"It takes strenght to be gentle and kind"
cantano gli Smiths in "I know it's over". Per quanto abbia sentito questa canzone un milione di volte, questa frase mi colpisce sempre come se fosse la prima. Serve forza per essere gentili. Trovo che sia una frase tanto veritiera quanto per nulla banale. È così facile prendersi gioco degli altri, ci fa apparire più forti, ci fa sentire superiori. Fare battute spiacevoli su altre persone è spesso un mezzo per pavoneggiarsi agli occhi altrui. È il modo più facile. Odiare le persone, criticarle, è semplice. La cosa difficile è cercare di comprenderle, di capirle e trattarle bene. Spazientirsi e arrabbiarsi è naturale. La gentilezza è la qualità che più ammiro nelle persone, forse perché io stessa ho paura di non possederne abbastanza. Spesso mi spazientisco per nulla, e sclero contro chiunque mi stia vicino, che sia responsabile dell'accaduto o meno. Ecco, non credo proprio di avere un carattere placido e accomodante, quindi ricerco questa qualità negli altri.
Quando ho conosciuto Sugawara Kōshi, nell'esatto istante in cui sul suo volto è sbocciato quel sorriso splendido, mi è venuta in mente quella frase. Come se appena comparso per la prima volta davanti ai miei occhi, avesse stampata un'etichetta invisibile in fronte con scritto "gentilezza". Quel giorno pioveva tanto, e io da brava svampita quale sono non avevo dietro con me l'ombrello.
"Aaah ma che palle, cazzo!" ho ringhiato tra me e me, riuscendo fortunatamente a trattenere parolacce e altre espressioni ben peggiori che stavano per scapparmi di bocca. Proprio in quell'esatto momento, mentre nessuno si preoccupava minimamente che mi stessi infradiciando completamente, l'unico ad avvicinarsi è stato un ragazzo coi capelli argentei, la pelle candida e gli occhi di un tenue color nocciola. Mi è sembrata una visione quasi surreale, una specie di angelo caduto in terra che si è avvicinato a me e ha rischiarato tutto il grigiore di quella giornata con un banale sorriso e un gesto gentile. Mi ha rivolto il sorriso più bello che avessi mai visto e ha allungato il suo ombrello sopra la mia testa, chiedendomi con una voce di una calma e serenità disarmanti:
"Posso accompagnarti a casa?"
"G-grazie sei gentilissimo, mi farebbe piacere però abito un po' lontano..."
"Nessun problema, non ho fretta" mi ha risposto con sincerità, non sembrava lo stesse dicendo solo perché ormai non poteva più tirarsi indietro.
E così mi ha riaccompagnato fino a casa, mezz'ora sotto la pioggia battente, mi ha tenuto sotto l'ombrello tutto il tempo, assicurandosi che nemmeno una goccia mi bagnasse i vestiti, mentre lui si è infradiciato tutta la metà sinistra del corpo senza battere ciglio. Non ha perso la calma, non si è arrabbiato, non ha detto nulla, ha semplicemente continuato a tenermi sotto quell'ombrello troppo piccolo per entrambi. Mi sentivo come in una commedia romantica di serie B, anzi in un film per adolescenti, ho sempre pensato che cose del genere succedessero solo dietro uno schermo. E invece Sugawara Kōshi mi ha fatto ricredere.
Mentre camminavamo verso casa, abbiamo chiacchierato del più e del meno. Abbiamo parlato di cose banali, di scuola, delle materie che ci piacevano e che non ci piacevano. Ho appreso che è un tipo molto ligio allo studio, al contrario di me. Ha ottimi voti in tutto e si impegna in egual modo in ogni materia. Mi ha persino detto che per rilassarsi prima delle partite si mette a fare i compiti! Che tipo. Non mi sembra vero che possa esistere una persona del genere. Al che gli ho chiesto, "partite di cosa?" e lui mi ha risposto "pallavolo". Esattamente dopo aver pronunciato queste parole, sul suo viso finora sempre disteso in una calma serafica, si è improvvisamente dipinta un'espressione come stupita ed entusiasta. Era come se avesse avuto un'improvvisa illuminazione. Si è fermato di botto, ha girato il viso, avvicinandosi quasi inconsciamente, in preda all'euforia:
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Haikyuu x Reader - One Shot
RomanceRaccolta di one-shot xreader sui personaggi dell'anime Haikyuu!!