La trincea

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Loro erano attestati nella citta di Nayachek che qualcuno già chiamava la capitale della rivoluzione. In realtà se il centro non avesse ospitato la casa dei nobili che avevano il controllo sulla provincia quel luogo sarebbe stato un anonimo ammasso di case e gente perse per i prati. Eppure la città era anche il loro scudo, i rivoluzionari l'avevano occupata con tutte le loro forze e alla fine anche i myrmidon erano stati sistemati nella piazza d'armi davanti al palazzo del conte.

I tunguska invece, con tutta la loro forza, si erano ammassati fuori, avevano preso il controllo di qualcosa che doveva essere una fattoria, una cascina o un qualche altro agglomerato di edifici e si erano messi a scavare trincee, lasciando che loro li osservassero da lontano.

"Perché?" chiedeva il capitano Krun.

"Avete detto che le ferrovie sono state sabotate."

Francine vagava sempre nella tuta da pilota. Erano gli unici vestiti ancora relativi al suo esercito che aveva. L'unica divisa a sua disposizione era andata lacerata e irrimediabilmente rovinata durante la prigionia. Avrebbe potuto farsi dare degli altri indumenti, ma la tuta non le dispiaceva, la proteggeva da quel conflitto che non le apparteneva e che le si era appiccicato addosso.

"Si, per un lungo tratto, è stata la nostra unica operazione prima di raggiungervi."

"Allora stanno aspettando che qualcuno gli porti l'equipaggiamento di artiglieria. Se hanno lasciato la caccia a Valerius probabilmente erano in configurazione anti-aerea."

"Artiglieria?"

Francine credeva che il legame telepatico fosse una debolezza dell'esercito mutante. La continua condivisione del pensiero con i propri generali faceva sì che gli ufficiali intermedi non fossero mai soli e che quindi non potessero mai crescere. L'abilità tattica e strategia di Bismark era certamente preziosa, ma l'uomo che aveva davanti, seppure veterano, sembrava non essere capace di guardare un conflitto dall'alto. Era solo un soldato da mandare allo sbaraglio.

"Non verranno a combatterci, capitano. Non hanno né il tempo né l'interesse per farlo. Se ne staranno lì, trincerati, e quando avranno le munizioni necessarie raderanno al suolo questa città con noi dentro."

"Ma... è una loro città."

"Una città di chi? Di Rasputin?"

Era un discorso che Francine aveva fatto anche a Pasternak. Le loro belle parole e i loro discorsi pomposi non avrebbero fermato un conflitto tra giganti di ferro. Tutte le volte che i myrmidon calpestavano un luogo questo veniva sacrificato sull'altare della distruzione. Quella sudicia contessina aveva detto bene a chiamarla madre del rogo, ecco che nuovamente stava per gettare un'altra città nelle fiamme.

"Dobbiamo attaccarli prima che siano pronti a bombardarci!" obiettò Krun. Non era difficile capire perché si era offerto volontario per quella missione, si vedeva che era adatto alla caccia.

"E' per questo che si stanno trincerando. Posso sconfiggere tutti quei tunguska in campo aperto, ma prendere una posizione del genere in un rapporto di tre contro uno è assolutamente impossibile."

"State giocando con me, generale Santaroche. Sono certo di non essere arrivato fin qui per farmi massacrare e nemmeno voi."

Krun era qualcosa che Francine non aveva visto spesso: era un soldato ottimista. Di un ottimismo stolido, perché aveva già visto cosa poteva fare la guerra, stolido, ma genuino, di quelli che continuavano a rivedere la loro visione del mondo perché le cose gli apparissero sempre andare per il verso giusto. Era curioso che ora si trovasse con lei. Rivolse il suo sguardo all'orizzonte, dove i suoi nemici si stavano organizzando. "Nessuno va in guerra per farsi massacrare e questo, che ci crediate o no, è uno dei più grossi problemi delle guerre."

Valerius Demoire - vol. 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora