le mie sneakers e per prendermi in giro mi poggia sulle spalle la giacca del completo.
Grave errore! Ha il suo profumo e io non me la voglio più togliere!
Non mi dispiaccio vestita così, sono bella lo stesso, solo meno appariscente. Prima di seguire Giuseppe fuori però non resisto e mi apro due bottoni della camicia. Lui mi guarda e inclina il capo.
~Ti stavano soffocando?~
~ Beh, no, ma…~
La sua mano, come la sera precedente con la lampo, torna a racchiudere il mio corpo nella stoffa.
È un gesto così strano, non credo mi ci abituerò mai, la mia espressione dev’essere  piuttosto eloquente perché lo sento ridere.
~Andiamo.~
Dopo non so quanto capitiamo in un angolo di spiaggia. Mi guardo intorno.
~Io sono questo posto~ di nuovo la mia anima che prende parola.
Fa un sorriso curioso.
~Perché?~
Mi avvicino all’acqua, la accarezzo.
~Ha visto tanti volti e tanti volti hanno visto lei. Ma è un luogo di passaggio, a cui lasciare solo tracce sporche.~
indico con il capo dei rifiuti vicino a uno scoglio.

UN LAVORO SPORCO: •Giuseppe Conte Fanfiction•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora