Canary - Hinata Shōyo

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Era un sabato pomeriggio di inizio giugno. Faceva molto caldo in quel periodo, così (T/N) e il suo fidanzato, Shōyo, avevano deciso di rigenerarsi passando un fine settimana nella natura. Avevano pianificato di passare un paio di notti in una piccola casa di legno immersa in un bosco, casa che i suoi possedevano da sempre, situata a un paio d'ore di macchina dal loro appartamento a Kyoto. Erano arrivati lì il giorno prima con la macchina di (T/N), Hinata infatti nonostante avesse anche lui ormai ventiquattro anni non ne voleva sapere di imparare a guidare, preferiva andare in bicicletta, diceva. Era una casa fatta prevalentemente di legno e pietra, un po' polverosa e disordinata ma accogliente, dotata di una cucina spaziosa e un grande camino. Era situata nel bel mezzo di una fitta boscaglia, cosa che le dava un'aria un po' fiabesca e la rendeva perfetta per passare un fine settimana in pace e tranquillità in mezzo al verde, lontani dai rumori opprimenti della città. Non che (T/N) fosse un tipo da grandi passeggiate e avesse voglia di fare escursioni, sperava piuttosto di riuscire a limitare le sconfinate energie di Hinata e riuscire a convincerlo a rimanere tutto il pomeriggio sdraiati su delle amache a godersi in santa pace una bella pausa dagli affanni quotidiani. Ovviamente era pretendere troppo da quello scalmanato del suo fidanzato, così avevano trovato un compromesso: sabato pomeriggio avrebbero fatto un'escursione, dato che Hinata ci teneva molto a vedere una cascata situata lì vicino, una cascata piuttosto piccola in realtà e non molto scenografica, ma a lui bastava poco per entusiasmarsi. (T/n) si era fatta quindi spiegare dai suoi genitori dove si trovava e si era fatta fare un disegno, così che il pomeriggio dopo essere arrivati i due erano partiti "all'avventura".

Inizialmente (T/N) riuscì a reggere il passo di Hinata, che era incaricato di fare lui strada osservando la mappa disegnata dai suoi, ma dopo un'ora di cammino la stanchezza iniziava a farsi sentire su di lei. Naturalmente, lui invece non si stancava mai. Aveva praticamente una batteria che si ricaricava muovendosi. Erano un po' diversi da questo punto di vista, ma si volevano bene e quindi cercavano di venirsi incontro l'un l'altro, di scendere a compromessi. Dopo un'ora di cammino, (T/N) era piuttosto stanca e aveva rallentato il passo, lasciando che Hinata facesse da "capo della spedizione" e andasse prima di lei. Stavano costeggiando le rive di un torrente, che illuminato sulla sua superficie irregolare dai raggi del sole, sembrava contenere dei frammenti di luce pura. Approfittò del fatto che era rimasta un po' indietro per osservare meglio la figura di Hinata, non troppo alta ma ben proporzionata, che camminava con il suo solito passo vivace e quasi saltellante, costeggiando la riva del corso d'acqua. Il suo zainetto sempre mezzo aperto, il suo cappellino verde da pescatore, la cartina stropicciata in mano, il passo baldanzoso, questa scena la fece inevitabilmente sorridere. Non lo vedeva essendo girato di schiena, ma in qualche modo riusciva a percepire il sorriso largo e confortante che gli attraversava il viso quasi sempre. A un certo punto il ragazzo iniziò a canticchiare allegramente una delle sue solite canzoncine improvvisate, come quelle che intonava quando andava in bagno prima delle partite.

In mezzo al boscooo, al bosco, cerchiamo la cascaaataaa!

(T/N) ridacchiò e si rese conto di quanto poco fosse cambiato da quando si erano messi insieme al secondo anno di liceo. Era cresciuto in altezza e si era sicuramente irrobustito dal punto di vista fisico, da quello mentale era per certi versi maturato, ma in fondo rimaneva sempre un eterno bambino, sempre allegro e vivace, pronto a stupirsi delle cose. Lo guardò canticchiare allegramente, saltellare qua e là agilmente, salire ogni tanto con un balzo su qualche masso e rischiare di scivolare in acqua. Quando vedeva qualche pesce guizzare nel torrente emetteva un verso inarticolato di stupore e subito si voltava verso di lei, chiamandola per poi prenderla per mano e strattonarla finché non vedeva quel pesciolino in fondo normalissimo, per poi darle un bacio leggero e fugace per esprimere la propria gioia e contentezza. Di tanto in tanto si arrampicava su qualche albero per "avere una vista dall'alto". Adorava stare in luoghi alti, come quando giocava a pallavolo, e si sforzava di saltare sempre più su, quasi come se volasse.

(T/N) non si stancava mai di guardarlo. In quel momento vide sfrecciare di fianco al ragazzo, che era troppo preso e non se ne era accorto, un canarino dal piumaggio di un bellissimo arancione sgargiante. In quel momento, (T/n) realizzò che se Shōyo fosse stato un animale, non sarebbe stato un corvo come voleva la sua squadra di pallavolo del liceo, ma sarebbe stato esattamente un canarino. Il colore acceso del piumaggio di quel volatile le ricordava quello della chioma del suo fidanzato, ma non solo. Avevano in comune anche quella tendenza continua a canticchiare motivetti improvvisati. E poi i movimenti agili, quell'irrefrenabile voglia di volare e di spostarsi continuamente da un luogo all'altro. Quell'energia colma di gioia, quella pienezza vitale. Hinata le ricordava proprio i canarini non solo per la sua capacità di "volare", ma anche perché gli piaceva cinguettare e fischiettare come loro. Non che fosse bravo, si inventava spesso canzoncine davvero stupide, ma non poteva fare a meno di esprimere quell'allegria sia con il corpo, che con la voce. E come gli uccellini sono capaci di trasmettere la propria lietezza d'animo agli altri, anche Hinata aveva la stessa preziosa capacità. Riusciva infatti a trasmettere quella gioia incontenibile anche a lei che spesso e volentieri era di umore più cupo, rischiarando anche le sue giornate più grigie. Lui era leggero, sia nell'animo sia nel corpo, come un canarino, e lei di quella leggerezza aveva proprio bisogno, quella leggerezza la faceva respirare, era come l'aria.

Dopo essersi persa in questi pensieri, lo raggiunse e si fece prendere sottobraccio, strofinando la propria guancia contro la sua e depositando un leggero bacio sulle sue labbra.

"Che carina che sei quando fai così..." le mormorò lievemente imbarazzato, piegando gli angoli della bocca in un sorriso intenerito e stringendola ancora di più a sé.

"Allora, a che punto siamo?" chiese (T/N) osservando la cartina che il rosso teneva in mano.

"Siamo già qui! Guarda manca poco alla..."

"Shōyo" lo chiamò seccamente lei, rabbuiandosi improvvisamente e fissando con sguardo vitreo quel pezzo di carta, "Guarda che la stai leggendo dal verso sbagliato."

Hinata spalancò gli occhi e impallidì, arrestandosi improvvisamente.

"Niente, ci siamo persi." Constatò (T/N) con tono perentorio, continuando a fissare il terreno con sguardo vacuo.

...

Ormai erano passate le sei di sera, camminavano da più di tre ore ininterrottamente e le loro gambe erano distrutte, o almeno quelle di (T/N). Ma dato che al peggio non c'è mai fine, furono persino sorpresi da uno di quegli odiosi temporali estivi, che ti colgono alla sprovvista trasformando anche la giornata apparentemente più soleggiata della stagione in uno scenario quasi apocalittico. Fortunatamente non ci furono fulmini, ma l'acquazzone seppure breve e violento aveva reso le strade di terra battuta praticamente delle paludi.

Finalmente verso le otto di sera i due riuscirono a ritrovare la strada di casa, grazie a (T/N). Inzuppati dalla testa ai piedi, sporchi di fango e distrutti dalla fatica. Dopo un pomeriggio di sforzi inconcludenti, si fiondarono a farsi la doccia e si cucinarono del semplice riso bianco, perché erano troppo stanchi per anche solo pensare di preparare qualcosa di più complesso, e poi si accasciarono subito entrambi sul letto, pronti ad addormentarsi in pochi minuti data la stanchezza che li opprimeva. Si sdraiarono l'uno rivolto verso l'altra, avvolti da un delicato profumo di pulito, mentre (T/N) lo guardava con un'espressione corrucciata e dispiaciuta.

"Mi spiace è andato tutto a rotoli, abbiamo sprecato un pomeriggio." Disse la ragazza con voce sconsolata.

"Aaah mi dispiace è tutta colpa mia!" esclamò Hinata sospirando e mettendosi una mano sulla fronte, "Però per me non è stato un pomeriggio sprecato...io ero contento, insomma quando sono con te io sono sempre contento." aggiunse abbassando il tono di voce, imbarazzandosi leggermente come suo solito quando sapeva di dire qualcosa di veramente dolce.

"Anche io" disse (T/N), rimasta profondamente intenerita e quasi commossa da quell'affermazione, lasciandosi abbracciare dal ragazzo.

In quel momento, la pioggia non le sembrava più opprimente, né triste, il cielo grigio e quella giornata storta potevano poco in confronto alla capacità innata di Shōyo di metterla di buon umore e rischiarare anche la più cupa delle sue giornate, come un sole che squarcia anche le nubi più nere e fitte. Sentì il suo animo subito più leggero e con questi pensieri uniti alla consapevolezza di avere al suo fianco la persona capace di farla stare meglio al mondo, scivolò in un piacevole sonno, avvolta dalle rassicuranti braccia di Hinata.

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