Capitolo 46

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Bip. Bip. Bip.
Allungai il braccio sul comodino e con la mano riuscii a staccare la sveglia, il cui rumore mi dava particolarmente fastidio.
Ancora con gli occhi chiusi, spostai il braccio sinistro verso la parte del letto in cui dormiva Gaia.
Vuoto.
Continuai a toccare il materasso alla ricerca del corpo della mia ragazza, ma lì con me non c'era nessuno.
Vuoto.
Andai in bagno, pensando di trovarla lì: pronta a scherzare sul perchè non mi avesse svegliata.
"Buongiorno!" esclamai entrando in bagno, ma l'unico a rispondermi fu l'assordante silenzio di quella camera.
Scesi di sotto ed entrai in cucina.
'Magari sta facendo colazione' pensai, ma non era così.
Gaia non c'era.

"Dov'è Gaia?" chiesi confusa entrando in cucina
"Buongiorno anche a te" disse mia mamma dandomi la schiena
"Si, buongiorno" dissi guardandola "Ma dov'è Gaia?" continuai
"Non lo so, è uscita molto presto stamattina, ma non so dove sia andata" rispose mia mamma passandomi una tazza con del latte
"Presto tipo?" chiesi confusa
"Boh, le sei" rispose alzando le spalle
"Da sola?" continuai cercando di ottenere più informazioni possibili
"Si, da sola" rispose dando un morso ad una fetta biscottata "Ah, aveva la borsa con sè, quella con cui siete venute qui ieri" continuò ricordando qualche altro dettaglio
"D'accordo, grazie" dissi alzandomi, diretta in camera mia
"Finsci la colazione almeno!" esclamò mia mamma, ma ormai ero già in camera.

Cercai per la stanza i vestiti di Gaia: nell'armadio, per terra, sotto il letto, sulla sedia. Nulla.
Non c'era neanche una minima traccia di Gaia.
Presi il cellulare e le scrissi un messaggio.
Ero davvero preoccupata.

*Messaggio a Gaia*
Amore ma dove sei?

Non ci fu risposta.

Mi vestii di fretta ed uscii a cercarla per la città, magari si annoiava ed era andata a fare un giro.
Ma quando chiusi la porta di casa e mi voltai, l'auto non c'era più.
Gaia se n'era andata, con le sue cose e con l'auto che avevo noleggiato.
Gaia se n'era andata ed io non sapevo neanche dove.
Gaia se n'era andata ed io ero sola.
Improvvisamente un senso di vuoto, rabbia, solitudine, ansia si impossessò di me e del mio umore.
Iniziai a camminare per le strade di Boston alla ricerca di qualcosa, qualcuno, che forse non voleva neanche essere trovato.
Ma io dovevo almeno provarci.
Cos'era successo?
Avevo fatto qualcosa di sbagliato?
La mia famiglia aveva sbagliato qualcosa?
Non si trovava bene a casa mia?
Non le piaceva Boston?
Era successo qualcosa di grave?
La sua famiglia aveva bisogno di lei?
Avevo così tante domande e troppe poche risposte.

*Messaggio a Gaia*
Mi sto preoccupando, dimmi almeno che stai bene

Le scrissi un altro messaggio, anche per questo non ci fu risposta.
Mi fermai, dopo ore passate a camminare, su una panchina in un parco.
Mi guardai intorno: bambini con genitori, lavoratori intenti a parlare al telefono, ragazzi che tornavano da scuola, nonni che passeggiavano con i nipoti, gente che faceva jogging, amici che facevano pic-nic; ma Gaia non c'era.
Iniziai a preoccuparmi seriamente: cosa le aveva dato così tanto fastidio? Cosa era successo?
Insomma, noi siamo state bene, benissimo, la sera prima.
Come mai il suo umore era cambiato tanto drasticamente?
Poi capii.

*Messaggio da Gaia*
Non ti fai schifo neanche un po'?
Sto bene, non preoccuparti per me.

Gaia sapeva.
Presi la testa tra le mani e piansi, piansi disperatamente. Non mi importava di essere in pubblico, né in un parco, né su una panchina.
Tutto ciò di cui mi importava ora era Gaia.
Decisi di non inventare scusanti, giustificazioni o altro, le avrei detto solo la verità: quella di cui le avevo privato per così tanto tempo.
Poi, in ogni caso, avrei rispettato la sua scelta perchè io ero proprio una grandissima testa di cazzo e il minimo che potevo fare era rispettare le sue decisioni.
Dopo che avevo deciso io, con le mie azioni, come la nostra storia sarebbe giunta al termine.
Sapevo che dopo quel bacio sarebbe cambiato tutto. E, onestamente, rimasi anche sorpresa quando Jade mi disse che aveva capito la situazione e che non avrebbe detto nulla. Pensai che magari qualcuno aveva deciso di darmi una seconda possibilità, che magari avrei potuto rimediare alla stronzata che avevo fatto.
E poi finalmente tutto andava bene, apparentemente. Ma dentro di me vivevo con la consapevolezza, anzi forse con l'ansia, che prima o poi Gaia l'avrebbe scoperto. Non era mica stupida, per niente.
Ed io meritavo di sentirmi come una merda, ma lei meritava delle spiegazioni.
Così tornai a casa, presi la borsa che avevo portato con me e scesi per salutare i miei.

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