Alla forgia

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Se Francine non avesse passato le ultime settimane a combattere gli inglesi, avrebbe sicuramente sentito parlare dell'area che Valerius aveva requisito in mezzo alle macerie incenerite di Parigi. La gente la chiamava semplicemente la forgia perché i rumori che venivano erano quelli di grandi martelli che battevano sul metallo. Considerando la recinzione di legno che la delimitava, era impossibile saperne altro.

Oggi molti ingegneri sostengono che l'opera di Valerius non era realizzabile e che quindi deve essere accaduto qualcosa che non ci è noto per farlo arrivare dove arrivò. Perché ciò che la forgia produsse è un fatto incontrovertibile, ma il modo in cui fu prodotto rimane un mistero. Secondo i più esperti ci sarebbero voluti anni, non mesi come invece fu.

Dovettero recarsi sul luogo in carrozza, loro quattro su una, Caleb e Valerius su un'altra. Un'intera squadra di cavalieri, guidati da Beatrice, li circondava. La gente non sembrava ostile, anzi, il sentimento più comune in città sembrava la rassegnazione, i tempi delle sommosse fomentate da Fountaine Rouge sembravano lontani, eppure si respirava nell'aria una sottile sensazione di pericolo.

Guglielmo, quasi a voler tenersi allenato, stuzzicava i presenti. "Sembra che Valerius sia ancora uno scrigno pieno di segreti." fece notare. Poi guardò Bismark "e questo nonostante oggi siamo muniti di buoni grimandelli."

Il mutante ascoltava impassibile, abituato a istinto a proteggere i suoi sentimenti. "Non ho intenzione di sondare la mente del regnante che mi ospita. E comunque sia Valerius che il suo consigliere appaiono dotati di notevoli difese."

Guglielmo puntò allora lo sguardo su Arcadio, cosa che evidentemente l'ingegnere inverso sopportava poco. "Tu sei quello che gli è rimasto accanto più a lungo. Sai di cosa si tratta?"

"Non gli ero esattamente accanto, era impossibile avvicinarlo già allora. Evidentemente ha continuato l'opera che stava già portando avanti a palazzo. Solo più in grande."

Francine taceva. Le sue viscere erano agitate da sentimenti contrastanti. Era certa che Valerius avesse approntato una qualche soluzione tattica importante e che quindi la guerra fosse a un punto di svolta, ma non riusciva a distogliere la mente dal fatto che lui non aveva fatto una piega vedendola, non aveva mostrato alcun sentimento. Lo aveva lasciato al governo della città e già allora le era sembrato di abbandonarlo, abbandonarlo di nuovo, abbandonarlo crudelmente. Possibile che, finalmente, nutrisse rancore per lei? Possibile che alla fine almeno un sentimento di astio si agitasse sul fondo della sua anima complicata? Sarebbe stato paradossale scoprire che l'indifferenza, la stessa indifferenza che in fin dei conti ostentava con tutti, in questo caso invece proveniva da un sentimento. Ma non era forse persino più patetico il fatto che lei, nonostante tutto, fosse ancora lì a rincorrere un qualsiasi moto del cuore di quell'uomo? Anche un moto odioso o crudele?

"Generale, pensate che tutto ciò abbia a che fare con le teste dei myrmidon di Calendimaggio?"

Persino Artemisia, rivolgendole la parola, sembrava meno petulante del solito, come in soggezione.

"Certamente" rispose. Ci credeva davvero, doveva venire tutto da quel posto, la guerra poteva essere vinta solo partendo da Calendimaggio, l'isola che era stata bagnata col sangue di Germaine.

"Sono contenta che ci verrà data l'occasione di combattere, sapete? Non so se sarei stata capace di attendere un nuovo inverno."

A Francine l'inverno pareva ancora così lontano, con la sconfitta degli inglesi così fresca nella sua mente e l'Europa che si riassestava dopo i grandi sconvolgimenti. "Si" rispose laconica "speriamo di farla finalmente finita"

Non ci credeva, in realtà. Si era ormai convinta che non sarebbe finita mai.

Valerius Demoire - vol. 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora