Il corpo del cardinale

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"Riportiamo rispettosamente che il compito affidatomi è stato correttamente svolto e che quindi il corpo dell'eccellentissimo Cardinale Alfredo Colonna è stato riportato sul suolo di Roma e consegnato alla sua famiglia. La città tutta, con il supporto delle Cinque Repubbliche, si sta approntando per esequie degne di lui e per dimostrare il giusto cordoglio dato dalla sua perdita."

Francesco Pupo Torvergata non sapeva se distruggere quello stringato, inutile messaggio o archiviarlo in qualche modo tra le sue cose. La notizia della morte del suo mentore lo aveva colpito più di quanto si sarebbe aspettato, ma la cosa che più lo stupiva era la sua morbosa necessità, in quel momento, di trovare un qualche oggetto che rappresentasse quell'evento, qualcosa di fisico da poter tenere tra le mani.

Alfredo Colonna era morto in Austria, durante l'assedio delle truppe russe alleate dei tedeschi, e lui era quindi risultato l'uomo delle Cinque Repubbliche più vicino al suo corpo. Era stato naturale per cui che si facesse carico di quel mesto compito, anche grazie all'influenza che aveva acquisito alla corte della regina Anna, abbastanza da avere a disposizione alcuni dei suoi uomini. Aveva dovuto resistere alla tentazione di far portare il cadavere a Monaco, adducendo una qualche scusa operativa, per avere la possibilità di vegliarlo. Con la praticità che aveva da sempre alimentato il suo mandato di inquisitore si era costretto a svolgere tutte le operazioni nel modo più pulito, mandando persone fidate al castello dove il cardinale aveva sostenuto l'ultima resistenza e facendo sì che loro andassero poi direttamente giù, in Italia, a consegnarlo alla famiglia dei Colonna. Aveva fatto così perché era giusto e perché lui faceva sempre ciò che era giusto, ma questo significava che non aveva tenuto nulla per sé, se non quel pezzo di carta con su quel messaggio odioso, che non valeva niente.

In quel momento qualcuno bussò alla porta. Lui, istintivamente, chiuse la mente e alzò tutte le difese perché, trovandosi ancora nel palazzo dei reali di Germania, non poteva che essere un mutante. "Avanti!" ordinò poi. La lettera era già finita nelle sue tasche.

Era uno dei tanti soldatini albini della regina. Con la caduta di Oleg e con i disordini che ne erano seguiti, per essere sicura di avere a che fare solo con persone fidate, Anna si era circondata solo di truppe molto giovani, non ancora contaminate dai giochi di potere che avevano corroso la corte. "Sono arrivati nuovi rapporti sulla caccia all'orso pazzo" disse il ragazzo.

"Oleg è il principe di Russia" puntualizzò lui "per quanto sia il primo a volerlo vedere morto non è corretto rivolgersi a lui in quella maniera"

"La regina mi ha detto di riportarvi la notizia esattamente come l'avete udita" rispose il soldato, saccente come uno scolaretto protetto dalla maestra. Dopotutto lui era pur sempre un inquisitore di Santa Romana Chiesa, fino al giorno prima aveva dato la caccia ai mutanti, era ovvio che quegli adolescenti godessero a trattarlo a pesci in faccia da dietro le gonne della loro amata sovrana. 

Lui non aveva problema a lasciarli divertire, per il momento "Nei nuovi rapporti si parla del fatto che Oleg è stato catturato?"

"No, altri tre Konsole sono stati distrutti"

"Dimmi soldato, se la tua amata regina considera Oleg un orso pazzo, che idea deve avere dei suoi dilettissimi soldati che non riescono a catturarlo? Io li considererei cani zoppi, cosa ne dici?"

Il ragazzo si irrigidì, forse senza nemmeno capire. Com'era possibile che ci fossero in giro ancora così tanti ragazzini incontaminati, che non erano stati toccati dalla guerra? Francesco Pupo credeva che ormai tutti fossero saturi di guerra. Non sarebbe stato bello, ma almeno avrebbe avuto a che fare con dei soldati migliori. "Puoi riferire alla regina che... anzi no... andrò direttamente da lei. Vai per la tua strada"

Il soldato scomparve per i corridoi. Francesco capì che così di fretta non aveva senso che distruggesse la lettera su Alfredo Colonna. Aprì uno scrigno sulla sua scrivania e ve la cacciò dentro.

Probabilmente se la sarebbe dimenticata lì, per anni, senza mai provvedere a liberarsene.

Probabilmente era giusto così.

Valerius Demoire - vol. 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora