La verità su Angy

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SHAWN
Stanotte l'ho sognata...non la sognavo da un parecchio tempo ormai. Quell'urlo, quel vuoto, quella morte. Pensavo di essere guarito, di averlo superato, ma, a quanto pare, mi sbagliavo, oppure semplicemente ci sono ricaduto.

*15 giugno 2017*

Connor aveva organizzato una festa e aveva invitato tutti i suoi amici a casa sua. Avevo portato con me la mia ragazza Angy per presentarla agli altri. Era meravigliosa quella sera: portava i capelli scuri leggermente ondulati ,sciolti sulle spalle, era quasi del tutto struccata, gli occhi grandi verdi le risaltavano in contrasto con la matita nera che indossava e le labbra rosa luccicano. Quelle labbra che regalavano baci. Indossava un vestito verde smeraldo con uno spacco sulla gamba magra e sensuale dalla pelle olivastra. Appena la vidi entrare in macchina, macchina di mio padre ,s'intende ,che avevo preso in prestito quella sera,  le dissi che era troppo elegante e lei arrossí, si preoccupò e iniziò a farsi centinaia di paranoie sul fatto di non essersi vestita in maniera ideale per l'occasione ecc. ecc. Parlò per tutto il tragitto da casa sua a casa di Connor. Amavo ascoltarla. Era capace di coinvolgerti in ogni parola che usciva dalle sue labbra. Una volta arrivati le diedi un bacio sulla fronte per rassicurarla e, mano nella mano, entrammo a casa del mio migliore amico. La presentai a tutti i miei amici, ci divertimmo tantissimo inizialmente, chicchieravamo con tutti e ballavamo insieme. La stringevo con delicatezza sui fianchi e la tenevo vicina a me per non farla scappare e lei, come se mi leggesse nel cuore, appoggiava la testa sul mio petto per dirmi che non desiderava andare nessuna parte senza di me.
Stava procedendo tutto benissimo, in leggerezza, senza pensieri, quando a un tratto Connor ci invitò a giocare a Obbligo e Verità. È
La bottiglia mi puntò.
-"Scelgo obbligo"-. Dissi
-"Bevi un'intera bottiglia di Vodka.- mi rispose Lucy.
No, non avevo intenzione di farlo. Avevo smesso di bere finalmente, grazie ad Angy e non avrei rovinato i miei risultati per colpa di quella stronza di Lucy. Beh però...in fondo era solo un obbligo, solo una bottiglia in più, non mi avrebbe fatto nulla, l'avrei retta sicuramente, poi mio padre aveva osato distruggere la mia chitarra. Odiavo dal profondo dell'anima quell'uomo, volevo cancellarlo dalla mia mente e sicuramente l'alcool avrebbe potuto aiutarmi in questo, anche solo per qualche ora. Cercai lo sguardo di Angy per ricevere la sua approvazione e lei annuí. Si fidava di me. Presi una bottiglia di Vodka in mano e sorso dopo sorso la bevvi tutta. Il familiare bruciore dell'alcool in gola cominciò a fare effetto. Non riuscí a fermarmi. Continuai con un altro bicchiere di birra, poi un altro e un altro ancora. Continuavo a pensare "un sorso in più non mi ucciderà mica".

A me no, avrebbe ucciso qualcun'altro però.

Dopo varie bottiglie uscii fuori di me. Non capivo dove fossi o con chi fossi. Sentivo tante voci confuse che si sovrapponevano e di sottofondo una musica forte. Mi reggevo a malapena in piedi. L'unica cosa che riuscivo a distinguere candidamente era lo sguardo deluso, arrabbiato e preoccupato di Angy. Continuava a scrollarmi le spalle e a darmi piccolo schiaffi sul volto per svegliarmi.
Connor quella sera era ubriaco quanto me e mi propose di fare un giro in macchina con altri amici per divertirci. Dissi di sì. Salimmo sulla macchina di mio padre: io alla guida, Connor, Jenny e Albert seduti dietro e Angy, l'unica sobria tra noi, sul sedile affianco al mio. Non so perchè lei decise di salire su quella macchina con me. Forse per controllarmi o per convincermi a scendere o forse perchè semplicemente si fidava di me.
Era notte fonda, andavo velocissimo, la musica della radio era altissima, i miei amici urlavano, cantavano, ridevano, io ero ubriaco, Angy continuava a parlare senza fermarsi, ma non riuscivo a w le sue parole, fin quando...

Un urlo terrorizzato, tremante. Un urlo di Angy e contemporaneamente una luce abbigliante davanti agli occhi. E poi... il vuoto.

Aprii gli occhi pochi minuti dopo: ero andato fuori strada contro un albero . La macchina si era ribaltata e l'aria era appesantita dall'odore di bruciato, riuscii a uscire dal finestrino col vetro rotto e vidi Connor ferito sulla fronte, Jenny con i vestiti sporchi di sangue e Albert con un telefono in mano che chiamava  un'ambulanza. Angy. Perchè davanti a me non vedevo anche Angy con loro?! Mi avvicinai correndo al finestrino opposto al mio e la vidi. Il volto prima rosa era diventato pallido, la labbra prima luccicanti era coperte di sangue, non potevo più vedere i suoi occhi verde perchè si erano chiusi, i capelli prima morbidi, si erano increspati tra un misto di sudore e sangue. Era rimasta bloccata a causa della cintura. La tirai fuori da lí più in fretta che potei. Il cervello aveva già compreso, ma il cuore si rifiutava di arrendersi. Urlai disperatamente il suo nome, come se la mia voce potesse risvergliarla, le lacrime, che non riuscivo a controllare, mi rigavano le guance. Mi inginocchia davanti al suo corpo, provai con una respirazione bocca a bocca, ma non ci fu modo di salvarla. Quando il cuore si arrese, presi il corpo ormai senza vita dell'unica ragazza che mi avesse mai amato veramente, donandomi tutta se stessa, e lo strinsi forte al mio petto, come quando ballavano insieme.
Pregai, piansi, urlai, ma nulla la risvegliò. Sentii in lontananza un rumore di ambulanza e lei non ci fu più.

Avevo ucciso la mia ragazza.

Il dolore che provai fu inimmaginabile. Non andai neanche al suo funerale, non avevo il coraggio di guardare negli occhi la sua famiglia, che non avevo avuto il tempo conoscere, e non sentirmi colpevole.
Gli incubi mi tormentarono per mesi: rivedevo il volto di Angy, impaurito che mi pregava di fermare la macchina, io che rispondevo bevendo altra birra,  d'un tratto udivo un urlo pietricafante e poi nero, vuoto, sangue, morte. Perdonami Angy. Perdonami.

Mio padre non volle più saperne di me: mi ero appena iscritto all'università di medicina, aveva grandi progetti per me, ora tutti distrutti dalla mia pedina penale sporca. Un poliziotto di nome Carl si occupò del caso della morte di Angy. Mi sbattè in carcere ed io ne fui quasi sollevato. Ero colpevole, ero stato io a provocare la morte di Angy, era giusto perciò che mi punissero. Pensavo che, scontando quella pena, sarebbe stato più facile per me perdonarmi. Invece mio padre volle togliermi l'unica occasione che avevo di aggiustare in qualche modo le cose. Pagò la cauzione e dopo una notte uscii dal carcere. Fu l'ultimo gesto che fece nei miei confronti, mi disse: "da ora in poi io non esisterò per te, non chiamarmi, non cercarmi perchè sarà inutile. Sono cosí amareggiato dal tuo comportamento Shawn, davvero." Quando me lo disse nei suoi occhi non c'era la più piccola briciola di compassione, pietà o perdono.
Il nostro rapporto finiva lí per lui: io non avevo più un un padre e lui non possedeva più un figlio.

Questo è successo il 15 giungo 2017, questo è quello che preferivo non ricordare, questo è quello per cui non riuscirò mai a perdonare me stesso.
In Camila vedo una minuscola possibilità di liberazione. Ecco perchè tengo tanto a lei che ora sta facendo colazione nella mia cucina.

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